Albino Armani, dagli archeovini indigeni al biodinamico
Albino Armani è un uomo di infinità sensibilità. Gli si illuminano gli occhi quando ti parla degli sforzi che fa per tutelare l’ambiente in cui vive e lavora, per coltivare viti sane secondo natura e fare vini sinceri.
La sua famiglia coltiva le viti dal 1607, come testimonia un documento notarile custodito nell’Archivio Storico di Trento.
Tutto è iniziato nella Valle dell’Adige, ma dopo quattrocento anni di storia Armani ha esteso le ramificazioni dell’azienda e oggi suoi vigneti si trovano anche in territori che vanno dalla Valpolicella alla Vallagarina trentina, dalla Marca Trevigiana alla Grave friulana.
In tutti questi appezzamenti di terreno la filosofia è sempre la stessa: ridurre al minimo l’intervento della chimica e portare al massimo il rispetto della biodiversità.
Culmine di questa filosofia, la creazione di una Conservatoria, un piccolo vigneto diventato “il luogo della memoria viticola della nostra terra”, in cui “sono allevate con cura 13 varietà di vite in via di estinzione che fino a qualche decennio fa costituivano per buona parte il patrimonio viticolo della Vallagarina”. Fra queste la Nera dei Baisi, misterioso vitigno autoctono ancora in fase di studio, da cui viene fuori un vino rustico e primitivo ma al tempo stesso di appagante freschezza beverina. Gli altri archeovini portano i nomi di Peverella, Vernazza, Turca, Negrara, Corbina, Corbinella.
Le produzioni di Armani sono divise in quattro tipologie: varietali, autoctoni, biologici, spumanti.
Sotto la voce varietali sono raccolti vitigni internazionali (Chardonnay, Gewurztraminer, Muller Thurgau, Pinot grigio, Sauvignon, Cabernet, Traminer, Cabernet Sauvignon, Merlot, Pinot nero) e i classici blend della zona come Valpolicella e Lugana.
Gli autoctoni sono Refosco, Recioto, Teroldego, Friulano, Amarone, Ripasso, classici che l’azienda tratta come tali, con rispetto e dedizione.
I vini biologici e gli spumanti sono invece gli ambiti in cui si afferma la concretizzazione più radicale dell’Armani-pensiero.
Quelli che si trovano sotto l’egida di Casa Belfi sono infatti rigorosamente biologici, ispirati alla biodinamica di Steiner.
Ecco dunque le espressioni più estreme del Prosecco presenti in commercio, ricche di sentori di terra e radici, materici e densi: sono contrassegnate dalla dicitura Colfòndo, grazie alla quale si comprende cosa siano davvero i lieviti indigeni e il loro apporto sensoriale, per non parlare delle emozioni argillose della versione in Anfora.
Eccellenti anche le rigorose bollicine autenticamente di montagna, Trento Doc di asciutta e fruttata lunga persistenza.
Tutto è chiaro, di questo mondo vitato, quando, girando una bottiglia di Albino Armani, trovi delle righe autografe in cui si legge di “400 anni nella vigna e una passione infinita per il vino: questa la storia della mia famiglia, fatta di luoghi antichi e di uomini che da sempre presidiano la loro terra”.
Andate a trovare Albino nella tenuta di Dolcè, in provincia di Verona: gli farà piacere. E ne farà anche a voi.