I vini piacentini di Torre Fornello che nascono in un patrimonio storico
Non può che accrescere il fascino di un vino, se le sue uve vegetano nel cuore di uno “straordinario patrimonio architettonico, paesaggistico, storico e culturale”, come avviene con Torre Fornello, grande azienda di Ziano Piacentino.
Grande in tutti i sensi, in quanto è la maggiore azienda vitivinicola privata del territorio, ma anche perché depositaria di memorie storiche e beni culturali incastonati tra i vigneti.
Si inizia con la bandiera segnavento in ferro battuto con simboli astrali che campeggia sulla torre di Fornello, forse suggestione alchemica “dei vecchi proprietari, l’antica famiglia Sanseverino, Principi di Napoli”, mentre oggi “è diventata il nostro logo e marchio aziendale”.
Si prosegue con tracce della storia millenaria del posto, i cui primi documenti sono datati anno 1020…
… quindi una “chiesa parrocchiale, originaria del 1600 e tuttora in attività”…
… “le scuderie del 1600, il luogo più dinamico di Torre Fornello”, attualmente “adibite per le mostre e gli eventi ospitati in azienda”…
… e le cantine antiche, anche queste risalenti al XVII secolo, le quali oggi “ospitano le barrique di rovere francese di Allier dove vengono affinati e conservati i vini”, mentre “gli spumanti metodo classico trovano invece le condizioni perfette per diventare prodotti di qualità nelle cantine risalenti al 1400”…
… e ancora un fienile, una villa padronale, un giardino e una tavernetta con soffitti d’epoca “dove hanno luogo le degustazioni, gli incontri e gli eventi”.
Senza dimenticare la Vigna delle arti, serie di progetti che vanno dalla gioielleria all’arte contemporanea, dalla collaborazione con docenti e allievi selezionati dell’Accademia di Belle Arti di Brera al sostegno concreto a favore dei giovani artisti, sempre in dialogo con l’ambiente circostante e la filosofia dell’azienda.
Tutto questo circondato dai vigneti che “raggiungono un totale di 73 ettari, formati da due poderi, uno totalmente a conduzione biologica certificata (La Bernesca)”, in una zona in cui la coltivazione delle vite veniva praticata già in epoca romana.
Qui nascono tanti vini che rendono approfondita e intensa la degustazione.
A partire dalla tipologia dei vini frizzanti, una delle specialità del territorio piacentino, per antica tradizione contadina per fortuna mai abbandonata, anche perché continua tutt’oggi a incontrare il favore tanto degli appassionati quanto dei consumatori.
Merito in primo luogo di un vitigno autoctono a bacca bianca come l’Ortrugo: Torre Fornello ne fa una versione da manuale, un metodo charmat che sprizza freschezza da ogni bollicina, portandosi dietro un corredo aromatico fruttato che si innesta su una riconoscibile salinità, digradando verso sensazioni di frutta secca.
Vanto dei Colli Piacentini, come da nome della Doc, è anche la Malvasia di Candia Aromatica, con i suoi nobilissimi natali greci e un presente sfavillante in questo territorio. La Malvasia Secca Frizzante di Torre Fornello ha intenso bouquet che mischia fiori e frutta passita, presentando un perlage tenue e un’acidità intensa che rende scorrevole la beva. I toni minerali si dipanano sul classico abboccato di queste uve, sciorinando sentori di agrumi, pasticceria e canditi.
Anche i vitigni a bacca nera regalano vini frizzanti di estrema gradevolezza nella produzione di Torre Fornello.
Come il Gutturnio Frizzante, per il 60% Barbera e il 40% Croatina, dal bouquet muschiato con echi ipogei, la cui vivacità non esuberante si evidenzia in un perlage fitto e sottile. In bocca, amarene, visciole e corbezzoli uniti da una buona acidità: beva stuzzicante ma che richiede giusta attenzione.
La Bonarda Frizzante, da uva Croatina in purezza, attinge invece i sentori dal sottobosco, dai frutti rossi come dai fiori, arrotondando un corpo più sostenuto e una densità zuccherina seducente.
Il Gutturnio va provato anche nella versione ferma Superiore, chiamata Sinsäl in onore a un termine dialettale locale che indicava la figura del mediatore commerciale e matrimoniale, nozze che qui avvengono ancora tra il 60% di Barbera e il 40% di Croatina: il profumo è caldo e avvolgente, un abbraccio caloroso di frutti rossi che annuncia un sublime approccio al palato, lieve nell’espressione corporea ma sfavillante negli aromi. Si avvertono litchi, cioccolato bianco e un accenno di cannella, mentre un’acidità sublime tiene lontani i tannini. Beva scorrevolissima, corpo etereo.
Stesso confronto con la versione frizzante va fatto con quella botritizzata di Malvasia di Candia Aromatica, la monumentale Una, con uve biologiche ispessite nel nerbo da tredici mesi trascorsi in barrique, in virtù dei quali il sorso diventa carnoso, per addentare composta di frutta a polpa bianca, impreziosita da un caleidoscopio di sensazioni vegetali e linfatiche. Beva meditativa che induce al godimento lento.
Regala soddisfazioni la linea degli spumanti dell’azienda.
Il capolavoro, anche di originalità, è l’Extra Dry Olubra, metodo classico di insolite uve Marsanne, con un saldo del 10% di Malvasia di Candia Aromatica: il profumo denso e materico suggerisce confetture di frutta a polpa bianca, con il prezioso apporto di un tocco aspro all’ingresso in bocca che stimola la beva. Forte l’afflato aromatico, innervato da frutti tropicali, l’avocado in testa. Affascinante il brillio delle finissime bollicine.
Enrico Primo Chardonnay Brut mantiene le valide premesse dell’efficacia di questo vitigno nella spumantizzazione, passando dalla dolcezza pasticciera alla fragranza dei prodotti da forno, sempre all’insegna di una scintillante freschezza.
Il Pinot Nero Rosè Pas Dosè ha un potentissimo bouquet floreale, mentre titilla il palato con fragoline di bosco, corbezzoli e note erbacee che portano sentori di clorofilla tra le trame zuccherine delicate. Ammalia il suo bel colore rosa antico, allo stesso modo di una beva raffinata e serena, in una freschezza infinita.
Il Pinot Nero è da apprezzare anche nella versione ferma biologica del Nero Lucido, dal profumo caldo, avvolgente, con note di tabacco e di legno. Il tannino si presenta subito prepotente, irretendo con il suo effetto astringente, prima di lasciare esplodere la sua densa complessità sensoriale con cioccolato, amarene sotto spirito, ribes, pepe e spezie. Il sorso è spesso, masticabile, la beve meditativa.
Sul versante dei bianchi invece da citare ancora il Pratobianco, blend di Sauvignon 40%, Malvasia di Candia Aromatica 40% e Chardonnay 20%, intrigante contaminazione di note varietali verdi, erbe officinali, ma anche ananas e papaya. Beva curiosa che spinge alla ricerca di tutte le sfumature sensoriali, per un vino eclettico negli abbinamenti al cibo.
Applauso finale al vino rosso da uve passite Ottavo Giorno, per il 75% Bonarda (Croatina) e il rimanente 15% uva a bacca bianca Verdea botritizzata: la complessa lavorazione mira a creare equilibrio tra le spinte naturalmente abboccate dell’uvaggio, creando una fantasmagoria sensoriale che vola da una curiosa acidità casearia alle sontuosità dell’alta pasticceria, mantenendo sempre sullo sfondo le carezze dei frutti rossi.
Abbiamo chiesto a Enrico Sgorbati, titolare di Torre Fornello, di fare un compendio di questo mondo ricco di tonalità culturali e ludiche: ci ha risposto nel video che segue.
Info: http://www.torrefornello.it/it/
Distribuzione: http://www.propostavini.com/ricerca-prodotti/?q=Torre+Fornello