A Catania i peggiori ristoranti convenzionali: meglio lo street food
Catania ha la peggiore ristorazione convenzionale di tutte le grandi città italiane.
Sempre Catania però vanta la più grande ristorazione diffusa all’aperto di tutta Italia, una cucina popolare completa che si consuma rigorosamente per strada.
Due primati opposti che fanno del maggiore centro etneo uno stimolante coacervo di contraddizioni e grandi scoperte.
Sconcerta inizialmente il primato negativo della ristorazione di tipo consueto, se si considera che si tratta di uno dei maggiori centri di un’isola in cui la cultura gastronomica ha antica tradizione e grande importanza.
Il drammatico crollo della qualità nei ristoranti catanesi si è registrato negli ultimi vent’anni.
La prima causa, l’incremento del turismo di massa che ha (mal) consigliato a diversi ristoratori di rinunciare alla qualità della proposta, per adottare invece la più consueta tecnica di abbordaggio alimentare del visitatore mordi e fuggi: ovvero piatti della generica cucina italiana che si possono trovare ovunque e che tutti conoscono, rinunciando alle pietanze della tradizione, così da attirare clienti incolti e frettolosi senza dovergli dare troppe spiegazioni sulle portate.
Seconda ragione, l’esplosione di una movida in gran parte priva di sostanza culturale, la quale ha inondato di troppi giovani di bocca buona le vie del centro, spingendo i ristoratori a intercettarli con cucine esotiche, preparazioni fighette, modernismi alimentari d’accatto e beceri piatti da fast food, cancellando decenni di consuetudini alimentari.
La terza ragione, forse quella decisiva, l’affermarsi di un circuito vizioso legato alla mera quantità del cibo: molti ristoranti catanesi hanno cominciato ad attirare clienti esagerando con l’imponenza delle porzioni, puntando a riempire le pance degli avventori invece di pensare ad allietarne il palato. Molto, troppo pubblico purtroppo c’è cascato e così è partita la corsa al ribasso della qualità. In tanti ristoranti si è così affermata la consuetudine di proporre antipasti pantagruelici, con oltre dieci portate, puntando a quantità spropositate senza badare alla qualità dei piatti offerti, quasi sempre banali.
Una banalizzazione che ha portato alla semplificazione delle ricette tradizionali quando non al loro abbandono.
Così ci è potuto capitare già anni fa di ordinare una pasta alla norma in un ristorante in pieno centro, nei pressi di piazza Stesicoro, trovandoci però davanti uno scempio: le melanzane tagliate a tocchetti grossi invece che a fette intere sottili come pretende la ricetta originale.
Ovvero lo stesso errore dozzinale commesso in una pubblicazione curata da un personaggio televisivo, Carlo Cracco, dal quale tuttavia non ci si aspetta sensibilità in materia di cibo tradizionale. Quella che si pretenderebbe invece da un ristorante di Catania che propone un baluardo della cucina catanese.
Vogliamo poi parlare di un’altra ricetta locale come la pasta alla catanese? Oggi la migliore la si può mangiare al ristorante Star Rise: peccato che si trovi a Milano… Infatti il suo gestore è emigrato dalla Barriera di Catania cinquant’anni fa, portandosi dietro la memoria di come si faceva una volta quel piatto, riproponendolo con immenso successo esattamente con la ricetta di un tempo. Quella che oggi si fa molta fatica a trovare in un ristorante convenzionale di Catania, soprattutto se la si pretende a regola d’arte.
Ovviamente non tutto è una delusione.
Abbiamo mangiato bene all’osteria Le Tre Bocche, mentre ci ha affascinato la cucina rustica dell’Antica Trattoria La Paglia, nel cuore della pescheria di Catania, con la cuoca verace che ti cucina a vista anche un piatto a rischio di mistificazione come la pasta con i ricci di mare.
Eppure, a leggere commenti on line o ad ascoltare in privato giudizi dei concorrenti, anche questi locali sono bersagliati da critiche di ogni tipo. Come tutti gli altri, del resto. Perché, come se non bastasse la già difficile situazione, abbiamo riscontrato in città tra gli operatori del settore un alto grado di competitività che sfocia nel parlar male dei concorrenti a tutto spiano, senza rendersi conto che in questo modo si nuoce all’intero comparto.
Accuse di scarsa genuinità, sospetti di magheggi alimentari non consentiti, denigrazione gratuita: non ci è ancora capitato a Catania di sentire un ristoratore parlare bene di un collega, o concorrente che dir si voglia, mentre in tutte le altre città siciliane non abbiamo mai riscontrato questo fenomeno, anzi, semmai abbiamo trovato degli osti che ci consigliavano altri ristoranti senza alcuna invidia.
Un’incapacità di fare sistema che rispecchia quella di troppi altri settori a Catania. A perderci, sono gli stessi ristoratori, ma non se ne rendono conto.
Non va meglio con la ristorazione che vorrebbe essere più di lusso.
Al celeberrimo La Sicilia in Bocca ci è capitato di cenare molto bene con la famiglia una sera e poche settimane dopo invece di rimanere molto delusi a pranzo in compagnia di amici forestieri carichi di aspettative, tutti trattati come turisti di cui liberarsi rapidamente.
A conferma del problematico quadro che stiamo delineando, ecco un dato oggettivo. Ce lo fornisce l’unica guida gastronomica sensata pubblicata in Italia, quella delle Osterie d’Italia edita da Slow Food.
Catania, oltre trecentomila abitanti, ha in guida un solo ristorante.
Per fare un confronto, la non distante Palazzolo Acreide in provincia di Siracusa, con soltanto novemila abitanti, ha ben tre locali segnalati! Un confronto umiliante.
Ancora più grave lo smacco per Catania nel confronto con gli altri capoluoghi di provincia siciliani. Drammatica la sconfitta subita dalla rivale Palermo, la quale ha ben otto trattorie segnalate. Sonora disfatta anche con Trapani che vanta sei locali segnalati. Catania è superata anche da Siracusa, con tre osterie in guida, come da Agrigento e Ragusa, con due. Il capoluogo etneo è così fanalino di coda insieme a Caltanissetta, Enna e Messina.
Il confronto è perdente anche nei confronti di tutte le altre grandi città d’Italia: nessun popoloso capoluogo di provincia ha un numero così esiguo di locali segnalati come Catania.
Allora perché gli appassionati continuano a dire che a Catania si fanno grandi esperienze gastronomiche? Grazie a un fenomeno unico in tutta Italia che vede Catania al primo posto assoluto nella Nazione: l’esistenza in città di una sterminata ristorazione diffusa a cielo aperto, in quantità e qualità eccezionali, introvabili in nessun altro luogo di tutta Italia.
Non stiamo parlando di semplice street food, bensì di un’antica e radicata consuetudine culturale, quella di fare pasti completi di ogni tipo sempre e rigorosamente accomodati per strada.
Parliamo della possibilità di godere di pasti come in un ristorante normale, senza stare in piedi o scomodi, bensì seduti a tavola, sia pure alla buona, ma il tutto rigorosamente lungo una via o una stradina, magari su un marciapiede.
Certo, si può fare alla svelta con un pezzo di tavola calda, ma anche godere di interi menu, di carne o di pesce, di ottima qualità. Colpisce che proprio in questa sacca della ristorazione cittadina resistano i piatti tradizionali che invece stanno sparendo nei locali convenzionali.
I ristoranti di Catania hanno molto da imparare da chi serve pasti per strada: basterebbe osservare la quantità di clienti che li affolla, la qualità delle persone che li vanno cercando, la gioia degli appassionati che li provano uno per uno, per rendersi conto di cosa desideri davvero la gente quando cerca il buon cibo.
I ristoratori convenzionali della città dovrebbero anche osservare come gli organi di comunicazione parlino ormai soltanto di questa forma di ristorazione, quando fanno riferimento a Catania, non di quella ingessata in esercizi ormai anonimi.
Questa ristorazione stradale diffusa a Catania è un sincero baluardo dell’identità di una città che farebbe bene a rinunciare a incongrui fighettismi per concentrarsi invece sul suo cuore pulsante, ovvero i quartieri popolari presidiati dalla gente vera, quella che vuol mangiare ancora autenticamente catanese.