Arancini del traghetto Caronte (Sicilia-Calabria): sono buoni o terribili?
Sono un mito antropologico gli arancini che vengono serviti sul traghetto Caronte che collega la Sicilia e la Calabria. Il tratto tra Messina e Villa San Giovanni è breve, il viaggio dura dunque poco, eppure ogni volta si assiste sempre puntualmente all’assalto del bar, come se ci si dovesse accaparrare scorte di viveri per una lunga traversata atlantica.
L’aspetto più stupefacente è però che questa ressa si scateni principalmente per gli arancini venduti dal bar che si trova a bordo.
Meritano tanta passione questi arancini? C’è chi li considera buoni, anzi buonissimi, decantandoli sul web e sui social. E c’è chi invece, come noi, li trova terribili.
Per nostra esperienza, si tratta dei peggiori arancini che ci sia mai capitato di mangiare, con un insieme di difetti ineguagliabile.
Fuori, sono molto unti, tanto che i tovaglioli non impediscono all’olio della frittura di insozzare le mani dell’avventore. Un pessimo segno che indica una frittura fatta male.
Dentro, sono ancora peggio: il riso è talmente scotto da diventare una poltiglia che inquieta già allo sguardo, mentre al palato è collosa, tanto da appiccicarsi ai denti a ogni morso. Nel poco condimento, spicca l’eccessiva acidità del sugo, capace di disturbare all’istante.
Risultato, quelle volte che abbiamo provato a mangiarli, pur faticando e impegnandoci, non siamo mai riusciti ad arrivare alla fine, a causa di un totale rifiuto del corpo e del senso del gusto.
Davanti a questo disastro gastronomico, ci si chiede perché tanta gente si precipiti a consumarli. Come può un prodotto di tale bassa qualità incontrare il gusto popolare? Davvero è soltanto una questione riconducibile all’abusata formula latina “de gustibus non disputandum est”? Oppure è un allarme su un mutato senso del gusto?
La cultura alimentare sembra diffusamente in crescita, quindi si dovrebbe almeno riuscire a riconoscere un cibo immangiabile: oppure il massiccio consumo di prodotti gastronomici industriali ha alterato la capacità di discernere le qualità organolettiche di un cibo?
Sconcerta ancora di più leggere qui e là perfino vari encomi di questi arancini, sebbene bilanciati da qualche denuncia sparsa, come quella di qualche anno fa che urlava su Foursquare “da catanese, state alla larga dagli arancini, fanno schifo!!! Mangiateli ovunque ma non sui traghetti!!”, mentre su Ciao.it si parla di prodotti alimentari “tutt’altro che commestibili” e di “insulto di arancino siciliano” e ancora su WalkMarker un viaggiatore rivela: “ho mangiato un arancino di riso ho dovuto buttarlo!!!”.
Bisogna purtroppo riportare la sconsolante verità che in Rete sono molti di più i commenti positivi e perfino entusiastici a favore di questi arancini: l’unica spiegazione è che possa trattarsi di turisti che non hanno mai messo piede in Sicilia fino a quel momento e quindi non hanno ancora provato il vero sapore di un arancino fatto bene.
Sul sito di satira Il Buddace invece, pur nell’ambito di un racconto ironico apparso qualche anno fa, c’è scappata una frase rivolta alla produzione degli arancini della Caronte che potrebbe essere presa sul serio: “non importa se la fa tizio o la fa caio, l’importante è che sia fatta bene”.
E’ proprio questo che ci si chiede: l’armatore in questione, non potrebbe intervenire, cambiando fornitore? Qualunque rosticceria di Messina e dintorni sarebbe in grado di produrre arancini più dignitosi, quindi, perché non chiedere ad altri il prodotto? Sarebbe un segno di rispetto doveroso verso i viaggiatori e ancor di più nei confronti dell’eccellente tradizione gastronomica siciliana.