Al Museo dei Brettii e degli Enotri tutte le nobilissime radici storiche di Cosenza
Dai probabili più remoti colonizzatori giunti dalla Grecia a un popolo fiero e irrequieto capace pure di grandi slanci artistici, entità entrambe capaci di lasciare memorie imperiture dietro a ogni loro passaggio e di illuminare di interesse i territori attraversati con vestigia di illuminante civiltà: genti dalle vicende millenarie narrate nel prezioso Museo dei Brettii e degli Enotri che nella suggestiva sede del cinquecentesco complesso monumentale di S. Agostino al vertice dell’omonima Salita a Cosenza di fatto narra le nobilissime radici identitarie della città, dimostrando come il suo meraviglioso territorio da sempre sia capace di ammaliare anche intere stirpi, rappresentando atavicamente un luogo ideale in cui insediarsi e vivere.
La struttura si presenta come “un’esposizione archeologica permanente, ma anche un polo culturale che ospita mostre temporanee, concerti e incontri istituzionali”, il cui la collezione proveniente da diverse località della provincia abbraccia un ampio arco cronologico e mostra “resti ossei del Paleolitico superiore delle grotte di Cirella all’oinophoros di età romano-imperiale (III sec. d.C.) proveniente da Cosenza”, ma anche corredi ritrovati nelle necropoli, contenitori in ceramica (scodelle, tazze, olle, askoi, vasi), oggetti bronzei e strumenti di uso comune o bellico o ancora destinato alla caccia (asce, punte di lancia e coltelli).
Tutto per definire soprattutto il racconto dell’affascinante ma “bellicoso popolo brettio, scontratosi dapprima coi Greci stanziati sulle coste, su cui spesso riuscì a prevalere”, il quale “finì in un secondo momento coinvolto nelle guerre fra Roma e gli invasori stranieri della penisola: in ultimo, i Romani prevalsero sui nemici estendendo il proprio dominio a tutto il Sud Italia; a questo punto, anche i Brettii che diverse volte avevano appoggiato i rivali di Roma, persero la propria autonomia” e nel 202 a.C. “Cosenza divenne a tutti gli effetti una città romana”.
Tante le sollecitazioni dello sguardo capaci di emozionare, a partire da quelle raccolte sotto il titolo Dalla pietra al Bronzo con reperti datati intorno all’800 a.C. che testimoniano l’ancestrale ricerca della Bellezza, l’attenzione alla cura del corpo e alla dignità dell’apparire attraverso fibule, bracciali, anelli, pendagli e catenelle scaturiti da raffinata manualità…
… ma è di grande impatto estetico pure la sezione sulla Ceramica d’impasto non dipinta, oggetti funzionali eppure in grado di sedurre lo sguardo con le loro forme realizzate a mano che intersecano spunti geometrici con rotondità dettate dalla fantasia…
… mentre per L’Età arcaica: l’arrivo dei Greci la riproduzione visiva della realtà diviene più stilizzata ed elegantemente evocativa, come nelle figure muliebri dalla postura ieratica ma riccamente adornate da incisioni concentriche…
… fino all’arrivo dei Brettii simboleggiato dalla capacità di accogliere la più elevata arte decorativa dei popoli precedenti…
… ma anche da tracce del loro evolutissimo sistema cantonale…
… testimonianze di quel discrimine di ogni civiltà rappresentato dal modo di interpretare la morte e dalla ritualità con cui celebrare i defunti…
… passando per la monumentalità antropomorfa della scultura mutuata dal rapporto con gli antichi Romani…
… e approdando a corpose raccolte di lucerne…
… e collezioni numismatiche.
Nella sua azione pedagogica il museo non rinuncia all’immediatezza della figurazione cartonata, a partire dall’iconica semplicità tridimensionale del diorama…
… o come quando per I costumi delle ragazze e delle donne ha l’intelligente idea di esporre dei monili applicandoli a disegni di donne, per rendere ancora più chiaro il loro impiego…
… ma l’allestimento conferma la consapevolezza del proprio ruolo didattico inclusivo quando si spinge verso la tecnologia più ricercata, ricorrendo alla navigazione digitale in 3D e quindi all’interattività.
Dal museo spiegano come esso “pur adottando un criterio espositivo tradizionale basato su un ordine cronologico e, nell’ambito di questo, comunque tenendo conto della provenienza dei reperti (criterio topografico), ha inteso rafforzare l’impianto razionale dell’esposizione mediante l’uso di colori e simboli allusivi per le diverse fasi storiche testimoniate dai reperti, secondo una scala cromatica naturale che dall’arancio termina al rosso”.
Interessante infine la scoperta di una (ulteriore) peculiarità della splendida Cosenza, la sua ricchezza di archeologia urbana, assodata da anni di scavi nel cuore dell’ordito cittadino che hanno interessato diverse aree.
Ai pregi del museo va aggiunta l’illuminata direzione negli ultimi anni da parte dell’archeologa Maria Cerzoso che alla competenza ha associato una coinvolgente ed empatica energia divulgativa, rendendo vivace e vitale perfino la quotidianità della struttura, ponendola al centro della vita culturale locale e rendendola elemento precipuo d’attrazione non soltanto del turismo culturale ma anche di quello di passaggio, affermando una volta di più la densità di proposte intellettuali di Cosenza, faro di eccellenze non soltanto per la Calabria ma per il Paese intero.
Info: https://www.museodeibrettiiedeglienotri.it/