Il cuoco samurai da Kyoto a Milano: Wicky, arte del taglio e coltelli
Orientale. Va riscritta la mappa della cucina orientale a Milano, che sull’asse Giappone India Italia sta esplorando condivisioni inaudite, dal doppio chef italo giapponese alla ricerca creativa di Wicky Pryan da Wicky’s, in corso Italia a Milano.
Una cena Omakase Chef Table (150 euro) davanti a lui e ai sous chef è un’esperienza straordinaria, fra carpacci, marinature, sashimi, sushi, maki, i crudi e il cotto di pesce e di carne, il suo classico maialino del samurai.
Gli chiediamo della sua filosofia e dell’importanza dei coltelli. “La mia base è la tradizione Kaiseki, lo strumento i coltelli. Ho imparato le tecniche in Giappone ma ho studiato per anni. Il mio coltello più vecchio ha 22 anni, il migliore ne ha 18, è un Kamakura (la Prefettura), fatto da una famiglia che li forgia da dodici generazioni con lo stesso acciaio della katana, la spada dei samurai. Il pesce lo devi tagliare con un coltello grande e arrivare all’osso, ma non devi rompere la fibra e l’osso. Non uso il cervello, solo la sensibilità della mano e ascolto il rumore del taglio”.
Le basi. “Definisco la mia ricerca creativa, non fusion (orribile!). Ha tanti passaggi fra Italia e Giappone, l’unica cottura che dura giorni è quella del maiale. Uso il Saikyo Miso e Sakè e Mirin (dolce) per le salse, la fermentazione. Il daikon o rapa giapponese, le melanzane, la curcuma (con Evo siciliano), pepe del Punjab e del Kerala. Nella medicina ayurvedica il pepe nero del Kerala (Malabar) è un rimedio contro il meteorismo, le coliche e la diarrea; il coriandolo con zenzero, pepe, cardamomo, noce moscata, cumino e cumino nero una terapia contro il cancro”.
Nei suoi sushi c’è anche il carpaccio di Angus, declina il Gambero Rosso di Mazara, il Gobbetto bianco sardo, “più delicato, per contrasto”, e la Mazzancolla pugliese.
La ricciola arriva dal Giappone perché “è completamente diversa. La marinatura del salmone selvaggio dell’Alaska è fatta con una tecnica della scuola di Kyoto che ha 400 anni. Il mio Dashi è quello di Kyoto. Chiedevo al mio maestro come dovevo fare il tempura e lui mi ha detto: in un modo diverso. Così è nato il tempura di merluzzo dell’Alaska”. Fenomenale.
Il cuoco samurai conferma: i miei ragazzi devono essere silenziosi e felici.
Info: https://wicuisine.it/
Tratto dal quotidiano Il Giorno del 14 ottobre 2017
MARCO MANGIAROTTI