Il Panettone di Vincenzo Tiri, capolavoro riconosciuto di arte dolciaria
Facendo professione d’umiltà, bisogna riconoscere l’evidenza e accodarsi a quello che già sostengono in molti: Vincenzo Tiri fa più il clamoroso panettone d’Italia.
Se tanti palati diversi si sono trovati a convergere verso tale dato di fatto, deve necessariamente trattarsi di un dato oggettivo: altrimenti questo dolce non avrebbe primeggiato nelle classifiche di organi di informazione e manifestazioni che farebbero di tutto pur di differenziarsi.
Si tratta della scintillante superficie di un fenomeno che abbiamo voluto indagare a fondo, per comprendere l’anima più profonda di un autentico miracolo di tenacia e talento. Perché di miracolo si deve parlare se un pasticcere parte dalla Basilicata e in pochissimi anni va a conquistare il trono di un dolce di matrice settentrionale che non aveva radici nella propria terra.
Impresa la cui dinamica diviene chiara nel momento in cui si entra nel mondo di un artista sublime come Vincenzo Tiri, con un tragitto che parte da lontano.
In questo 2017 per lui infatti non ci sono da registrare soltanto gli ennesimi trionfi, ma anche da celebrare un’importante ricorrenza, il sessantesimo anniversario dell’apertura del Forno Tiri ad Acerenza, in provincia di Potenza, il quale porta orgogliosamente il numero 1957 già nella denominazione familiare dell’attività.
Ad avviare tutto è stato un altro Vincenzo Tiri, nonno omonimo dell’attuale maestro del panettone, ma che allora aveva dato vita a un esercizio che sfornava tipicità locali e si prestava anche a fungere da forno collettivo come si usava nelle epoche antiche. La bottega proponeva i dolci strettamente territoriali, come lo Sfogliolato, ricetta medievale lucana originaria di Acerenza, una ciambella con uvetta, cannella e olio extravergine di oliva. Altro dolce identitario di allora era la Focaccia di Acerenza al vin cotto di uve Aglianico, con mandorle. Due lievitati, non a caso, perché si tratta di una tipologia dolciaria da sempre fondamentale ad Acerenza.
Nonno Vincenzo, malgrado l’età importante, ancora oggi è il primo a entrare in laboratorio: una ferrea consuetudine che testimonia la tempra di quest’uomo che ha dato vita a una straordinaria storia dinastica di maestri dell’arte pasticcera.
Storia proseguita con i genitori di Vincenzo, prima che quest’ultimo salisse in cattedra a dare lezioni di classe al Paese.
La sua intuizione di fare il panettone risale a quattordici anni fa, materializzazione di un sogno coltivato da bambino. Il panettone, nella memoria di Vincenzo, simboleggiava le grandi abbuffate natalizie della sua famiglia, quando quaranta persone si riunivano tutte intorno a questo dolce. Ma il panettone che arrivava a casa sua era industriale, oppure ne rappresentava l’espressione piemontese, perché dal Piemonte lo portava la sorella di ritorno a casa. Così il piccolo Vincenzo favoleggiava di poterlo fare lui quel dolce, un giorno, alla maniera tradizionale, con le sue mani, con metodo artigianale.
Una favola che prima di tradursi in un lieto fine ha avuto tante evoluzioni. Anche perché Tiri si è voluto complicare la vita, essendo stato il primo in assoluto a creare il panettone con tre impasti, invece di due, con la bellezza di settantadue due ore di lievitazione.
Lo ha fatto per ottenere un’aromaticità differente, un gusto, una sofficità e uno sviluppo superiori.
Una scelta coraggiosa che ha comportato dieci anni di ricerca e ben trecento tentativi, prima di arrivare nel 2014 a mettere a punto la ricetta attuale, quella ritenuta perfetta da chi lo fa e da chi lo gusta.
La difficoltà risiedeva nel dovere assemblare nei tempi giusti ingredienti differenti.
Da quel momento è stato un trionfo dietro l’altro.
A decretarlo migliore panettone d’Italia sono state pubblicazioni cartacee come Gambero Rosso e GazzaGolosa, ma anche diverse testate on line, cui aggiungere trionfi nelle manifestazioni specializzate quale Panettone secondo Caracciolo in cui si è aggiudicato tutti i cinque premi a disposizione.
Premi e riconoscimenti che fanno piacere a Tiri, anche se, dando prova della sua proverbiale umanità, afferma che “ti gratificano di più i complimenti del cliente, perché è lui il referente più importante del mio lavoro”.
La squisitezza del panettone di Tiri è dovuta anche agli ingredienti. A partire dai morbidi e saporitissimi canditi di Arancia Staccia di Tursi, cultivar difficile da commercializzare a causa delle grosse dimensioni, con il singolo frutto che può arrivare anche al ragguardevole peso di un chilo, così da ricevere attenzioni e tutele da Slow Food. Tiri acquista gran parte della ridottissima produzione di queste arance direttamente dagli agricoltori. La lavorazione avviene in vasche a cielo aperto, tramite un’immersione di quattordici giorni in uno sciroppo di acqua e zucchero che grazie all’osmosi consente alla buccia di perdere acqua e assorbire lo sciroppo.
L’uvetta invece arriva dall’Australia, quindi, notoriamente, è la migliore del mondo: infatti il frutto è succulento, vivo, fresco, ancora pieno dei suoi succhi; per quanto sia presente in generose quantità nell’impasto, ne vorresti ancora.
Il risultato finale è strabiliante. Alla sua apertura il panettone di Tiri sprigiona un trionfale profumo di alta pasticceria, dominato dai sentori di quel burro che poi diviene protagonista al palato, portandosi dietro echi di pascoli incontaminati e prati in fiore.
Al morso libera anche sorprendenti note balsamiche, chiudendo con una persistenza infinita che cattura la bocca e si impadronisce della papille gustative molto a lungo.
Se poi volete impazzire, andate a cercare sulla superficie esterna del dolce i canditi che emergono dall’impasto, perché li troverete tostati, tanto da scatenare tra i denti un’esplosione di gioia agrumata.
Completano il quadro una sofficità inaudita e un’alveolatura importante.
Un test organolettico entusiasmante che spiega come sia stato possibile mettere d’accordo una parte consistente di coloro che si occupano di panettoni in Italia.
Oggi Vincenzo si gode il successo, ma non dimentica che ha “dovuto fare qualcosa in più degli altri per emergere, faticare dieci volte tanto”, a causa del contesto in cui è nato, dove è stato difficile far passare la stessa idea di produrre il panettone: “quando dicevo che lo producevo in Basilicata, vedevo le persone mettersi a ridere”, ma la perseveranza gli ha fatto vincere la sfida.
A colpire maggiormente la sensibilità di Vincenzo è però il sentirsi utile alla sua terra, come testimoniato da una lettera ricevuta da un pasticcere lucano che lo ha ringraziato perché, con la sua notorietà, sta incrementando lo sviluppo della vendita del panettone anche nel resto della Basilicata, spingendo inoltre a una maggiore artigianalità nella sua realizzazione.
Se volete provare questa meraviglia, tenendo presente però che il prodotto è ormai quasi esaurito, potete fare un tentativo rivolgendovi direttamente al negozio di Acerenza in via Antonio Gramsci 2/4 (tel. 0971749182) oppure inviando una mail a: [email protected] .
Intanto potete avere un assaggio dell’emozionante mondo di Tiri nel video che segue.
Info Pagina Facebook: Tiri 1957 – Acerenza