Se artigianale è autocertificazione per i più furbi
Ricetta tradizionale milanese, prodotto artigianale. Devo a Domenico Liggeri e alla sua inchiesta sui migliori panettoni italiani, la conferma di quel che ho sempre saputo. La nostra battaglia per un prodotto artigianale, anche quando si fanno i grandi numeri, è il caso di Fiasconaro (basta provare il King o i 3 e 5 chili), non deve coprire i panificatori e i pasticceri che espongono l’autocertificazione, senza controllo alcuno, di ricetta originale milanese, ma comprano un prodotto fatto da altri.
Quindi, fidatevi dei nostri consigli e diffidate: non sempre artigianale è sinonimo di sincerità e qualità.
Fidatevi del vostro palato ma leggete attentamente la tracciabilità della materia prima.
Il panificatore Massimo Grazioli di Legnano usa l’uva australiana, anche Nicola Fiasconaro mi ha detto che è la migliore (come il burro della Nuova Zelanda), ma i numeri impongono scelte diverse. Infatti sta studiando di impiantarla in Sicilia.
Il mio panettiere, per esempio, va tre giorni nel laboratorio di un pasticcere di fiducia e lo aiuta: i tempi collimano.
Per farvi un piccolo archivio del gusto, vi suggerisco Fiasconaro al Carlyle Corner di Garibaldi, Grazioli e Longoni, oltre a Teresio Busnelli.
La differenza sta nei dettagli: la piccola produzione di miele dell’ape nera sicula, per esempio, in alternativa a quello di Zafferana Etnea, nel King di Fiasconaro.
Lavorano bene anche i ragazzi di Pavè in Casati, a Porta Venezia. Soprattutto il dolce da ricorrenza milanese è diventato patrimonio anche della gente del Sud che qui è venuta per lavorare o imparare. Più piemontese, veneto o mediterraneo. Spesso buonissimo.
Tratto dal quotidiano Il Giorno del 20 dicembre 2014.