Da Luna Rossa di Federico Valicenti sul Pollino, la cucina storica lucana
In qualunque angolo della Basilicata ti trovi, se dici di essere interessato alla cucina colta, tutti ti dicono “allora devi andare da Federico Valicenti”.
E’ accaduto anche a noi, ripetutamente, fino al punto di cambiare il programma del nostro reportage per affrontare un viaggio più impegnativo, pur di recarci in autentico pellegrinaggio dalla figura più influente della gastronomia lucana.
Intellettuale, storico, filosofo, agit prop, aggregatore sociale, analista sensoriale, ma anche cuoco sopraffino, imprenditore etico, istrione, divulgatore, personaggio televisivo, saggista: è infinita la lista di qualità e attività di Valicenti, talento rinascimentale che non ha paragoni in Italia e anche oltre i confini nazionali.
Noto ovunque a chiunque ami la gastronomia, Valicenti, annoverando tra i pregi anche il rigore morale, ha deciso di non cedere alle lusinghe del successo, compiendo la commovente scelta di rimanere nella sua terra, per sostenere la cultura, l’identità e l’economia locale.
Anzi, si è pure complicato la vita, andandosi a rintanare a Terranova di Pollino, appena mille abitanti a ben mille metri di altezza, il cui aureo isolamento è sottolineato perfino da Wikipedia quando fa notare che “distando ben 154 km da Potenza, è il comune italiano più lontano dal capoluogo della propria provincia”.
Infatti si trova a un passo dalla provincia di Cosenza, immerso nel Parco nazionale del Pollino, il più grande d’Italia, tanto da espandersi dalla Basilicata meridionale alla Calabria.
Bisogna quindi essere ben motivati per raggiungere il ristorante Luna Rossa in cui Valicenti opera proprio qui a Terranova di Pollino, in via Marconi18, ma ciò che trovi durante e al termine di un’infinita serpentina di curve ripaga il tempo che impieghi per recarti sul posto, altrimenti Valicenti non si spingerebbe a scrivere che “in questa parte di mondo dove sembra che la strada finisce, comincia la vita!”.
Già la natura circostante toglie il fiato con orridi magnificamente piantumati, abissi lussureggianti, montagne che si stagliano sull’infinito.
Poi ti godi la camminata in un borgo che zampilla di serena umanità in ogni angolo.
Fino alla bellezza architettonica del Luna Rossa, calda e materica, con quei suoi materiali in perfetta armonia con l’ambiente circostante.
Da sottolineare il buon gusto dell’ingresso, con murales che richiamano il focolare domestico e la vita semplice di un tempo, quasi incorniciati da una fila di sedie impagliate dai vividi colori pastellati.
Prima di approcciarti ai piaceri, infiniti, della tavola di Valicenti, è d’obbligo approfondirne il Pensiero, perché qui tutto è pensato, meditato, studiato, quindi amato. D’altronde parliamo di uno che ha perfino coniato un neologismo filosofico, la Cibosofia, intesa come “il racconto dei territori attraverso il cibo”.
Infatti programmaticamente “la cucina del ristorante Luna Rossa parte dalla ricerca delle gastronomie locali e regionali”, utilizzando anche ricette non scritte, attingendo dalla ricchezza del mondo rurale “i prodotti e le ricette, custoditi in piccoli segreti tramandati per tradizione e convinzione”.
Come se non bastasse, sbalordisce il profondo lavoro di ricerca delle più antiche ricette locali andate perdute con il tempo, preparazioni secolari destinate all’oblio che invece Valicenti ha ritrovato e riportato in tavola.
Sono concentrati soprattutto nel Menù degustazione Cucina Dialettale – un piatto una storia, una storia un piatto.
Come i Capunti delle donne monache, “piatto del 1675 con ricotta al profumo di limone, cannella, gocce di cotto e liquirizia”: carnosi, densi alla masticazione, sono estremamente stuzzicanti nella loro commistione di acidità e dolcezza.
Sono un piatto del ‘900 invece le Lagane dei Jalantuomini, lingue di pasta lunghe e spesse, fatte con farine antiche, condite con “crema di cacioricotta e noci, con pomodoro profumato alle erbe e mollica di pane fritta”: ammirevole la complessità che mette insieme cremosità e croccantezza, insieme a una scala di sapidità e aromaticità.
Non meno elevata la sezione della carta chiamata Riti e Miti, con tanto di © a fianco, a simboleggiare il copyright semantico sulla proposta (su prenotazione) di “antichi piatti della tradizione di Terranova di Pollino”.
Si apre con il Grattonato, “trippa tritata con uova, pepe, formaggio, allungato in brodo di carne”: è un miracolo, strabiliante nel creare un’osmosi tra gli intensi sentori animali delle interiora e il delicato contributo degli altri ingredienti, sfociando in una metafora edibile del tepore invernale.
L’Oss’ i puorc’ è Stinco di maiale su verdure a scapecia, ancora un contrasto tra animale e vegetale che ingolosisce oltremodo: esaltante la parte grassa, golosissima.
La Pettola di “carosella” ripiena di crudo e caciocavallo è un dichiarato omaggio alla cultura arbëreshe molto radicata nel territorio: a pochi chilometri infatti si trovano i più importanti centri delle comunità albanesi lucane che annoverano tra le tipicità gastronomiche proprio questa preparazione.
Valicenti nella propria biografia parla dell’incanto provato quando “risalendo il fiume sulla sinistra sfioravo una delle più antiche civiltà harbereshe, San Paolo Albanese”, rimanendo “colpito dalla bellezza e dalla eleganza dei vestiti delle donne, sgargianti e colorati come i loro volti chiari e luminosi”, mentre “dall’altra parte del Sarmento, alla sinistra del torrente, si affacciava un altro paese di cultura harbereshe, San Costantino Albanese, anch’esso costruito da profughi albanesi, secondo la leggenda, guidati dal condottiero Scanderberg”.
Sorta di impasto fritto, in questo caso da farina di grano Carosello mista a polvere di peperone, è una ghiottoneria assoluta, con la sua leggera croccantezza che avvolge un irresistibile ripieno in cui si esalta il formaggio.
Immancabile ovviamente un assaggio di Peperoni cruschi, scrocchiante delizia carica di meraviglia aromatica.
Il fine pasto vira sulla creatività ma senza dimenticare suggestioni antiche, come I dolci della nonna, in cui si fanno notare i Calzoncelli con passatina di ceci , cannella e vin cotto, mentre tra i Dessert vale l’assaggio la personale interpretazione del Tiramisù.
Eccellente la cantina, piena di referenze lucane che consentono un viaggio nelle mille declinazioni dell’Aglianico del Vulture.
Abbiamo raccolto le suggestioni visive di questa magnifica esperienza culinaria nel video che segue.
Un trionfo di gioia per la mente e per il palato, un’esperienza che arricchisce intellettualmente e umanamente: recarsi al Luna Rossa dovrebbe essere un obbligo morale per ogni persona che dia importanza al cibo e lo rispetti anche per il suo valore antropologico.
Merito anche di materie prime che Valicenti sostiene in ogni modo, concretamente. Infatti sta contribuendo a mettere insieme tanti piccoli produttori di eccellenze che lavorano nel Parco, creando una rete d’impresa chiamata Comunanza del cibo Pollino, sostenuta anche dalla CIA, la Confederazione Italiana Agricoltori. Abbiamo incontrato diversi di questi produttori, rimanendo colpiti dalla loro umanità, dall’impegno sincero in difesa del proprio territorio, dal lavoro indefesso a tutela di antiche pratiche agro-pastorali, della valorizzazione dei sapori di una volta.
Abbiamo chiesto a Federico Valicenti di raccontarci le sfaccettature di questo suo multiforme impegno: lo ha fatto davanti alla telecamera, nel video che segue.
Info: https://www.federicovalicenti.it/