Osteria Nangalarruni a Castelbuono (PA), anima gastronomica delle Madonie
Nangalarruni è la dimostrazione lampante di come un locale di ristorazione possa (e debba) assumere i connotati di istituzione socio-economica e culturale, operando, senza alcuna forzatura bensì con sincera appassionata motivazione, quale presidio del territorio, per tutelarlo e valorizzarlo, impegnandosi al contempo per essere un volano dell’economia rurale locale e un amplificatore della buona reputazione del luogo. Tutto questo senza dimenticare che stiamo pur sempre parlando di un’osteria, in cui si mangia magnificamente bene, godendo non soltanto di cibo e vino ma anche della raffinata e affabile intelligenza del gestore Giuseppe Carollo.
Un’esperienza complessiva arricchita dalla magnificenza dell’ambiente naturale che abbraccia il borgo storico che ospita l’osteria, Castelbuono, abbarbicato sulle Madonie, in provincia di Palermo.
Carollo dichiara la propria filosofia già sul sito del locale, in cui spiega che “dietro ogni nostro piatto c’è una filosofia nella quale la natura viene accolta e rispettata, grazie all’utilizzo delle risorse di cui il Parco delle Madonie è ricchissimo”, parlando di “piatti antichi e dimenticati, grande rispetto e cultura delle nostre tradizioni… i sapori di una volta, i piatti della memoria, tutti rivisitati in chiave moderna e rielaborati con arditi accostamenti”.
Nangalarruni, nome dialettale del “famoso strumento a bocca che accompagna e caratterizza non poche canzoni popolari siciliane”, è l’approdo di Carollo una volta placato il suo girovagare per l’Europa, un locale cresciuto nella consapevolezza di pari passo con gli studi agro-alimentari di Giuseppe, uno “da sempre appassionato di vino e di funghi di bosco”.
La prima passione si è tradotta in una cantina che “conta circa 600 etichette”, con una forte attenzione ai vini naturali.
La seconda passione invece si traduce nelle lunghe camminate di Carollo che va personalmente alla ricerca di pregiati funghi nelle sue Madonie, perché li conosce perfettamente e sa esattamente come lavorarli in termini culinari, affidandoli alla cucina del locale oggi presidiata dalla figlia Francesca. Dimostrazione di questa dedizione competente è il maestoso cesto pieno di funghi che abbiamo trovato al nostro arrivo al locale, in grado di chiarire più di mille parole l’afflato etico e la passione umana su cui poggia l’osteria.
E’ alla luce di tale spettacolo che accettiamo di buon grado di avventurarci nel “percorso funghi” suggerito dal gestore.
Devi ancora cominciare a degustare i piatti ed ecco che la tavola già si illumina con lo straordinario olio extravergine di oliva prodotto con la sigla dell’azienda agricola Parature. L’olio si chiama Cassiopea ed è un blend della pregiata ma rara oliva autoctona chiamata Crasta, unita ad altre cultivar locali: al naso si avverte il pomodoro, mentre al palato la dolcezza muta in un finale piccante, regalando un tocco di mandorla amara.
Provare quest’olio sull’ottimo pane dall’autentico sapore di una volta che ci siamo trovati davanti, già valeva il viaggio, regalando gioia ancestrale.
Autoprodotto il vino della casa, un uvaggio di Nero d’Avola e Cabernet chiamato U.V.A., come l’associazione Unione Volontari Alcolizzati creata da Carollo quale baluardo di resistenza umana per condividere con calma “le delizie e la grazia del bere bene”: mentre il naso si inebria di liquirizia e pepe, l’ingresso in bocca è setoso, il sorso seducente e l’acidità così sensibile da rendere avvincente la beva.
Visto che il raccolto del giorno che abbiamo trovato è stato a dir poco entusiasmante, d’obbligo una degustazione di funghi freschi.
Ci siamo ritrovati insieme nel piatto il Porcino nero, l’ovulo…
… quindi la Russula virescens con le sue particolari sfumature cromatiche, tutto a crudo, per rendere nella loro essenza note linfatiche ed essenza della terra.
Primo piatto caldo ad arrivare, i Funghi gratinati, con ricotta, verdure di campo e caciocavallo affumicato, golosissimi, con quel formaggio sciolto che cala sulla composizione.
Ghiotto con il suo involucro croccante lo Sformatino di funghi e patate con vellutata di ricotta e tartufo, in cui il fungo ipogeo è rigorosamente locale nonché profumatissimo.
Si scatta in piedi per un applauso per le clamorose Bruschette con uova di quaglia e tartufo nero siciliano, in cui il pane tostato esalta le già potenti caratteristiche organolettiche degli ingredienti.
Superlativi i funghi scottati in padella con olio e basilico, grazie anche alla freschezza della materia prima.
Autentica prodezza culinaria all’insegna della sapienza che attinge alla semplicità è il Cartoccio di funghi con pecorino, cotto con la Carta Fata che resiste alle alte temperature preservando le caratteristiche degli alimenti.
Tra i primi imperdibili, un autentico manifesto di cultura contadina, la Pasta con tenerumi, patate, zucchine e con una rarissima e molto antica perla identitaria delle Madonie come la ricotta salata di Basilisco: quest’ultima è una pianta selvatica (Cachrys ferulacea) alla quale vengono maritate delle erbe che, brucate dagli animali al pascolo, conferiscono aromi particolari al latte, trasferendoli anche ai prodotti caseari che ne derivano.
Ma se volete impazzire, allora provate gli incredibili Spaghetti cacio, pepe e funghi di bosco: sapidi, cremosi, sono una bomba di sconvolgente bontà, anche grazie all’apporto della rustica concretezza della pasta di grano antico Timilìa dal caratteristico colore bruno.
Uno dei primi piatti più buoni mai provati.
Anche i secondi dispensano meraviglie, come l’iconico Filetto di maialino in crosta di manna, mandorle e pistacchi, con la sua complessità che mette insieme la consistenza croccante con quella tenera, la componente animale con quella vegetale, in un caleidoscopio sensoriale.
La presenza della manna non è casuale, dato che questa linfa cristallizzata estratta dalla pianta di Frassino ormai si produce soltanto qui a Castelbuono e nella confinante Pollina, dove è testimonianza di una pratica millenaria.
Non ci si può accomiatare dalla tavola senza avere omaggiato la Testa di Turco, dolce tradizionale di Castelbuono, una crema agrumata caratterizzata dalla presenza della cannella e dalla tempesta di codine di zucchero in superficie.
C’è tutta la dolcezza della Sicilia, senza risultare stucchevole.
Abbiamo riunito tale tripudio di squisitezze nel video qui sotto che raccoglie le immagini scattate tra un piatto e l’altro.
E’ evidente che dietro un simile progetto che è prima di tutto culturale ci debba essere una competenza enorme, grande quanto l’amore per il territorio. Soltanto una conoscenza enciclopedica di ogni angolo delle Madonie può condurre infatti alla creazione di un menu capace di tradursi metaforicamente in trattato geo-gastronomico edibile, in cui a ogni piatto corrisponde idealmente un capitolo.
Colpiti da tanta maestosità gnoseologica, abbiamo voluto saperne di più su motivazioni ideali e applicazioni pragmatiche dal titolare Giuseppe Carollo che ci ha risposto nel video sottostante.
Info: http://www.hostarianangalarruni.it/