Ancient Aperitif, la cucina dell’antica Roma torna in tavola al Celio
Dalla cucina romana alla cucina degli antichi Romani: è questo il viaggio gastronomico a ritroso proposto dall’iniziativa chiamata Ancient Aperitif. Si accredita come “l’unico aperitivo antico in un sito archeologico originale: l’unico a Roma, in Italia e probabilmente nel mondo”.
Ideato e gestito dalla Cooperativa Spazio Libero, questo “aperitivo archeologico” arriva al termine di “un viaggio attraverso le stanze di un’antica dimora patrizia del III secolo d.C.”, quando “il proprietario dell’antica Domus avrà già imbandito le tavole e sarete pronti a partecipare a quello che i Romani chiamavano comissatio, cioè un aperitivo a base di ricette romane risalenti a 2000 anni fa (ma ancora molto buone!)”.
Si tiene nelle Case Romane del Celio, in Clivo di Scauro, vicino Villa Celimontana, a ridosso di piazza SS. Giovanni e Paolo: è un appuntamento settimanale, per adesso, fissato per ogni venerdì, a partire dal tardo pomeriggio. Visto il successo dell’iniziativa, è raccomandabile la prenotazione (www.aperitivoarcheologico.it).
La chiamano “esperienza di archeologia sperimentale”, dietro la quale “si cela l’accurato lavoro di un’equipe di archeologi e cuochi per realizzare quello che è a tutti gli effetti un progetto di archeologia sperimentale applicata alla cucina. Infatti le ricette che assaggerete non sono inventate, ma tratte da fonti antiche: Apicio, Catone, Columella, cuochi o scrittori che hanno lasciato pagine di arte culinaria in latino tra il I secolo a.C. e il IV secolo d.C.”.
Si tratta di “ricostruire il gusto degli antichi romani in maniera scientifica”, “partendo dalle fonti scritte in latino e lavorando sulla proporzione degli ingredienti, sul reperimento di spezie ormai totalmente in disuso e sull’armonizzazione dei sapori e degli odori”. Ovviamente con qualche aggiustamento organolettico, perché i piatti di allora avevano sapori forti che in qualche caso striderebbero con il gusto odierno.
E’ così che al termine di una visita guidata delle Case Romane del Celio ci si trova davanti a un aperitivo romano antico “stile happy hour”, visto che ci si serve al tavolo. La spiegazione degli antichi cibi è a cura di “archeologi-gastronomi”.
Ecco le pietanze proposte.
Il Moretum, formaggio spalmabile alle erbe, insaporito con prezzemolo e coriandolo, ma soprattutto con una buona dose di aglio che ne caratterizza nettamente il gusto. Come da tradizione, viene servito su tranci di pane.
L’Epityrum, salsa di olive del periodo della Roma imperiale, realizzata con olive denocciolate, olio, finocchio, aceto, sale, coriandolo: non è lontanissima dall’odierno paté di olive taggiasche.
Il Garum è la preparazione più ostica tra quelle proposte: qui ricavata da colatura di alici e salsa di soia, in realtà in origine era è una salsa liquida di interiora di pesce lasciate macerare a lungo, quindi aggiunta a tanti piatti indiscriminatamente. Plinio nel Naturalis Historia la definisce “il marcio di materie in putrefazione”, tanto che ancora oggi ci si interroga su come potesse essere davvero piacevole al palato tale preparazione, la quale ai nostri occhi odierni potrebbe apparire disgustosa.
Il Pullus Numidicus è pollo arrosto condito con miele, aceto, pepe, cumino, coriandolo e salsa di frutta: spiazzante, ma potrebbe avere successo riproposta oggi.
La Puls Apiciana è una pietanza dai connotati ancora da definire: un antenato del pane che attraversa culture e popoli, presentando quindi significative variazioni da una civiltà all’altra. Simile a una poltiglia di cereali, qui l’hanno proposta secondo una ricetta a base di farro, condita con olio, pepe, finocchio, vino, garum, carne porcina. Molto saziante, si può accompagnare quasi con tutti i piatti. Ricetta siglata da Marco Gavio Apicio, vissuto dal 25 a.C. al 37 d.C., a cui viene attribuita la più importante fonte letteraria giunta fino a noi sulla cucina degli antichi Romani, il De Re Coquinaria.
L’Aliter Patinam, invece è una frittata arricchita da lattuga, coriandolo e pepe, molto attuale.
L’Aliter Cicera è una ricetta di ceci tratta anche questa dal De Re Coquinaria di Apicio: “li gusterai fritti nell’aceto di garum e nel pepe; Alternativamente […] una volta cotti, dopo esserti procurato il seme del finocchio verde […] servili con pepe, salsa di pesce e mosto di vino come condimento”. Squisiti.
Il Savillum, è definito come “torta dolce al formaggio” dall’Accademia Italiana di Gastronomia Storica, mentre per l’Academia Barilla è “una specie di focaccia a base di formaggio e miele che assomiglia, nella preparazione, alle Seadas sarde”: qui viene proposta una versione di Catone che prevede l’impiego di farina, uova, ricotta, miele e papavero.
Chiudiamo con il Mulsum, “vino trattato alla maniera romana”, quindi arricchito con il miele, come da testimonianza di Petronio nel Satyricum. Per certi versi, non è distante da certi passiti odierni.
Si capisce perché nella presentazione gli organizzatori parlano di stanze millenarie in cui si avverte “l’odore del cumino, del papavero, delle spezie venute dall’oriente”: se si fosse trattato di una degustazione alla cieca, avremmo creduto di trovarci a una degustazione di piatti della cucina del Nordafrica o in altri casi dello Sri Lanka, per le diverse assonanze con culture gastronomiche le cui pietanze sono speziate e spesso declinate in agrodolce.
Un modo per sancire anche in tavola l’espansione militare di Roma antica.
Ecco come viene presentata la degustazione dall’archeologo gastronomo Ciro Marra, tra le menti dell’iniziativa.
Info: www.aperitivoarcheologico.it