Arriva il Rosso di Calabria, 350 vitigni dalla storia
Riemersa. Dalla sua lunga storia, da una biodiversità unica ed estrema, il frazionamento dei territori, la mancanza di un vino dominante da comunicare, a parte il Cirò.
A Vinitaly Rosso di Calabria è stato uno dei brand più apprezzati proprio perché scoperta assoluta. Enotria, luogo del vino ancor prima dei Greci, che dà lì si è diffuso nel Mediterraneo e in Europa. Vino rosso e rosato, ma le vigne vecchie avevano anche filari a bacca bianca, vinificati in uvaggio, adesso valorizzati in purezza.
L’enologo Gennaro Convertini racconta di “350 ecotipi autoctoni, di cui stiamo studiando sinonimie e omonimie, perché impiantati per seme, non per talee, e questo poteva modificare il Dna della vite”.
Passato il periodo in cui si privilegiavano la quantità e il prezzo producendo vino di casa e da taglio, l’abbandono delle coltivazioni più alte e difficili con gli incentivi europei, il dopo etanolo con i vitigni internazionali, oggi abbiamo alcune certezze: qualità e valorizzazione degli autoctoni in un territorio bellissimo di collina affacciata sul mare, alta collina, altipiano e montagna, ventoso e fresco sui due versanti, tirrenico e ionico, da viticultura eroica”.
I vitigni più importanti a bacca rossa sono il Gaglioppo di Cirò, che ha acidità, complessità e un elegante colore granato (ottimo anche il rosato).
Il Magliocco Dolce e il Magliocco Canino fra Cosenza e Lamezia, più potente ed austero, da invecchiamento.
Il Calabrese o Nero d’Avola nella zona di Reggio, con Nerello Mascalese e Cappuccio (l’Etna è di fronte). Il Greco Nero, gregario perfetto. Il Castiglione, la Lacrima (Gaglioppo) e la Guarnaccia Nera. Le uve a bacca bianca, molto interessanti, vanno dal Greco Bianco (di Bianco) al Mantonico Bianco (ottime bollicine e passiti), Pecorello, Guarnaccia Bianca e una Malvasia Bianca che ricorda quella delle Lipari. La meraviglia del Moscato di Saracena, 15 per cento di Moscatello, Guarnaccia e Malvasia Biana (con il mosto bollito) e il Passito di Greco di Bianco a di Casignana. Dove si fa, nelle due piccole comunità, da sempre in casa. Un’enologia antica e giovane, in progress.
Tratto dal quotidiano Il Giorno del 16 aprile 2016