Alimentazione e funzione sociale, legame tutt’altro che scontato
Il cibo non ha avuto in passato (e questo è vero ancora oggi) solo una funzione di esibizione del potere e delle differenze sociali; tutti gli aspetti che riguardano questo importante componente della vita umana hanno assunto nel corso dei secoli numerosi significati religiosi, politici, economici e, non da ultimo sociali.
In virtù di ciò, anche il modo di alimentarsi è stato da sempre legato alla società. Mangiare tanto anzi è stato fin dai primi secoli del Medioevo un mezzo per mostrare prestigio e nobiltà, prerogative legate quasi indissolubilmente all’uomo guerriero dotato di caratteristiche quasi sovrumane che lo ponevano ad un livello superiore rispetto agli altri membri della società. Una concezione tutta nordica, estranea ai modelli culturali mediterranei che pur vedevano nella pinguedine un modello forte e vigoroso di salute, contrariamente a quello che oggi erroneamente si pensa utilizzando come modello esemplificativo un famoso detto romano “Mens sana in corpore sano” (Giovenale, Satire, X, 356); una concezione che durerà secoli, fino al Novecento (in forme e modi diversi, chiaramente).
Al lato opposto si poneva indubbiamente la fame, compagna fedele dei ceti bassi e delle loro scarse possibilità di alimentarsi. Modi di mangiare e cucinare strettamente collegati non solo a quello che il territorio poteva offrire, ma anche a carestie, epidemie, guerre, sventure sociali. In questo sistema assai complesso appaiono indubbiamente paradossali le affermazioni fatte, e ripetute nel corso dei secoli, non solo da intellettuali ma anche da uomini di scienza: l’indigestione non fa male al povero, anzi, a lui parrà di aver meno fame. Una logica bizzarra che nel tempo ha giustificato il consumo di alimenti posti ai margini della gerarchia dei prodotti commestibili o della scala sociale ad essi associata; non solo quindi durante il Medioevo ma anche, per esempio, nel trattato sulle pratiche agricole scritto nel 1778 da Giovanni Battarra in cui l’autore si sofferma a spiegare come possa essere impiegato un nuovo prodotto vegetale utile a sfamare i poveri e i contadini: la patata, precisando che la possibile indigestione dovuta al suo consumo non potava che giovare allo stomaco di quelle persone.
Un altro modo di alimentarsi particolarmente significativo è quello fortemente controllato, legato nel corso del tempo a due categorie sociali assai diverse: i monaci e gli intellettuali. Dei primi sono noti i regimi rigorosi di alimentazione volti ad impedire lo sviluppo o l’aumento degli aspetti negativi legati al consumo di particolari cibi. Motivazioni simili anche per gli intellettuali, moltissimi furono gli esempi di epoche assai diverse di diete di letterati, musicisti, pittori, estremamente rigide e contenute, volte a mantenere una mente concentrata sul lavoro cerebrale che, sebbene non richiedesse un dispendio energetico considerevole, poteva essere minato dal consumo di determinati cibi o da un’alimentazione eccessiva.
Ho esplorato alcuni dei numerosi aspetti riguardanti il modo di alimentarsi e la funzione sociale che esso ha assunto nel tempo. Indubbiamente questi aspetti sono presenti e vivi anche oggi in modi diversi ed hanno differenti effetti sull’essere umano. L’industria alimentare e il marketing di settore, le mode, i problemi legati alla psicologia dell’alimentazione, rivestono in questo senso un ruolo molto importante. Sarà necessaria a tal proposito un’analisi successiva più approfondita.