Museo Archeologico Ridola, l’Uomo a Matera nel corso del tempo
Matera è metafora dell’Uomo, della sua irrequietezza errante e della sua curiosità penetrante, della sua indole aggregativa e dell’ingegnosa lotta ingaggiata con la sopravvivenza, del suo spasmodico desiderio di bellezza e dell’anelito spirituale. Aggregazione proto-urbana millenaria, Matera è stata testimone e frutto stesso di ogni evoluzione umana, dai primi vagiti sensibili della civiltà ai decori abbaglianti del pensiero evoluto.
Passaggi, tracce, stratificazioni che si possono cogliere nel Museo archeologico nazionale Domenico Ridola, presidio imprescindibile per comprendere la genesi di uno dei luoghi più straordinari della Terra.
Collocato nel salotto buono architettonico di Matera, in via Ridola 24, è accolto nella prestigiosa struttura conventuale di S. Chiara del XVII secolo, ampliata da nuove costruzioni nel 1975 e 1991.
Ha il primato di essere il museo lucano di più antica fondazione, datata 1911, quando Domenico Ridola fece dono allo Stato delle collezioni che aveva assemblato a partire dal 1872, affinché ogni reperto che racconti la storia di Matera potesse allocarsi “ove per lustro e decoro è destinato in perpetuo a rimanere”, come ebbe a dichiarare nella Conversazione stipulata con il Regno d’Italia il 21/06/1910.
Le collezioni di Ridola sono il nucleo dell’esposizione museale, arricchita in seguito da “reperti provenienti dagli scavi effettuati successivamente nel territorio di Matera e dei Comuni delle medie vallate del Bradano e del Basento”.
Reperti che si irradiano in un esteso reticolo di corridoi e stanze, perfettamente illuminati da luci equilibrate…
… introdotti da pannelli impaginati come un volume accademico: testi lunghi e dettagliati, foto dei luoghi di ritrovamento e delle aree di scavo, mappe…
… disegni topografici, planimetrie, riproduzioni di documenti storici…
… vivide rappresentazioni grafiche di forme e funzioni degli oggetti…
… perfino inserti da manualistica del restauro, con l’uso induttivo delle foto e dei grafici.
Le sale razionalizzano questa temperie cognitiva cadenzandola come capitoli di un saggio, narrando del paleolitico e del neolitico, dell’arte parietale preistorica, delle materie prime usate durante l’età della pietra, della capanna neolitica, dei materiali pertinenti allo scavo del villaggio neolitico di Trasanello Cementificio, dell’età dei metalli…
… dei reperti del periodo protostorico, del periodo magnogreco…
… della collezione vascolare Rizzon, della mostra documentaria sull’attività archeologica di Domenico Ridola e di Eleonora Bracco.
Tutto questo compone il racconto complessivo “dell’antropizzazione del territorio materano a partire dal paleolitico sino all’alto medioevo” ci spiega Gianfranco Lionetti, noto studioso del materano, assistente di scavo e dipendente del Polo Museale della Basilicata, il quale sottolinea che “le collezioni del Ridola sono importanti soprattutto per quanto attiene al neolitico, all’età del bronzo e a tutto il periodo compreso fra alto e basso medioevo, specialmente per quanto concerne gli aspetti della civiltà rupestre e, in generale, del vivere in grotta”.
In questo modo si tracciano storie di popoli, poiché “fondamentali sono le informazioni relative alle genti che introdussero nel territorio materano l’economia neolitica basata su agricoltura e pastorizia”, come chiarisce Lionetti, per il quale “un altro momento cruciale è quello riconducibile alle ondate migratorie che introdussero in Italia meridionale le culture indoeuropee (età del bronzo–età del ferro); un ulteriore aspetto culturale di grande rilevanza è quello che concerne le due colonizzazioni bizantine attraverso le quali si è consolidata la civiltà rupestre nonché l’architettura e l’iconografia delle chiese rupestri”.
A rendere varia e stimolante la visita al museo è la presenza di più registri di semantica museale.
I testi dei pannelli, copiosi nelle informazioni rese e di estremo rigore scientifico nella formulazione, sono una manna per studiosi e appassionati di archeologia in possesso di solida formazione sulla materia, magari disposti a protrarre per ore la loro permanenza nel museo per abbeverarsi all’effluvio documentale del Ridola, mentre il visitatore meno ferrato sarà portato a saltare da una teca all’altra, scegliendo i punti in cui soffermarsi grazie a una selezione visiva, stimolata dal fulgore dei reperti.
Ma a mettere tutti d’accordo è l’area in cui la divulgazione attinge a criteri che collimano con la spettacolarità, come avviene con la monumentale ricostruzione della “grotta ideale” con tanto di anfratti e sporgenze litiche simulate, ma ancor di più con la riproduzione a grandezza naturale della capanna neolitica, inserita in una contestualizzazione scenografica di potente realismo.
Argilla, paglia, legno, sono i tre basici umili materiali di questa costruzione, prodromica forma di germinazione del focolare domestico, con il vicino recinto che ricorda la promiscuità vitale con gli animali.
L’impasto di argilla e paglia come intonaco delle pareti, primo isolante delle costruzioni interamente create dall’Uomo, già manifesta sapienza ingegneristica, con quell’intreccio di pali che la sezione della capanna permette di scorgere.
Abbiamo filmato questo suggestivo angolo di allestimento, nel video qui sotto.
Il linguaggio cambia ancora quando si approda alla sala dedicata alla straordinaria figura di Domenico Ridola, uomo d’altri tempi, illuminato e visionario nelle proprie passioni quanto pragmatico e concreto nell’incidere nella vita e nella storia della propria comunità, per merito della sua indefessa promozione di scavi archeologici ma anche delle numerose cariche politiche e amministrative ricoperte.
Ancora oggi è ricordato sul sito del Senato della Repubblica (http://notes9.senato.it/Web/senregno.NSF/8c58c55c1230e7f8c125703d002fe257/ecae5dc368fa65214125646f005f02e3?OpenDocument) di cui fece parte, dove viene riportata in sintesi la sua composita biografia, la quale si apre con una Laurea in medicina all’Università di Napoli che porta alla professione di medico (stimatissimo, tanto da configurarlo come un luminare), prosegue con l’attività di professore di francese al liceo, mentre tra le “altre professioni” è indicata quella di archeologo.
Le “cariche politico – amministrative” sono consigliere comunale, consigliere provinciale e sindaco di Matera, cui sono aggiunte le legislature come deputato e in qualità di senatore. Segue una sfilza di incarichi, da Ispettore onorario degli scavi e monumenti di Matera (1877) a Fondatore del Museo preistorico di Matera (febbraio 1911), da Fondatore e presidente della Biblioteca circolante di Matera a Membro ordinario del Consiglio sanitario circondariale di Potenza, da Membro della Commissione conservatrice dei monumenti e scavi d’antichità di Potenza a Collaboratore della rivista La Medicina.
Nella commemorazione a lui dedicata dal Senato del Regno il 6 dicembre 1932, a sei mesi dalla morte, Luigi Federzoni, alla presenza di Benito Mussolini, lo definì “figlio devoto della terra lucana, alla quale aveva dedicato, oltre che l’operosità egregiamente spesa nell’adempimento dei più importanti uffici amministrativi e parlamentari, una signorile e intelligente predilezione delle ricerche relative alle remote splendide civiltà fiorite in quella regione. Così in molti anni di assiduo lavoro egli riuscì a mettere insieme e ordinare una cospicua raccolta di materiale archeologico, che munificamente donò poi allo Stato”.
Della sua attività archeologica tuttavia Ridola parlava con pudore, arrivando ad affermare in un intervento alla Società Romana di Archeologia del 1924: “confesso non essere un archeologo di professione ed ufficialmente riconosciuto tale, perché non ho tanto di diploma: dite, se vi piace, che io sia un allucinato che si consola di poter affermare che non fu solo effetto del caso o della cieca fortuna, se potei dimostrare che nel Materano fu largamente rappresentata l’epoca della pietra scheggiata e, più largamente ancora, quella della pietra levigata”, aggiungendo ai suoi meriti di essere riuscito “a fondare a Matera un vasto Museo, tutto di roba locale e che, per questo, fu giudicato unico nel suo genere”, come riportato nel volume Villaggi trincerati neolitici negli agri di Matera – Santeramo – Laterza, firmato proprio da Gianfranco Lionetti con Vinicio Camerini (Grafiche Paternoster, Matera, 1995).
La parte di esposizione a lui dedicata è di natura documentale, mostrando vecchie fotografie, lettere autografe scritte di suo pugno o a lui indirizzate…
… e tracce delle sue numerose pubblicazioni.
A incuriosire maggiormente però sono i cimeli dell’attività politica di Ridola, impressionantemente attuali se confrontate con il nostro presente elettorale.
Si veda in proposito un cartello del 1906 che si apre con lo strillo “Elettori!”, cui si rivolge il comitato che sosteneva Ridola nella sua campagna per l’elezione alla Camera dei Deputati. “Speravamo che la lotta si fosse combattuta con armi cavalleresche e che a voi fosse lasciato completamente libero il voto” vi si legge, lamentando che “dagli avversari si inizia una serie di attacchi indegni e di denigrazioni calunniose e banali”, tese a screditare Ridola rivolgendogli “accuse di avversione al defunto Michele Torraca”, l’onorevole di cui prenderà il posto dopo la morte improvvisa del deputato.
Il Comitato denuncia anche il tentativo di mostrarlo “come un decrepito inetto alla vita pubblica, mummificato fra le collezioni del suo museo”, mentre i suoi sostenitori ritengono che l’allora quasi sessantacinquenne Ridola è “un uomo vigorosissimo che è pervenuto all’apogeo della sua virilità dopo una vita piena di lavoro e di energia”.
Sembra che nulla sia cambiato da allora a oggi, tranne il particolare che a quel tempo veniva tirato dentro il dibattito politico l’impegno in un museo, di ben altro profilo rispetto al nostro presente in cui al massimo si parla di festini e scandali bancari.
Il particolare citato fa comprendere ancora di più quanto sia stata importante l’istituzione del Regio Museo Domenico Ridola nella vita intellettuale e nello sviluppo sociale della città: “senza l’apporto culturale di Ridola, Matera non avrebbe avuto una scuola di specializzazione in archeologia medievale, né la scuola di restauro e non sarebbe diventata la capitale europea della cultura del 2019” afferma sicuro Lionetti, il quale proprio per questo è convinto che “la visita al museo dovrebbe essere una tappa che precede o segue l’esplorazione della città antica e del suo territorio, altrimenti Matera lascia al turista solo un complesso di vaghe emozioni condizionate dalle suggestioni, raramente pertinenti, acquisite prima di giungervi”.
Ci associamo a questa riflessione: senza il decisivo apporto della visita al Museo Ridola, non avremmo potuto mettere insieme i pezzi del caleidoscopio emotivo rappresentato da Matera.
Pure in caso di turismo mordi e fuggi, è imprescindibile visitare “almeno le sale che contengono i reperti neolitici e dell’età dei metalli, quindi quelle relative al periodo medievale”.
Il visitatore della città avrà così piena consapevolezza della ragione profonda per la quale Matera merita un titolo di capitale culturale, non soltanto per un anno, transeunte, bensì in eterno.