Abbazia della Ss. Trinità a Venosa (PZ), secolare memoria stratificata
La perfetta esternazione del concetto di sincretismo, dove le memorie si stratificano così come il loro portato religioso, storico, antropologico, accavallando le ere e intrecciando le civiltà: è l’abbazia della Santissima Trinità che rifulge in Venosa, splendido centro in provincia di Potenza, nel nord della Basilicata.
Il Comune, nel dare dettagliate informazioni sul monumento, sottolinea come sia datato al XII secolo il nucleo originale dell’abbazia, la quale si compone di tre parti: “la chiesa antica, fiancheggiata a destra da un corpo di fabbrica avanzato che costituiva un tempo il luogo riservato ad accogliere i pellegrini (foresteria, a piano terra, monastero al piano superiore); la chiesa incompiuta, i cui muri perimetrali si sviluppano dietro la Chiesa antica e in prosecuzione sul medesimo asse; e il Battistero, probabilmente una chiesa paleocristiana con due vasche battesimali, da questa separato da breve spazio”.
E’ proprio il percorso più a ritroso nel tempo a esercitare il fascino maggiore, perché dimostra come tale struttura leghi epoche e popoli in un’unica meraviglia, dato che i primi interventi di costruzione della chiesa antica sono stati “effettuati su un edificio paleocristiano risalente al V – VI secolo”, il quale è stato “a sua volta edificato sulle rovine di un tempio pagano dedicato al dio Imene”. In questo modo se ne fissa la genesi “tra la fine del 900 e gli inizi dell’anno 1000”.
Su muri e pilastri affiorano espressioni artistiche di stupefacente bellezza: si tratta di “affreschi databili tra il XIV e il XVII secolo”, raffiguranti “Madonna con Bambino, Santa Caterina di Alessandria, Niccolò II, Angelo Benedicente, Deposizione”.
Le emozioni proseguono con le antiche tombe ospitate nell’abbazia, come quella marmorea di Aberada, “moglie di Roberto il Guiscardo e madre di Boemondo eroe della prima crociata”, quindi l’altra dei devoti Altavilla, molto legati all’edificio religioso.
La struttura ha muri elevatissimi, i quali spingono a rivolgere lo sguardo verso l’alto, incoraggiato dalle spinte architettoniche acute degli archi, provocando nei visitatori fremiti mistici…
… mentre l’atmosfera umbratile riflessiva viene squarciata da radi lampi di luce che irrompono fasciando di evidenza il fulcro del culto.
L’ordine geometrico delle volute incasella lo sguardo, facendolo correre al seguito di fughe vero un infinito occluso.
I colori vividi delle pitture ne sanciscono la vitalità senza tempo che li rende attuali tanto in superficie che nel messaggio sotteso…
… mentre la prossemica dolente del sacrificio commuove oltre ogni credo…
… e gli sguardi dei ritratti ancora si interrogano sulla direzione da prendere, come se avessero mantenuto immutata la loro inquietudine.
E non è certamente un caso che le basi più antiche si palesino sulla pavimentazione, come a simboleggiare radici sociali…
… mentre andando ancora più a fondo, nella materia come nella metafora, si accede all’ancestrale, avventurandosi nei sotterranei, dove vibrano le vene al solo pensiero della Storia che vi si è compiuta.
Quando, carichi di emozione, ci si lascia alle spalle l’abbazia, lo stupore continua ad assalirti, grazie a una raccolta di materiale lapideo situata nella foresteria…
… disposta al fine di rendere fruibile reperti altrimenti destinati al buio dei depositi, qui invece messi in luce affinché possano essere ammirati dai visitatori ma anche studiati dagli esperti.
Un museo definito “aperto” dove “l’informazione e la ricerca potranno essere integrate nel tempo”.
Vivere l’abbazia, anche per poco, è uno di quegli eventi formativi che segnano la vita, come pochi altri.
Info: https://www.comune.venosa.pz.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/14