Il Museo della Raccolta delle acque con lo storico Palombaro, a Matera
Se la parte emersa dei Sassi di Matera abbaglia con la sua stupefacente grazia scenografica, non meno sbalorditiva è la bellezza e l’importanza di ciò che nasconde al di sotto delle costruzioni: un ordito di genialità che stupisce per la complessità funzionale ma anche per il pregio estetico.
Sono quelle vene scavate nel corpo della roccia per canalizzare le acque attinte tanto dal cielo quanto dalla terra, raccontate dal Museo della Raccolta delle acque con lo storico Palombaro.
Dal museo rivendicano la propria centralità, sottolineando come il sistema della raccolta delle acque sia stata la “tematica principale per la quale i Sassi di Matera diventano Patrimonio UNESCO nel 1993” e sostenendo che “le visite guidate non possono escludere questo complesso”.
Proprio su tale “articolato sistema di Raccolta delle Acque” composto da canali, cisterne e palombari si fonda la stessa esistenza dei Sassi di Matera, i quali, è bene ricordarlo, “rappresentano uno degli aggregati urbani più antichi al mondo, abitati da tempo immemorabile”.
Un sistema reso possibile dalla tenera consistenza della calcarenite di cui sono composti i Sassi, la quale ha consentito ai suo abitanti, fin dalla preistoria, di scavare le proprie abitazioni ma anche di creare in ingegnoso reticolo di vasi comunicanti che partendo da cisterne anch’esse ipogee consentivano di irrorare del prezioso liquido vitale le pur precarie abitazioni del posto.
Tutto questo è raccontato in maniera scarna, semplice e lineare nel museo sito in via Purgatorio vecchio 12, nel Sasso Caveoso, in quella “che si scoprì essere la casa natale di San Giovanni da Matera”, nella quale sono state rinvenute tracce chiare del sistema appena descritto, concentrate in uno spazio unico, in maniera da prestarsi a un’azione pedagogica che consenta ai visitatori di comprendere immediatamente tale miracolo di adattamento scaturito dall’intelligenza umana.
Il sito musealizzato “lascia bene intendere l’opera di un’ingegneria idraulica naturale” che utilizzava acqua non solamente piovana ma anche sorgiva, grazie a un percorso espositivo semplice e lineare che, pur non puntando su approfondimento scientifico e cura estetica, ha però il pregio di essere intellegibile a tutti, ponendosi quindi nell’alveo dei musei a vocazione turistica, con l’inevitabile semplificazione che ne consegue ma al tempo stesso depositario di immediatezza divulgativa.
Lo stile museale è quello rustico e popolare delle esposizioni etno-antropologiche a carattere civico, quindi con oggetti posti in funzione di sineddoche, in cui ogni singolo reperto raccoglie in sé una storia più complessa e stratificata.
Non esistono pannelli, scelta condivisibile perché sarebbero risultati invasivi e avrebbero intaccato la grazia architettonica della struttura: così i testi sono affidati a una guida cartacea, mentre per ogni desiderio di saperne di più ci si può sempre rivolgere al personale.
Il momento più emozionante della visita è rappresentato dalla discesa sotterranea che conduce mediante una scalinata alla visione della parte terminale di un lungo acquedotto che ha rappresentato la sopravvivenza per i materani del passato.
Siamo così così dinanzi all’imponenza ieratica del Palombaro, termine che “deriva da palomba, muro di tamponamento di questa corte a pozzo che si estende su una superficie di oltre 100 mq., con profondità comprese tra i 10 e i 13 m, in grado di contenere una quantità pari a 13.000 metri cubi di acqua”.
Sembra un orrido che precipita su una memoria di resistenza agli stenti, un monumento alla voglia di vivere, partito da vitali necessità materiali per elevarsi a spiritualità collettiva.
Le striature sulle pareti litiche, tracce dei livelli dell’acqua fissati dallo scorrere del tempo, diventano opera d’arte spontanea, disegnando contorte fughe curvate verso un infinito che si nasconde dietro l’angolo, come se volesse spingerti a seguirlo, immergendoti nel continuo incerto divenire della Storia.
L’accennata spiritualità diventa conclamata se si considera che la citata scalinata parte dalla Chiesa del Purgatorio Vecchio, edificata tra il XIII e il XV secolo.
Oggi il suo ambiente spoglio lascia alla sensibilità del visitatore la possibilità di adattarvi il suo stato emotivo, facendolo librare nell’ampio spazio, lievitando verso l’altissimo tetto o scivolando lungo pareti candide perfettamente restaurate.
Abbiamo a nostra volta raccolto rivoli di questa esperienza di visita nel video sottostante.
Info: http://www.laraccoltadelleacquematera.it/it/