Armani/Silos a Milano, museo dello stile dal granaio della memoria di Giorgio Armani
Un autentico contributo di stile all’apparentemente lontano mondo della museologia, sancendo definitivamente l’ingresso della straordinarietà del mondo reale nell’ambito dei più vivi soggetti espositivi: l’Armani/Silos a Milano mette in mostra la profondità dell’introspezione mutata in azione d’eccellenza di Giorgio Armani, capace come pochi di cogliere l’essenza di uno Zeitgeist sempre più iper-cinetico e a tratti rutilante per ricucirlo addosso a ogni interprete del suo Tempo, fissando l’attimo nell’incrocio di un taglio alla materia dei sogni ricomposta formalmente per farsi simbolo di ogni era fluttuante.
Era proprio necessario il museo di Armani per sprigionare l’energia implosa della cultura che ancora non si arrende alle mutazioni evidenti, in cui la casa di moda per antonomasia dimostra con l’evidenza delle argomentazioni tangibili la credibile e potente influenza della propria Weltanschauung nella definizione del mondo che viviamo.
Come spesso accade nella creazione di un museo d’impresa, la spinta alla sua fondazione è arrivata da un anniversario importante, la celebrazione dei quaranta anni di attività che Giorgio Armani ha tradotto il 30 aprile 2015 nell’Armani/Silos, nuovo spazio espositivo ma soprattutto il suo luogo dell’anima realizzato in accordo e con il patrocinio del Comune di Milano.
Una data di inaugurazione non casuale, dato che è coincisa con l’inaugurazione di Expo Milano 2015 che ha visto proprio Armani in veste di Special Ambassador per la Moda.
Nelle intenzioni del fondatore il Silos è uno spazio vivo e aperto “che illustra l’esperienza professionale di Giorgio Armani, svelando un patrimonio ricco di competenze uniche, uno spazio in cui progettare il futuro, vetrina dei nuovi orientamenti e stili di vita, capace di cogliere l’evolversi dei tempi e il mutare delle culture”.
Di enorme valore simbolico la sua collocazione, poiché in via Bergognone 40 a Milano che oggi ospita la struttura espositiva un tempo c’era invece un deposito di granaglie, concreta metafora di ciò che alimenta la vita comune, con la quale Armani ha colto una corrispondenza di intenti, poiché “come il cibo anche il vestire serve per vivere”. Tutt’altro che un arretramento populista, bensì un’avanzata e modernissima visione della cultura materiale come vertice della catena gnoseologica, spinta al riconoscimento culturale di ogni espressione del quotidiano, in un ribaltamento socio-antropologico che sta finalmente abbattendo le polverose congetture del passato, passando dal regime dell’Umanesimo alla libertà dell’Uomo di scegliere come farsi rappresentare nella sua essenza umana oltre che intellettuale.
Giorgio Armani con la sua sensibilità lo ha capito benissimo e si è preso la responsabilità di affermare una volta per tutto l’elevato valore di rappresentanza della moda anche sul piano del Pensiero, riempiendo di istanze non soltanto strutturali ma anche concettuali l’edificio costruito nel 1950 che a seguito dell’intervento di ristrutturazione si sviluppa su quattro livelli, con una superficie di circa 4.500 metri quadrati disseminata di stimoli visivi, richiami alla memoria, spinte alle riflessione.
Un luogo di meditazione ludica e profonda al tempo stesso dunque, in cui l’austera semplificazione geometrica di un’architettura industriale funzionale si sposa con la ricerca personale del visitatore che si muove in un ambiente sobrio e monumentale al tempo stesso “seguendo la regola dell’ordine e del rigore”, giungendo a una razionalità controcorrente fortemente voluta da Armani.
Tuttavia il suo genio non lascia l’ingegneria priva di significante, così sottolinea la somiglianza della struttura composta da vuoti e pieni a “un alveare, metafora di laboriosità – rafforzando l’identificazione tra il nuovo spazio espositivo e il dinamismo creativo di Giorgio Armani e la sua filosofia estetica che ricerca l’essenzialità liberando da orpelli e, in generale, da elementi superflui”, mentre nello “schema distributivo a basilica” il grande foro nel cuore dell’edificio consente di intrecciare il procedere dell’altezza e il dono della vertigine, ma anche la virtù dello sguardo di violare l’ovvietà ottusa della parete e di lanciare così lo sguardo oltre il pensabile, in un continuo rimando dialogico tra un angolo espositivo e l’altro.
La mostra permanente “si sviluppa su tre piani e si articola su tre percorsi narrativi che ripercorrono il lavoro creativo dello stilista dal 1980 a oggi, con una selezione di circa 400 abiti e 200 accessori”.
In questa organizzazione al primo piano con la sezione Androgino si sottolinea come Armani in anticipo sui tempi abbia percepito l’avvento della fluidità sessuale e superato ante-litteram qualsiasi steccato.
Anche l’ambito di Etnie ricorda la pionieristica attrazione verso “culture e paesi lontani che hanno acceso l’immaginazione dello stilista”, abbattendo il concetto di confine geografico per intere generazioni.
Nel settore Stars invece ci viene ricordato “il profondo legame di Giorgio Armani con il mondo del cinema e dello spettacolo facendo rivivere la magia delle notti hollywoodiane”.
Qui ogni abito è frutto di una scelta ponderata che fa di esso una cristallizzazione dell’hic et nunc, in quanto testimonianza di un preciso lasso di tempo che quel vestito ha interpretato ma anche segnato da protagonista attivo.
A ogni abito, la sua luce, un riflettore puntato su esso in tutti i sensi, definendone anche luministicamente l’unicità.
Da una stanza all’altra percepiamo così l’influenza di Armani sulla cultura moderna, a partire dal suo intervento nella settima arte che ha condotto il cinema a passare da una generica considerazione dei costumi di scena alla creazione ad hoc di uno stile nell’abbigliamento che in ogni film si ponesse alla pari con quello delle inquadrature del regista. Ma ha anche insegnato a Hollywood l’importanza del ben presentarsi a una cerimonia degli Oscar.
A ogni passo si avverte chiaramente come ciascuna creazione del Maestro non abbia subito affatto il livore del tempo, raggiungendo quello status di immortalità che il poeta latino Orazio definiva aere perennius, una forza evocativa più duratura del bronzo un tempo appannaggio soltanto della poesia, della letteratura, dell’arte figurativa e della creatività immortale.
All’ultimo piano l’esternazione del più nobile degli intenti assunti da Armani con questa struttura, ovvero la filantropica creazione di un archivio digitale che “raccoglie schizzi, disegni tecnici esemplificativi e materiale relativo alle collezioni prêt-à-porter e di alta moda Giorgio Armani Privé” dedicato ai ricercatori e agli appassionati “che desiderano approfondire il lavoro e l’universo stilistico di Giorgio Armani”, il quale per grande liberalità del fondatore “è consultabile gratuitamente e si avvale di un sistema di catalogazione sviluppato appositamente per Armani/Silos: workstation, tavoli touchscreen e un’area proiezioni sono gli strumenti messi a disposizione del pubblico per la consultazione e lo studio”.
Info: https://www.armanisilos.com/it/