A Sorrento, la (vera) bellezza non è ovvia
A Sorrento il rischio dell’ovvio è altissimo. Rischiamo di incapparci tutti.
E’ ovvio che sia una città bellissima.
E’ ovvio che sia un luogo romantico.
E’ ovvio che abbia panorami mozzafiato.
E’ ovvio che non si possa non visitarla almeno una volta nella vita.
E’ ovvio che sia tutto talmente ovvio da sprofondare nell’ovvietà.
L’ovvietà che sembra avere trasformato una città di pescatori e artigiani in buona parte in un divertimentificio per turisti, meglio se danarosi. Mai registrata in un altro centro storico una simile percentuale di esercizi commerciali, una continua area shopping come nemmeno a Venezia.
Con un’attenzione spasmodica verso gli stranieri, perfino da parte delle istituzioni religiose…
… tanto da farci venire in mente la gag di Enrico Montesano in una trasmissione televisiva degli anni ’70 in cui indossava i panni di un’anziana donna inglese in visita in Italia che definiva tutto ossessivamente “molto pittoresco”.
E in effetti Sorrento molto pittoresca lo è, basti pensare di quanti quadri siano protagonisti i suoi scorci.
Un effluvio di bellezza che ha condotto troppi operatori del settore turistico a inseguire il guadagno più facile e immediato, puntando sulle clamorose apparenze, capaci da sole di creare movimento e quindi business.
Tutto lecito, tutto comprensibile. Ovviamente.
Meno ovvio che in tutto ciò si sia privilegiata l’oleografia, a scapito delle vere radici culturali identitarie della città.
Così se cerchi servizi di lusso e attività ludiche le trovi a ogni passo, mentre le opere di intarsio ligneo devi andartele a cercare tra commoventi piccole mostre o coraggiosi musei.
Eppure le tarsìe dovrebbero rappresentare la primissima fonte di notorietà per tutta Sorrento, per la loro storia e soprattutto per l’importanza artistica che rivestono.
Stesso fenomeno per il cibo.
Tutti conoscono e cercano il bar Primavera, perché meta agognata della gente famosa, come dimostrano le pareti interamente tappezzate di foto di vip.
Non pensate che si tratti soltanto di starlette televisive, perché lì in mezzo c’è perfino, pensate un po’, Umberto Eco, proprio lui (!), la massima solenne effigie della cultura italiana, incastonato tra un tronista e una velina, come una Belen qualsiasi.
Perché evidentemente non si può venire a Sorrento senza passare dal bar amato da calciatori, attori e cantanti che ti accoglie con la musica dance trash a palla fin dal mattino.
Nulla di male e nulla da ridire sulla qualità dell’offerta del bar: abbiamo preso la specialità del posto, una buonissima spremuta di limoni che ci hanno detto essere quelli di Sorrento.
Qualcuno del posto ci ha detto che in verità quelli che ci hanno spremuto, così grandi, sarebbero i limoni di Amalfi e non di Sorrento, ma forse sono soltanto sottigliezze.
Rimane il fatto che chiunque sia stato a Sorrento è più facile ti parli di questo bar invece del Bastione di Parsano costruito dai Borboni. Ma forse è ovvio che sia così.
Così come deve essere ovvio vedere i ristoranti dalla bassa offerta turistica stracolmi di avventori, mentre non abbiamo avuto nessun problema a trovare posto in uno dei migliori locali d’Italia, il ReFood. Eppure quest’ultimo è l’unico ad avere in menu i piatti tipici del territorio.
Per lo shopping gastronomico poi è ovvio che tutti si lancino sui babà sotto spirito e i limoncelli industriali, passando indifferenti invece accanto ai Burrini, tipologia di formaggio strettamente locale.
Detto tra noi, i burrini non ci hanno entusiasmato, per l’eccesso di grasso del cuore di burro contenuto da queste provole, ma rappresentano comunque un pezzo della tradizione alimentare sorrentina che andrebbe provato.
Saremo strani, ma, alla fine, le scalette nascoste tra le pieghe verdeggianti della città ci sono apparse ben più suggestive di un porto tempestato da yacht…
… e i segni di antropizzazione delle pareti rocciose ci sono apparsi più pittoreschi dei mega hotel da nababbi.
Se a qualcosa di popolare dobbiamo inchinarci, preferiamo farlo davanti alla villa comunale, intelligentemente dedicata alla gloria locale Salvatore D’Esposito, conosciuto come Salve, il compositore di un classico della canzone napoletana (e quindi mondiale) come Anema e core.
E, sempre ovviamente, il cuore Sorrento lo ha rapito anche a noi, ma lo ha fatto regalandoci vestigia storiche nascoste…
… limoneti in pieno centro cittadino…
… e bellezze delle quali si avverte il fascino anche quando sono chiuse al pubblico, come il Sedil Dominova del XIV secolo.
Un appello accorato ai turisti frettolosi o alla ricerca di solo relax: non trascurate le piccole vere meraviglie di questa città, vi perdereste suggestioni irripetibili. In fondo, se ne può godere anche tra una passeggiata e una sessione di shopping compulsivo.
Consiglio finale: a Sorrento è bello arrivarci dal mare al mattino, con uno dei traghetti che salpano da più parti in Campania (Napoli compresa), mentre è suggestivo lasciarle la città in treno, per comprendere in pieno tutto il mondo che sta intorno a questo luogo.
Un luogo bellissimo, ovviamente…