Al Museo Etnoantropologico di Savoca (ME), un’esposizione “proverbiale”
Un’esposizione (anche) da leggere: sono proverbi, massime, modi di dire, espressioni dialettali, indovinelli, battute gergali, poesie popolari e scaglie di cultura orale a contrassegnare il percorso di visita del Museo Storico Etnoantropologico di Savoca, in provincia di Messina, in via San Michele, creando un’originale suggestione semantica che si intreccia con quella visiva di efficace impatto emotivo.
L’esposizione lessicale consiste in una serie di frasi riportate da scritte applicate ai margini dei rustici banchi in legno che sorreggono i reperti in mostra.
Incorniciandoli graficamente, le parole danno agli oggetti esposti un senso più profondo, insufflandogli un’anima ancestrale ed elevandone il senso da reperto inanimato a viva testimonianza del genius loci.
Perché dietro a ogni frase c’è l’antichissima saggezza popolare sedimentata da secoli di osservazione empirica delle dinamiche sociali che sfociano in estreme sintesi apodittiche: come definire altrimenti scudisciate come “l’omini rricchi su’ tutti pricchi” (“i ricchi sono tutti tirchi”)?
Oggi magari qualcuno li classificherebbe quali luoghi comuni, ma a renderli comuni è stato proprio il lungo tragitto del loro vivo mantenimento nella memoria, l’incessabile tramandarli che li ha fissati nel patrimonio di una comunità, tanto da renderli punti fermi, lezioni di vita che soltanto l’evoluzione dei costumi sancirà essere scontati.
Ma rivisti e soprattutto riletti oggi, con occhi liberi dal pregiudizio culturale verso un passato senza pretese intellettuali, questi testi vergati in dialetto siciliano stretto parlano direttamente al nostro cuore, facendoci immaginare un tempo antropologico più ingenuo ma anche estremamente più umano.
Senza tralasciare il divertimento assicurato da alcuni idilli vernacolari che non temono l’essere arditi..
… e l’irresistibile gioco degli indovinelli che ti inchioda a leggerli tutti voracemente, con un inevitabile sorriso affiorante sul volto del visitatore.
Questo criterio di guida espositiva viene premiato dal vivo interesse evidente in chi gode della visita al museo, il quale viene come risucchiato dal flusso della scrittura, vivendo un’esperienza piena ed emozionante.
Merito anche della capacità di racchiudere in una sorta di quadro tridimensionale concetti molto complessi: basti vedere il modo in cui è messo in scena “u malocchiu” (il malocchio), attraverso il necessario per scacciarlo, giusto un piatto, un cucchiaio e qualche simbolo apotropaico, un’essenzialità che lascia lavorare l’immaginazione, suggerendo alla mente quanta credenza popolare, ma anche sofferenza e speranza, ci fossero dietro quella pratica oggi tutt’altro che scomparsa.
Il materiale esposto è così chiaro nella sua valenza evocativa da non fare sentire l’esigenza di lunghe spiegazioni, tanto che non si sente affatto l’assenza di pannelli descrittivi, perfettamente sostituiti da brevi schede tecniche poste accanto ad alcuni oggetti.
Anche se spesso basta la denominazione dell’oggetto a fare comprendere la sua funzione, come si trattasse di una sorta di onomatopea di senso.
In questo modo ci si trova a vivere i due distinti piani di esposizione che intendono narrare “la cultura popolare e la storia locale”, come si legge sul sito del Comune di Savoca, in cui si racconta che tutto ebbe inizio nel 1984, con una mostra sulla civiltà contadina “che, arricchita nel tempo, divenne permanente”, fino a sfociare in museo nel 2001, ubicato nel centro storico di questo splendido borgo giustamente annoverato tra i più belli d’Italia.
Sul sito si spiega che al primo piano “sono riprodotti alcuni cicli del mondo contadino (panificazione, misure, il boscaiolo, la filanda, ecc.)”, con la possibilità di “ascoltare testimonianze e canzoni locali che si usavano cantare durante i lavori agricoli e la notte di San Giovanni, registrate parecchi decenni fa nel circondario di Savoca”.
Al Secondo Piano invece “viene proposta la storia locale a partire dal tardo medioevo con la creazione di ambienti particolari e con l’esposizione di preziosi manoscritti, ritratti, costumi, mappe e stemmi araldici”, compresa una sezione che “tratta le famiglie notabili di Savoca” e la rappresentazione dei cicli “dedicati alla storia della scuola e della scrittura”.
Colpisce la stanza che informa della centrale idroelettrica Alcantara operativa già nel 1908…
… fanno riflettere gli strumenti tecnologici del recentissimo passato divenuti in fretta archeologia industriale…
… immancabile un angolo dedicato al cinema, visto che proprio qui a Savoca sono state girate alcune scene del film Il Padrino di Francis Ford Coppola…
… irretiscono le vecchie foto che raccontano gli abitanti del luogo di un tempo…
… e crea estremo interesse la parte documentale.
Nel video che segue, abbiamo raccolto le immagini più significative di questo imperdibile museo siciliano.
Info: http://www.comunesavoca.gov.it/