Ristorante Abbondanza Lucana, presidio della cultura territoriale a Matera
Abbondanza Lucana non è soltanto un grandioso ristorante, ma un presidio della Cultura a Matera.
Della cultura tout court e non soltanto di quella gastronomica, perché ciò che viene portato in tavola è tutto un dipanarsi di storia, antropologia, scienza agronomica e sociologia.
La scansione dei suoi piatti è una vivida e lucida descrizione di Matera e della Basilicata sotto ogni profilo, tanto che potremmo spingerci a dire che l’offerta culinaria di Abbondanza Lucana ha la medesima funzione dell’opera pittorica Lucania ’61 di Carlo Levi, ovvero rappresentare a tinte vivide lo spirito di un popolo per fissarlo nella memoria in divenire.
Tutto merito della sensibilità del titolare Francesco Abbondanza, uomo di ottime relazioni e raffinata irresistibile empatia che ha deciso di spendere tutte le sua capacità di PR a favore della propria terra e della sua città, lavorando indefessamente per affermare la valenza culturale delle tradizioni gastronomiche lucane.
Il locale di via Bruno Buozzi 11 a Matera, incastonato nella pietra tufacea del Sasso Caveoso, è un viaggio emozionante nel sentimento ancestrale del territorio. Chiedendo i piatti della più stretta tipicità, si comprende profondamente cosa sia (stata) la vita tra i sassi materani, percependo chiaramente la selvaggia natura della Basilicata.
Pur filtrata dall’impressionante grazia della presentazione e dalla seducente golosità dei sapori, emerge prepotente l’anima contadina di una cucina poverissima che sa elevare la dignità fino alle più alte vette del piacere.
Infatti è un tripudio di verdure, ortaggi, legumi: assaggi due, tre, quattro, anche cinque portate senza accorgerti di non avere mai visto alcuna traccia di carne. Eppure sei lì a commuoverti per l’intensità dell’esperienza.
Grande protagonista ovviamente il pane, quello di Matera, fatto di grano duro coltivato nelle colline materane, della qualità Senatore Cappelli, panificato secondo metodologie antiche con lievito madre e lunghi tempi di lievitazione.
Già assaggiarlo da solo, senza alcun accompagnamento, è una gioia.
Pane protagonista anche delle preparazioni più caratteristiche.
Come la Cialledda fredda, un tempo considerata la colazione del mietitore perché fungeva da ristoro per i braccianti impegnati nella raccolta del grano locale.
Il pane, ammorbidito, viene intriso di verdure che donano inaudita freschezza al palato, mentre lo sguardo viene sedotto dalla vezzosa presenza della burrata in cima, con a fianco la virgolatura di un pazzesco peperone crusco che sublima il concetto di perfezione.
Se quella fredda sarebbe una declinazione estiva della ricetta, la Cialledda calda ne è la corroborante versione invernale, in cui accanto al pane diventano protagoniste le verdure del territorio, ottenendo una poesia di rara compostezza bucolica.
Dopo tanto pane ammollato, la Fedda rossa ne esalta invece le potenzialità una volta abbrustolito, facendogli assumere una fragranza inusitata, trasformando della semplice mollica in pura ghiottoneria.
Nella Ciambottella poi tutto si fonde nel dare vita a un capolavoro di complessità agreste.
L’apice dell’utilizzo del pane nella cucina locale si ha con l’Acqua e sale, ricetta con cipolla, pane, uova e peperone crusco.
Ogni morso restituisce la concretezza di una gastronomia di sostanza.
Ed eccoci alla Crapiata, il piatto più identitario del materano, quello che dava vita a un sentito rito familiare, in base al quale l’intera famiglia si riuniva intorno a un grandissimo piatto rotondo dal quale attingeva il cibo collettivamente, tutti insieme, affondando la posata in ciò che la terra aveva offerto quel giorno, quindi legumi e qualche cereale.
Anche oggi, quando te lo ritrovi davanti, ti prende un senso di commozione, perché tale portata ti racconta il solo attimo di serenità che tanta gente ha avuto in secoli di stenti, una carezza allo stomaco in mezzo agli spasimi della fame atavica.
La Crapiata va dunque gustata con un laico religioso rispetto, in quanto simbolo della dignità immensa di un popolo fiero e volitivo come quello materano.
La carne fa capolino alla fine, nella trionfale ultima portata che Francesco si è portato dietro dal suo Gorgoglione, piccolo centro della provincia di Matera che dai suoi 800 metri di altezza guarda i boschi che digradano verso la valle del fiume Agri.
Lui li chiama Involtini alla pastorale, ennesimo nome di un piatto dalle tante denominazioni quante sono le regioni e i territori che lo sentono come proprio, dal Molise all’Abruzzo, dall’Irpinia alla Basilicata e alla Calabria, anche se ad averne fatto il proprio vessillo è la Puglia in cui la pietanza viene chiamata Gnummareddi. Si tratta di piccoli involtini che contengono uno degli elementi del quinto quarto, quasi dei fratellini più piccoli e stuzzicanti del ben più imponente Cazzomarro, piatto questa volta ristretto agli usi delle sole Puglia e Basilicata.
Sapidi, teneri, saporitissimi, molto piccanti come è giusto che siano, tuffati in un intingolo irresistibile, stimolano autentica voracità.
Ottimi anche i dolci, soprattutto quando evocano il sottobosco e un altro alimento della memoria, la ricotta.
A tutto pasto, l’eccellente vino fatto imbottigliare in esclusiva per il ristorante, il Teseo, da uve Aglianico in purezza coltivate nella zona più vocata, nei terreni vulcanici delle colline del Monte Vulture.
Ha carattere nitido, sorso spesso e appagante, compatti sentori di frutti rossi, beva suadente.
Abbiamo cercato di condensare in una fotogallery un florilegio di colori, profumi e sapori trovati in questo tempio del gusto lucano: la trovate nel video che segue.
Strabiliati da tanta densità emotiva, non ci rimane che ascoltare dalla viva voce di Francesco Abbondanza il significato che dà alla sua attività di ristorazione e al proprio impegno per la valorizzazione della cultura locale. Ascoltiamolo nel video che segue.
Info: pagina Facebook L’Abbondanza Lucana