Amarano, nettari dall’Irpinia dalle uve Aglianico al vino Taurasi
Il cuore dell’Irpinia, le terre di Zeus: sono i primi due elementi identitari che si incontrano entrando in contatto con il modo in cui la cantina Amarano si propone all’esterno, facendo così intendere immediatamente l’amore radicato per il territorio di appartenenza e la profonda sensibilità per il valore storico e culturale del vino, con un doveroso ma non scontato tributo al Mito come metafora della civiltà mediterranea e all’insegnamento imperituro dell’Antica Grecia in ogni ambito dello scibile e del vivibile.
Suggestioni potenti come i vini monumentali da uve Aglianico di questa azienda vitivinicola che si trova a Montemarano, in provincia di Avellino, in quella citata Irpinia che da sempre è terra vocata alla coltivazione della vite.
Nettari la cui perentoria perfezione classica sembra provenire dagli stilemi di bellezza dello scultore Fidia, in entrambi casi capolavori senza tempo carichi di sinuose armonie e fascino assoluto.
La vetta espressiva esemplare è il Taurasi Principe Lagonessa, uno di quei vini così importanti che ogni uscita annuale diventa attesa cadenza per gli appassionati. Ogni annata infatti porta con sé i segni della stagione, come si conviene a un vino che nasce e si sviluppa in armonia con la natura da cui scaturisce.
Come quell’annata 2012 da cui siamo partiti, sintetizzata dai produttori con la sentenza “poco vino, ma di ottima qualità”, spiegandone la cause: “l’inverno è stato freddo, piovoso e caratterizzato da forti nevicate, un andamento meteo che ha consentito di accumulare riserve idriche importanti sia per i terreni che per le falde”, seguito da “un’estate calda e poco piovosa, anche se le provvidenziali precipitazioni di luglio hanno evitato lo stress idrico delle viti”, con escursioni termiche di circa 15 °C “che hanno corroborato le piante, creando le migliori condizioni per un’annata di qualità”.
Nel bicchiere tutto ciò si è tradotto in un caldo bouquet ricco di spezie, elegante e carezzevole, con un approccio al palato che denota subito l’intensità alcolica, accompagnata da un tocco abboccato immerso in uno zampillante spirito zuccherino che trasmette fragoline di bosco, cacao ed echi di papaya e susine.
Depositario di una buona acidità, tiene a bada i tannini, rilucendo di una irresistibile evoluzione nel corso della degustazione, seducendo il palato e portandolo in visibilio.
La scansione delle annate, se da un lato conferma descrittori e caratteri peculiari, dall’altro regala sfumature e variazioni sul tema. Se si compie il percorso a ritroso, è evidente l’opera di condensazione del tempo che rende questi vini sempre più solidi e di vivido spessore.
Si prenda ad esempio la vendemmia 2009 arrivata al culmine di un anno solare iniziato “con un mese di gennaio freddo, senza eccessi ma molto piovoso”, un febbraio “ancora più freddo” per effetto della tramontana e di qualche nevicata, passando a una primavera “all’insegna della variabilità più estrema”, fino alle ondate di caldo estive e alle giornate autunnali più umide e piovose.
Le note di degustazione della cantina parlano di “vino elegante, tannino setoso molto presente ma di trama fine e avvolgente”, con “grande equilibrio”, esprimendo “naso complesso, amarena, liquirizia, noce moscata, pepe, cannella”, un vino che “con il tempo acquisisce note balsamiche menta, lavanda, the verde”.
Da incorniciare la vendemmia 2006, “calda, capricciosa, eterogenea”, in grado di generare i migliori vini “potenti e nervosi, da aspettare”.
Lo sviluppo climatico ha registrato un “inverno freddo, senza eccessi ma piovoso, primavera fresca e umida, avvio delle fasi vegetative nella norma, inizio d’estate caldo e asciutto, con picchi di calura a metà giugno, nella seconda parte di luglio e inizio agosto, seconda metà di agosto più irregolare e piovosa, con alcune grandinate e giornate afose che si alternano a pomeriggi più freschi e umidi, settembre tendenzialmente caldo e asciutto, con qualche giorno di pioggia residuo nella seconda parte ed escursioni termiche più contenute del solito, ottobre mite ed asciutto, con ottime escursioni termiche”.
Ciò ha portato a una raccolta dell’Aglianico “estremamente dilatata, tra la prima decade di ottobre e la metà di novembre”, portando a un “millesimo estremamente eterogeneo”. Una “annata da cru e vignerons, con grande riconoscibilità delle sottozone ed estrema variabilità espressiva”.
Il test interno parla di “buon equilibrio, succoso (l’acidità dà succosità), non è carico, non ha concentrazione, naso complesso, amarena, liquirizia noce moscata, pepe, cannella”.
Altra espressione dell’Aglianico in purezza della cantina è il Campi Taurasini Irpinia Malambruno, vinificato in acciaio inox a temperatura controllata e affinato “12 mesi in botte di rovere, 12 mesi in bottiglia”.
Al naso si presenta con profumi di muschio e pepe nero, mentre in bocca è subito protagonista l’acidità che rende agile la beva tra ciliegia, gelso bianco e susina.
La gentilezza del tocco si traduce in soave scorrevolezza, conferendo grande raffinatezza.
Una vinificazione meno imperiosa del vitigno che comunque con l’incedere dell’ossigenazione ispessisce il sorso, tirando fuori una bella verve zuccherina.
Una qualità elevatissima, merito del lavoro appassionatamente consapevole di questa cantina a conduzione famigliare nata nel 2004, le cui vigne “si estendono su una superficie di 7 ettari a 500 mt sul livello del mare, su dolci colline, di fronte allo splendido borgo di Castelfranci, un magico paesino che fa da sfondo a queste generose colline coltivate a vigneti da quattro generazioni”.
Nel video sottostante, immagini di tale eccellente cantina.
Info: http://www.amarano.it/
Distribuzione: http://www.propostavini.com/ricerca-prodotti/?q=amarano