Al Ristorante President di Pompei, il gusto di conciliare gli opposti
Arredi da locale chic, servizio da stellato, ma ricerca delle materie prime da osteria del territorio: forse nessun ristorante in Italia riesce come il President di Pompei a far convivere estremi inconciliabili.
Riesce nell’impresa di farsi amare tanto dalle guide snob quanto da Slow Food, nella cui guida alle Osterie è stato sorprendentemente inserito. Una presenza che si può spiegare con una parte della sterminata proposta del locale, quella rivolta alla tradizione e alla ricerca di sapori e profumi territoriali.
Due le linee della cucina.
Da una parte un menu mutevole che può cambiare improvvisamente ogni giorno, seguendo estro e umori del titolare Paolo Gramaglia: basta che si alzi al mattino con un’idea in testa o una sfida da lanciare a qualche ospite ed ecco spuntare piatti nuovi di zecca creati in giornata.
L’altra linea è quella dei menu speciali, Serate a Tema dai titoli evocativi e dal forte impianto culturale: La Cena dell’Amore che svela “la storia e i segreti dei cibi afrodisiaci, la loro reale o supposta influenza sul vostro eros, ed i personaggi storici che ne hanno fatto un’arte”; A Cena con gli Dei, “viaggio nel mito enogastronomico” durante il quale “prendere con un pizzico di fantasia l’abbinamento tra cibo, vino ed il mito greco”; A Cena con gli Antichi Pompeiani, una tradizione del President iniziata nel 1974, basata sulle “tradizioni e gli usi alimentari degli antichi Pompeiani, le ricette tipiche del tempo e tanti altri aneddoti e riferimenti bibliografici per approfondire la materia”.
Quindi ancora A Cena con i Fiori, La Cucina nell’Azzurro del Mare: Procida – Profumi e Sapori, La Cucina Povera Napoletana, A Cena con le Repubbliche Marinare, A Cena con i Luciani, A Cena nella Storia di Napoli, A Cena con i Moschettieri d’Italia: I Formaggi.
Ecco in cosa ci siamo imbattuti il giorno in cui abbiamo provato la cucina di Gramaglia.
Siamo stati accolti da uno strepitoso grissino dal sapido retrogusto di Cipolla Ramata di Montore, “varietà autoctona della pianura del Montorese, comune di confine tra la provincia di Avellino e la provincia di Salerno”, “dal sapore dolce e aromatico” (www.cipollaramatadimontoro.it).
Accanto, uno dei celeberrimi pani di Pompei che Gramaglia ha lungamento studiato affiancandosi agli archeologi della Soprintendenza: si tratta del primarius panis, per gli antichi un pan bianco da fior di farina che qui rivive come focaccia dall’ottima fragranza, testimonianza di quanto fosse sviluppata l’arte bianca nel centro vesuviano già duemila anni fa.
Sarà seguito dal panis secundarius, prodotto con farina integrale di farro: conquista con una sapidità nascosta che emerge in un secondo momento.
Accanto al pane, una terrina contenente burro di latte nobile, “prodotto da bovini, bufalini, ovini, caprini, equini il cui sistema di allevamento rispetta le regole stabilite dal disciplinare” (www.lattenobile.it): norme tese a creare “un latte d’altri tempi”, in cui aroma e gusto seguono la natura e mutano con essa, seguendo le stagioni e l’amore degli allevatori.
Nel burro che se ne ricava, la materia grassa muta prodigiosamente in soave dolcezza.
In tavola fa capolino un olio extra vergine di oliva Terre del Casale, dalla cultivar Pisciottana, autoctona del basso Cilento, con una piccola percentuale di Rondinella: dolce e grasso, ha un finale leggermente piccante, per gustare il quale è meglio l’utilizzo a crudo.
Arriva un pacchero fritto che echeggia la pasta al forno alla napoletana, concentrandone al suo interno tutti gli ingredienti canonici: sfizioso, da mangiare in un sol boccone.
Il Cerchio Perfetto è il nome che Laila Buondonno ha dato a una creazione del marito Paolo in cui intorno a freschissimo pesce crudo danzano pomodori di Sorrento allo zenzero e granelli di sale, il tutto umettato da acqua di cetriolo di sorprendente bontà.
Ecco quindi la provocazione del giorno, una capasanta adagiata su salsa di mango e crema di cocco, delizia scaturita dal desiderio di schernire bonariamente un critico.
Il tonno in tempura si fa notare per il corredo di salsa di prugne e le strepitose erbe spontanee del Vesuvio.
I molluschi sono parte della cucina tradizionale napoletana. Nel capoluogo si privilegiano le maruzze, mentre Gramaglia punta sugli scungilli (in italiano sconcigli o murice), molluschi amati già dagli antichi Romani, anche perché vi si può ricavare la porpora. Lo chef li infila in una trama di spaghetti trafilati al bronzo, insaporiti da aglio e olio: un eccellente gioco di consistenze baciato dalla sincerità del mare.
Chiude una spigola del Cilento delicatissima che profuma come appena pescata.
E’ la conferma della mano sicura e delicata di Marco Caputi che cura i fornelli sotto la direzione di Gramaglia.
Ai vini intanto ha pensato Laila Buondonno con la sua competente sensibilità.
Ci ha proposto le bollicine di un Dorè Lacryma Christi, frutto dell’unione di Coda di Volpe e Falanghina: al naso crosta di pane, mentre l’ingresso è potente ma di grande equilibrio.
E’ seguito un Lacryma Christi bianco, questa volta fermo, nella versione di Casa Setaro, dai sentori di cantalupo su una mineralità provocante, dal carattere netto e bouquet floreale che fa pensare alla ginestra.
Ma la carta dei vini è piena di perle territoriali.
Tra una portata e un calice, l’istrionico Paolo Gramaglia si esibisce in racconti divertenti dai perfetti tempi teatrali, manifestando una capacità di comunicatore pari a quella di ristoratore: lo abbiamo intervistato a fine serata.
Info: www.ristorantepresident.it