Cattolica di Stilo, meraviglia bizantina in provincia di Reggio Calabria
Rannicchiata tra le avvisaglie rocciose di un monte incipiente, avviluppata da natura selvaggia e irsuta con le imperiose spine dei fichi d’India che sembrano poste a protezione, offrendo il fianco a un orrido che digrada in meraviglia panoramica che si slancia verso un brumoso infinito, la Cattolica di Stilo non ha mezze misure nel rapirti l’anima.
Appena varchi il cancello per incamminarti lungo il sentiero che conduce all’edificio, avverti subito come una vibrazione interiore, annuncio dell’emozione che esplode alla sua vista.
Per un attimo pensi che la immaginavi più grande, ma l’istante dopo perdi il controllo dello sguardo, impazzito nella ricerca di un punto su cui soffermarsi, bombardato com’è dal continuo baluginare di dettagli stupefacenti, in perfetta armonia con la bellezza dell’ambiente circostante.
La compatta geometricità della struttura ti fa avvertire la raffinatezza di chi l’ha concepita e la sapienza di chi l’ha costruita, una perfezione di volumi che mette quasi soggezione e infonde sacralità a questa epifania architettonica.
Poi gli occhi del visitatore si incuneano tra le precise trame create dai mattoni di argilla, seguendoli tra rette in orizzontale e in verticale, fino ad accettare la sfida degli intrecci obliqui.
Il bianco della malta diviene contrappunto scenografico, disegnando codici visivi grazie alla contrapposizione con il rosso argilloso dei mattoni che sa della terra che li ha generati.
Una visione che ti fa avvertire forti gli echi d’Oriente, apparendo però perfettamente consona in questo angolo di Calabria. Anche perché siamo a Stilo, agglomerato antropico che fin dai tempi antichissimi ha avuto la vocazione ad attirare popoli e farsi sede di contaminazioni culturali.
La Cattolica di Stilo, luogo di culto greco-bizantino, è perfetta espressione del multiculturalismo spontaneo del posto. Lo spiega bene il sito della Cooperativa sociale San Giorgio che cura con competenza reale e squisita cortesia le visite al monumento, in cui si legge che il “termine Cattolica deriva probabilmente dal greco Katholikon che indica il luogo di culto di un complesso monastico o il centro di riferimento culturale per gli eremiti che vivevano nella stessa area”.
Infatti “la costruzione della Cattolica è dovuta ai monaci orientali, che, nell’ultimo periodo del dominio bizantino, sec. X e XI, si insediarono alle pendici del Monte Consolino”, vivendo in “grotte naturali che prendevano il nome di laura” a volte affrescate e apportando arricchimento culturale, economico, sociale e artistico al territorio.
Ad alimentare il fascino della Cattolica è pure l’assenza di documenti sino al XVI secolo che ha stimolato lo sforzo degli studiosi nella ricostruzione delle sue vicende, della destinazione e delle sue funzioni, generando diverse teorie non convergenti che vanno dall’attribuirgli lo status di “prima ed antica chiesa matrice” o di oratorio musulmano, di “luogo di raccoglimento per le comunità eremitiche” oppure di parte di un monastero.
Un mistero che si infittisce mettendo piede dentro il tempio, dalle cui pareti affiorano affreschi da sindrome stendhaliana, frutto di stratificazione stilistica e storica, con rappresentazioni pittoriche che si sovrappongono per almeno quattro livelli, tanto che “si ipotizza che progressivamente i santi orientali sono stati sostituiti da quelli di rito romano”.
La presenza di segni e iscrizioni in alcuni punti di pareti e colonne incrementano la suggestione donata dalla chiesa, esempio di felice sincretismo, tra versi biblici in latino e passaggi in lingua araba.
Lo spazio interno piccolo e scarno dell’edificio sembra voglia esaltarne sia l’evocazione dell’aspetto spirituale quanto l’ammirazione del dato figurativo.
Le pitture, slanciandosi sovente verso la sommità delle pareti, ti spingono a sollevare il capo, inducendoti a una posizione di omaggio verso l’alto che ha sentori di misticismo spontaneo.
Osservare la distribuzione degli affreschi posti in alto provoca infatti una vertigine, facendoti ruotare su te stesso, per cogliere il sussulto di rimandi iconici e di significante metaforico.
Tra le figure che è possibile individuare, l’immagine della Madonna dormiente, gli Apostoli, “l’arcangelo Gabriele con la spada in atto di tagliare le mani ad un infedele che prova a toccare la vergine”, Cristo “raffigurato in una mandorla, portata al volo da quattro angeli, con le ali aperte”, i “Santi Vescovi, S. Nicola, S. Basilio e S. Giovanni Crisostomo”.
Uno sfavillio cromatico tenuto insieme nella sua irruenza dallo sviluppo matematico dell’architettura interna, razionalizzato in una pianta a croce greca, con quattro colonne che scandiscono la figura di un quadrato ideale, mentre gli spazi sono suddivisi in parti uguali con prodigiosa precisione. Un insieme di rigore raziocinante e slancio creativo che crea un indimenticabile subbuglio emotivo nel visitatore.
Visitatore che uscirà certamente soddisfatto dall’esperienza, grazie a una perfetta gestione di tale bene culturale frutto di sinergia tra la citata cooperativa e il Comune di Stilo, già meritatamente inserito tra i Borghi più belli d’Italia, cui va il plauso per la pagina del suo sito istituzionale in cui si parla della Cattolica, di rara puntualità e ricchezza scientifica (http://stilo.asmenet.it/index.php?action=index&p=227).
Abbiamo documentato tanto splendore con la nostra telecamera, grazie alla gentile concessione del MiBACT – Polo Museale della Calabria.