Parco Paleontologico di Notarchirico sito lucano di rilievo internazionale
Uno dei patrimoni archeologici più preziosi che l’Italia possa vantare, in grado di creare interesse in studiosi e appassionati di ogni parte del mondo, ma ancora poco noto ai viaggiatori: si tratta del Parco Paleontologico di Notarchirico, nel territorio di Venosa, in provincia di Potenza, in Basilicata, al cui interno si trova un Sito Paleolitico di fascino incommensurabile, essendo una struttura chiusa al cui interno sono custoditi degli scavi condotti nell’arco di decenni, i cui esiti sono un patrimonio di rivelazioni storiche.
Sul sito web del Comune di Venosa, nel cui territorio si trova il Sito Paleolitico di Notarchirico, viene specificata la collocazione “a circa nove chilometri dalla città moderna, in un’area collinare che si estende fino alle grotte artificiali di Loreto” e che si tratta di “un’area museale coperta allestita e affidata dall’Istituto Paleolitico Luigi Pigorini di Roma”.
La prestigiosa e ben fatta guida del Lonely Planet dedicata a Matera e Basilicata si è spinta a definirlo “un giacimento culturale di inestimabile valore, nonché uno dei parchi più importanti d’Europa”.
Come riporta il pannello all’ingresso della struttura, “il sito di Notarchirico è rappresentato da una sovrapposizione di oltre undici livelli frequentati nel corso del Paleolitico inferiore in un periodo compreso tra 600.000 e 300.000 anni fa”.
“In ciascuno dei livelli son conservati strumenti litici tagliati e utilizzati dall’uomo preistorico e numerosi resti di animali ora estinti”, quali elefante antico, bisonte, bue selvatico, rinoceronte e cervidi.
Reperti che “rappresentano resti di caccia o di animali trasportati e depositati dalle acque, o talvolta carcasse di grossi pachidermi”, di cui la carne e le parti molli “venivano sfruttate dai gruppi umani preistorici sottraendole agli altri animali predatori”.
I pannelli continuano a parlare al visitatore anche all’interno della struttura, guidandolo in un percorso che altrimenti non sarebbe intellegibile a un profano.
I testi non sono meramente descrittivi, bensì rappresentano una piccola ma chiara lezione di preistoria, con elementi di biologia, geologia e antropologia.
L’esposizione a scalini suggerisce l’immagine di una stratigrafia che “si sfoglia infatti come un libro e si legge dal basso verso l’alto, poiché il livello più profondo corrisponde naturalmente al periodo più remoto della nostra storia”, come afferma Alfonsina Russo nel suo documentatissimo articolo La Preistoria. Le prime tracce dell’uomo in Basilicata. Dal paleolitico al neolitico pubblicato nel 2000 dal Consiglio Regionale di Basilicata (http://www.old.consiglio.basilicata.it/conoscerebasilicata/cultura/archeologia/itinerari/russo_002.pdf).
In effetti quando il visitatore si pone alla base degli scavi, è portato a sentirsi più piccolo davanti all’immensa storia che lo ha preceduto, rimanendo incantato dalla maestosa progressione terrena che si proietta versò l’alto quasi come una piramide.
Le terrazze espositive sono state lavorate qui sul posto e costituiscono anche una celebrazione dell’azione indefessa e appassionata di archeologici ed esperti, i quali con un’azione maieutica hanno estratto dal terreno reperti capaci di narrare ambienti remotissimi e vicende ancestrali, documentando evoluzioni geo-antropologiche, dai mutamenti dell’ambiente a quelli delle primitive organizzazioni umane.
Si va dall’intensa attività vulcanica del Vulture a resti ossei faunistici e di industria litica, con prede di caccia e animali morti trasportati dalle acque “la cui carne veniva poi utilizzata dall’uomo preistorico”.
L’importanza del sito è rappresentata proprio dal particolare che in un unico luogo fisico sono presenti così tante e diverse paleosuperfici che corrispondono ciascuna “ad una pagina diversa della storia della Terra e di quella umana”, permettendo così “di ricostruire le trasformazione verificatesi nel corso dei millenni”.
Il citato sito del Comune di Venosa sottolinea il ritrovamento di “una serie di frammenti dell’uomo preistorico oltre a numerosi resti di animali ora estinti (elefante antico, bisonte, bue selvatico, rinoceronte, cervidi, ecc.)”, tra i quali impressiona la presenza di un cranio di Elephas anticuus ritrovato durante gli scavi del 1988.
L’approfondimento di Russo aggiunge che ossa del corpo, del cranio e zanne dell’elefante “si riferiscono ad un esemplare maschile adulto probabilmente preda di caccia dell’uomo che, successivamente, con appositi strumenti litici, ha sezionato le carni dell’animale per ridurle a porzioni di cibo”.
Si rimane ammutoliti davanti a questi resti, mentre li si osserva da una sorta di balconata: si ha la sensazione di assistere alla scena nel suo divenire, immaginando cosa possa essere accaduto intorno a quell’animale che ha sfamato alcuni nostri antenati.
Colpiscono le dimensioni del teschio e delle protuberanze, ma soprattutto il senso dello scorrere inesorabile del tempo.
Il sito è visitabile “previa richiesta scritta alla sede di Venosa” che si può compilare a distanza in formato digitale e presentare via mail. Bisogna avvertire che la procedura non è immediata, poiché deve essere trasmessa all’apposita Soprintendenza per la necessaria approvazione: meglio pensarci almeno una settimana prima di recarsi a Venosa.
Per tutte le informazioni, si può chiamare il numero 097236095: vi risponderanno funzionari di una rara cortesia e dedizione, tanto da impressionare per l’ammirevole impegno che mettono nel favorire la visita del sito.
Una volta approvata la richiesta, viene messo a disposizione del visitatore un dipendente che lo guiderà fino al sito, al quale si arriva “percorrendo la Strada Provinciale Ofantina altezza passaggio a livello Venosa Spinazzola, e poi imboccando la Strada Statale 168 dopo il bivio per Palazzo San Gervasio”.
Anche in questo caso si tratterà di un funzionario di grande gentilezza e rilevante competenza, pronto a dare spiegazioni anche all’interno del sito.
Diversi reperti rivenuti nel sito, si possono ammirare nel Museo archeologico nazionale di Venosa.
Nel video che segue, le immagini esclusive del sito, su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo – Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Basilicata.
Info: http://www.comune.venosa.pz.gov.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/84