Da Albino Armani, le bollicine come trait d’union del Nord-Est d’Italia
Una eno-cartografia del vino del Nord-Est d’Italia: la sta idealmente tracciando Albino Armani con la sua attività di vignaiolo illuminato, spinto da irrefrenabile curiosità a esplorare territori e vitigni tra Veneto, Trentino e Friuli, muovendosi tra autoctoni e internazionali, produzioni di massa per il mercato ed elegantissimi vini di nicchia, scaltrezza imprenditoriale e acuta sensibilità culturale, fino a svelare la sua nobilissima anima battagliera e responsabile con le attività per il recupero di antiche uve locali a rischio di estinzione, nonché con il convinto sostegno alle pratiche più radicali di agricoltura biodinamica (http://www.storienogastronomiche.it/albino-armani-dallalbero-della-vite-agli-archeovini-indigeni/).
Assume dunque particolare interesse il suo viaggio nelle bollicine di questa macro-regione ideale, spaziando da echi champenois all’orgogliosa spumantistica italica, passando per inedite traduzioni frizzanti di autoctoni da valorizzare.
La particolarità di questo progetto spumeggiante si rivela con un inedito “Metodo Classico autoctono friulano di grande personalità, ottenuto da uva Ribolla Gialla 100% coltivata nei nostri vigneti a Sequals ai piedi delle Alpi Carniche”. L’ingresso è di pesca gialla che poi muta in frutta a polpa bianca, mentre lentamente emerge l’abboccato. La rifermentazione sui propri lieviti è garanzia di unicità, per questo vino di grande temperamento.
Se pensate che il Prosecco ormai non abbia nulla di nuovo da dire, Armani vi farà ricredere. Il suo Prosecco Doc Extra Dry intanto si allontana dalle zone più convenzionali, per collocarsi in Friuli, ancora nelle terre di Sequals: per merito del Glera in purezza che nasce sul terreno sassoso dell’alta Grave Friulana e delle elevate escursioni termiche che la coccolano, è strepitoso già al suo ingresso in bocca che spiazza per l’amabilità aromatica, cui si associa una singolare traccia esotica di litchi.
Il Moscato spumante sceglie la via della bassa gradazione alcolica per esaltare la sua beva immediata e una sfacciata aromaticità che sorprende per originalità, così forte da non lasciarsi tentare minimamente dalla ruffianeria: le bolle sono tenui ed eleganti, come intimorite dai possenti sentori di agrumi canditi che digradano verso un delizioso finale di cedro.
Armani sottolinea che si tratta dello stile peculiare del Moscato del nord est Italia, tale da rispecchiare le terre vulcaniche dei Colli Euganei, amalgamate con il territorio montuoso della Valle dell’Adige. Il blend infatti prevede Moscato bianco per l’80% e Moscato giallo per il 20%, vinificato con metodo Charmat.
Immancabile una convincente versione in metodo classico a dosaggio zero del Trento Doc che punta sulla soavità, così come ammalia lo stesso blend di Pinot Nero e Chardonnay ma con diversa espressione nel Rosè Extra Dry, “da uve coltivate nel nord est Italia tra Venezia e le Dolomiti”.
Senza dimenticare la prima rigorosa versione del genere, chiamata 823, da uve “maturate vicino ai boschi di Maso Michei, Dolomiti trentine in alta Valle dei Ronchi”, a 823 metri di altitudine.
Anche queste bollicine parlano di un vignaiolo unico, capace di indicare la strada più virtuosa per raggiungere la perfetta sintesi tra le ragioni del mercato e quelle del cuore.
Perché quella di Albino Armani, prima di essere un’azienda, è un mondo, in cui la Natura è rispettata in maniera sacra, in una felice convivenza capace di creare benessere materiale e interiore (http://www.storienogastronomiche.it/albino-armani-dagli-archeovini-indigeni-al-biodinamico/).
Basti guardare l’ecosistema che si sviluppa intorno alla sede di Dolcè, in provincia di Verona, per capire cosa voglia dire vitivinicoltura moderna dal cuore antico: durante la nostra visita, abbiamo raccolto le emozionanti immagini che vi offriamo nel video qui sotto.
Info: www.albinoarmani.com