Al Museo dei Grandi Fiumi a Rovigo scorre la pedagogia avvincente
Lungo i fiumi sono germogliate le grandi civiltà, tanto che la loro portata idrica è concreta metafora dell’evoluzione umana, avendone rappresentato l’humus non soltanto agricolo ma anche culturale, sostenendo la nostra specie tanto nel nutrimento del corpo quanto dell’intelletto.
Per questo lo studio dei corsi fluviali coincide con quello delle tappe fondamentali del progresso antropologico, come dimostra vividamente il Museo dei Grandi Fiumi che dispensa nozioni ed emozioni in piazza S. Bartolomeo 18 a Rovigo.
Missione dichiarata del museo è di esporre e valorizzare “il patrimonio archeologico, culturale, ambientale del Polesine, terra connotata dai maggiori fiumi italiani, il Po e l’Adige”, attraverso criteri innovativi nella concezione e nell’allestimento: “fedeli riproduzioni con cui interagire, ambientazioni scenografiche, installazioni multimediali, diorami e plastici accompagnano i visitatori fra le vetrine con i reperti originali dal II millennio a.C. alle soglie dell’età moderna”.
Di grande pregio anche la sede del museo, ospitato dal “complesso architettonico costituito dalla Chiesa e dal Monastero Olivetano di San Bartolomeo” che “ha origine nel XIII secolo, ma è nei secoli XVI e XVII che raggiunge il periodo di massima floridezza con l’estensione di corpi di fabbrica articolati attorno a due chiostri e a due cortili”.
Appartiene dal 1844 al comune di Rovigo che lo ha destinato nel corso del tempo a opere assistenziali e qualche breve esperienza museale di altra natura, prima di ricevere nel 2001 l’allestimento del Museo dei Grandi Fiumi.
Cinque i periodi storici che si dipanano lungo il percorso espositivo, suddivisi nelle sezioni Età del Bronzo, del Ferro, Romana, Medievale e Rinascimentale, presentando “le conoscenze archeologiche sul Polesine anche attraverso continui richiami alle coeve realtà insediative italiane ed europee”.
L’età del Bronzo viene rappresentata attraverso “panoramiche storiche, culturali e commerciali dell’Europa protostorica”, ben visualizzate attraverso un grande pannello luminoso che in maniera induttiva permette di cogliere la mappatura di movimenti e insediamenti che hanno caratterizzato questo periodo, sempre lungo la direttrice delle vie fluviali.
Nelle teche fanno bella mostra di sé i reperti di questa affascinante era, come quelli dell’insediamento palafitticolo di Canàr di Castelnovo Bariano, oggetti di vita quotidiana dalle linee essenziali come la loro funzionalità.
Mentre si lambiscono reminiscenze del “villaggio arginato di Larda di Gavello e, in particolare, con l’abitato e le necropoli di Frattesina di Fratta Polesine”, con la presenza di un iconico cavallino fittile…
… ci si irretisce davanti alla malinconica ambientazione della pira, in cui lo sguardo puntato verso il basso di una fanciulla si inscrive in una smorfia contratta dal dolore interiore, riuscendo perfettamente a cristallizzare la sofferenza di una perdita irrimediabile, colta nell’ultimo atto del suo divenire terreno, prima di farsi irascibile fuoco fatuo nello straziante rito della cremazione.
La vita che va avanti riprende vigore con gli artigiani del villaggio, uno anziano e l’altro ancora fanciullo, come alfa e omega della scansione generazionale, in una società interamente dedita al lavoro, unica àncora di salvezza nella spietata lotta per la sopravvivenza.
Chiusura lirica con la capanna di Frattesina, in cui i personaggi, questa volta tutti al femminile, non come stereotipo ma quale fedele trasposizione delle regole familiari di allora, si ritrovano nelle quiete domestica, con un’adulta che sembra guardare con preoccupazione al domani e una bambina che negli occhi ha invece lo stupore per il futuro, ma sono due sguardi che non si incontrano, forse metafora degli scatti irruenti dell’evoluzione umana in epoca così remota.
L’età del Ferro “esamina il vivace processo sociale ed economico dei secoli VI e V a.C. con la presenza etrusca nell’entroterra di Adria, testimoniata principalmente dall’insediamento rurale di San Cassiano di Crespino e dalla necropoli di Balone presso Rovigo”.
Molto elegante la figura della donna etrusca, colta nella sua eleganza ma anche in un gesto di misurata civetteria che sembra prodromica del culto della bellezza da lì a venire.
Una vanità che sfiorisce davanti alla cupa messa in scena del mito di Caronte, gibbuto come è inevitabile per chi porta in groppa il peso dell’incessante trapasso degli umani, con il volto celato dalle ombre che inghiottiranno i morituri nell’esalazione del loro ultimo rantolo vitale.
L’età Romana “presenta il quadro dell’antropizzazione del Polesine durante l’epoca romana, tra il II secolo a.C. e il II secolo d.C., illustrando la graduale espansione dell’Impero e l’esportazione nei territori conquistati dei modelli culturali, sociali ed economici dell’Urbe”.
E’ la sezione in cui “il visitatore ha la possibilità di entrare nella ricostruzione di una villa rustica che si ispira alla documentazione emersa dallo scavo archeologico condotto a Chiunsano nei pressi di Gaiba”.
Qui l’allestimento fa un salto in avanti in termini di complessità, poiché fa interagire reperti archeologici originali, ricostruzioni scenografiche e vivide pitture, un intreccio di linguaggi che esalta l’esperienza dell’osservatore, soprattutto quando la rievocazione storica si fa tridimensionale, come nella riproduzione del sistema di riscaldamento dell’edificio.
Non meno d’impatto il ponte che campeggia prospetticamente al culmine del corridoio dell’età romana.
Nell’area del Medioevo “ricostruzioni e audiovisivi ridanno vita alle testimonianze archeologiche del Polesine dall’età tardoantica agli inizi del XV secolo, mettendo in luce l’importanza strategica di questo territorio conteso”.
Monumentale il portale che segna l’ingresso a questa sezione, quasi una parete attrezzata che sostiene squarci di architetture e memorie simboliche.
E’ l’ambito in cui “i peculiari aspetti della vita quotidiana e gli avvenimenti di interesse locale, tra cui la nascita dei centri fortificati con l’esempio del castello di Rovigo, sono delineati sullo sfondo delle complesse dinamiche insediative, religiose e politiche e delle più rilevanti manifestazioni culturali e artistiche della storia europea”, come l’accostamento della musica all’Abbazia di Pomposa.
Il Rinascimento è al centro dell’ala museale più recente, in cui la narrazione parte dagli “sconvolgimenti idrografici medievali” per poi rivolgersi alla rinascita del territorio “con nuovi assetti politici”, fino alla “definizione del paesaggio attuale attraverso le opere di bonifica idraulica di Estensi e Veneziani”.
Tra video, pannelli esplicativi e modelli in scala, conquistano l’attenzione le vetrine in cui rifulgono “esempi delle ceramiche da mensa e da cucina delle botteghe artigianali di Rovigo e provincia”.
Nella pagina web a esso dedicato (http://www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito-MiBAC/Luogo/MibacUnif/Luoghi-della-Cultura/visualizza_asset.html?id=155650&pagename=57), il Ministero per i beni e le attività culturali ribadisce che l’aspetto innovativo del museo risiede nelle “avanzate tecnologie utilizzate per la comunicazione delle informazioni agli utenti: alla tradizionale sequenza di vetrine e reperti si affiancano, infatti, ricostruzioni virtuali e installazioni multimediali, ambientazioni scenografiche, diorami e plastici che accompagnano il visitatore in un viaggio immaginario attraverso le tappe fondamentali della sua storia”.
In effetti l’esposizione infonde la sensazione di una sorta di wunderkammer che però al sensazionalismo barocco sostituisce l’impeto pedagogico, rendendo avvincente gli stimoli storici e scientifici che offre con grande generosità.
Una divulgazione enciclopedica che mette insieme la paleontologia, come nella raccolta di fossili anche di provenienza straniera…
… e il racconto di peculiarità identitarie, come il ricordo del tempo in cui il Delta del Po era parte fondamentale della “via dell’ambra”…
… senza trascurare opportuni memento mori nelle inevitabili apparizioni scheletriche…
… ardite imprese ricostruttive attente alla scala e alle proporzioni…
… la riscoperta degli antichi mestieri con il loro corredo di sapienza e attrezzi per applicarla…
… insieme ad auspicabili fulminee basiche lezioni d’arte.
Nel video che segue, una sintesi per immagini della nostra visita al museo.
Info: http://comune.rovigo.it/web/rovigo/vivere/museo-grandi-fiumi
Realizzato con il sostegno di C.I.F.I.R. – Consorzio Industriale Formazione e Innovazione Rovigo S.c.a.r.l.