Cittadella della Cultura di Lendinara (RO), il Sapere dai libri ai musei
Il piacere della complessità intelligente, dell’avvincente stratificazione culturale, dell’ipnotica contaminazione gnoseologica: la Cittadella della Cultura ha creato a Lendinara, in provincia di Rovigo, una concreta applicazione di un rinnovato e moderno eclettismo del Sapere.
A guidarci in questo reticolo di suggestioni intellettuali è il brillante e competentissimo Nicola Gasparetto, dal 2015 coordinatore e responsabile scientifico dei servizi bibliotecari, archivistici e degli allestimenti museali della Cittadella della Cultura di Lendinara.
E’ lui, con motivato orgoglio, a spiegarci che “la Cittadella della Cultura di Lendinara, sede di conservazione e divulgazione di un ragguardevole patrimonio culturale, è oggi un modello di istituto che si muove contestualmente sul fronte bibliotecario, archivistico e museale sperimentandone le reciproche integrazioni nelle proprie attività di ricerca e valorizzazione”.
Ci prepariamo allora ad attivare le sinapsi al loro meglio, perché la mente in questo luogo riceve suggestioni di ogni tipo, dal piacere dello sguardo allo stimolo mnemonico, dall’impulso emotivo alla speculazione introspettiva, grazie a un mirabile intreccio di erudizione e Memoria, Storia e “maraviglia” mariniana.
Un reticolo di sensazioni che si apre già con l’impatto visivo con la sede della Cittadella, il cinquecentesco palazzo Malmignati-Conti-Boldrin, la cui ieratica fissità geometrica è mossa dall’improvviso ondulare architettonico di una trifora sulla facciata, cui risponde il pronunciamento vezzoso di un elegante balcone.
Soluzioni che annunciano la serena raffinatezza che troveremo anche all’interno.
La prima area ad accoglierci è la biblioteca, “istituita nel 1787 e fra le più antiche del Polesine” ci ricorda Gasparetto, la quale “ha rinnovato dal 2015 l’organizzazione dei suoi servizi offrendo l’apertura quotidiana al pubblico delle sale al piano terra del palazzo”.
“Dallo stesso anno ha preso avvio un programma di valorizzazione, tramite visite tematiche, dei suoi più antichi fondi librari (che partono dagli incunaboli quattrocenteschi per approdare alle preziose edizioni veneziane del Settecento) conservati in ambienti ribattezzati Sale del Libro Antico”, prosegue Gasparetto, aggiungendo che “nel 2017 ha inoltre ufficializzato l’acquisizione di due importanti lasciti librari: quello legato a Gianfranco Martini che raccoglie pubblicazioni specializzate nei temi della storia del Novecento e nel processo di unificazione europea; il secondo del prof. Pietro Frizziero che offre un ampio ventaglio di testi, alcuni di estrema rarità, inerenti l’arte antica, la linguistica e la storia delle religioni”.
I volumi trasudano una Sapienza immortale impalpabile che si avverte nelle corde dell’interesse cognitivo del singolo visitatore, ma al tempo stesso emanano la tangibilità pedagogica del libro nella propria densità materiale, quella sua essenza cartacea fragile nella consistenza ma resa imperitura dall’infinito amore di chi conserva ogni tomo come parte viva della nostra identità.
E mentre anche le pareti ti parlano, magari attraverso un’antica mappa, ci troviamo a passare in un altro fronte particolarmente ricco, quello archivistico, poiché, come ci informa Gasparetto, l’istituto conserva “la sezione antica dell’Archivio Storico Comunale; il complesso archivistico della famiglia Malmignati (depositato grazie ad un accordo con la Regione Veneto che ne è proprietaria) che vanta pergamene dal XII secolo; l’archivio del critico d’arte Giuseppe Marchiori (1901-1982) con scritti autografi dei maggiori personaggi dell’arte del Novecento; l’archivio fotografico della famiglia Marchiori che raccoglie centinaia di stampe e negativi su lastra di fine Ottocento”.
La tentazione è di spegnere lo smartphone (e con esso il rutilante divenire della meccanica immanenza del quotidiano) e tuffarsi per mesi negli infiniti rivoli di informazioni e dati contenuti nei documenti qui custoditi, alla ricerca magari di quelle storie minime capaci più dei grandi eventi di illuminare il vero senso della vita.
Il tumulto emotivo però esplode quando un sistema di scale ci guida lungo il ventre dell’edificio, facendoci approdare al Museo del Risorgimento Polesano “Alberto Mario e Jessie White”, situato negli ambienti del sottotetto della Cittadella della Cultura.
Qui la suadente capacità divulgativa di Gasparotto si sposta dal territorio della precisione scientifica a un acceso storytelling intriso di epos, come pretende la materia incendiaria dell’esposizione, testamento di tumulti intellettuali innestati nell’irrequietezza sociale di una stagione irripetibile della Passione umana e della tensione ideale.
Si tratta infatti di sale museali “specificatamente dedicate al Risorgimento, con l’esposizione dei cimeli e degli scritti del lendinarese Alberto Mario e della moglie Jessie White che vissero da protagonisti le principali pagine della stagione risorgimentale”.
Le figure dei due eroi civili eccitano l’entusiasmo e annichiliscono l’amor proprio. Da una parte infatti la narrazione delle loro vite avventurose fa sognare come il più evocativo dei romanzi, allacciando il tema dell’amore di coppia a quello dell’amor di patria, legando le istanze private con le più pure e universali rivendicazioni etiche che l’Uomo possa concepire. Dall’altra parte, un giornalista come chi scrive queste righe, si sente piccolo davanti alla dimensione leggendaria della scrittura dei due intrepidi coniugi, la quale giganteggia tra scritti dal soggetto fiammeggiante…
… e affreschi monumentali in presa diretta con un epocale Zeitgeist che si erge a vivida testimonianza di eventi fondativi e drammi di eterna universalità.
L’allestimento vibra anche di altri cimeli ricchi di curiosità aneddotica…
… o di pregnanza locale…
… o ancora di qualche sineddoche dell’inesauribile vocazione umana al conflitto.
A queste sale ne è affiancata una dedicata alla fotografia storica, rappresentata da una selezione dell’archivio della famiglia Marchiori.
Qui l’antica meccanica a vista inocula nel visitatore il romanticismo della dagherrotipia e la nostalgia per l’innocenza della visione, mentre il cultore dell’estetica rimane irretito dalle diafane visioni in negativo…
… e il cuore si intenerisce per le tranche de vie in posa degli scatti cristallizzati della Lendinara di fine ’800, “ritratto di un’epoca dall’archivio fotografico Marchiori”.
Gli spazi museali sono visitabili il sabato mattina, la domenica pomeriggio e, per gruppi e scolaresche, anche in ogni altro giorno su prenotazione.
Per l’immediato futuro invece “si sta delineando un progetto espositivo ed editoriale, il primo di questa nuova stagione degli istituti culturali lendinaresi, dedicato al ruolo avuto dal critico Giuseppe Marchiori nell’aggregare il gruppo artistico conosciuto con il nome di Fronte Nuovo delle Arti, protagonista della Biennale di Venezia del 1948; è in fase di gestazione anche un’azione di riscoperta e valorizzazione del passato medievale di Lendinara, in particolare della sua stagione estense”.
Avendo conosciuto la sincera passione per la cultura autoctona del sindaco di Lendinara, Luigi Viaro, nonché la concreta passione dell’assessore al turismo, sport e pubblica istruzione Francesca Zeggio, c’è da aspettarsi che questi progetti vedranno la luce in tempi congrui e nel migliore dei modi.
In attesa delle novità, nel video che segue abbiamo riassunto gli appunti visivi della nostra visita alla Cittadella della Cultura di Lendinara.
Info: http://www.comune.lendinara.ro.it/biblioteca-informagiovani.html
Realizzato con il sostegno di C.I.F.I.R. – Consorzio Industriale Formazione e Innovazione Rovigo S.c.a.r.l.