Il nuovo bel Museo della Bufala e della Mozzarella a Battipaglia (SA)
E’ il museo del cibo italiano più credibile ed emozionante, in cui il prodotto narrato si trova dove davvero storicamente veniva realizzato, proposto da un allestimento di altissimo valore antropologico tangibile e inclusivo: è lo straordinario Museo della Bufala e della Mozzarella aperto appena da giugno scorso a Battipaglia in provincia di Salerno, baciato fin da subito dal successo popolare e dal riscontro mediatico.
Non soltanto merito di un alimento così amato come la mozzarella di bufala, ma anche della sua impostazione concettuale che mette insieme rigore scientifico e suggestione empirica, rigorosa documentazione storica e vivide rappresentazioni etniche.
Valori cui aggiungere una collocazione favolosa in mezzo alla natura agricola della Piana del Sele piena di lussureggianti campi coltivati, alberi da frutto, orti e affascinanti canali irrigui che si dipanano intorno alla masseria settecentesca La Morella che ospita il museo “mettendo a disposizione la sua storia ed i suoi locali”.
Una sede perfetta dato che qui per secoli sono state allevate le bufale e ne è stato lavorato il pregiato latte con arcaici strumenti di lavoro che fanno bella mostra di sé nei locali dell’esposizione.
Mente e anima del progetto è Renato De Filitto, finissimo intellettuale da anni impegnato in attività culturali per tutelare e valorizzare le memorie di questi territori con l’Associazione e Fattoria Didattica Feudo Ron Alfrè gestita insieme a Nicoletta De Filitto, con la quale ha svolto per oltre un decennio l’opera di costruzione di relazioni e di raccolta dei materiali come documenti, foto e oggetti che ha condotto alla creazione di questo gioiello presentato come “il primo allestimento museale di carattere demo-etno-antropologico dedicato alla storia della coesistenza dell’uomo con la bufala nella Piana del Sele”.
L’intento è di coinvolgere il visitatore in uno “straordinario viaggio della memoria nella storia del nostro territorio, immergendosi tra attrezzi sorprendenti, ingegnosi strumenti di lavoro, documenti, foto e tanti oggetti della vita quotidiana dei bufalari, contadini, artigiani e massaie che popolavano le nostre terre”.
Si tratta di “400 documenti tra cartografie, contratti, inventari, protocolli notarili dal 1500 al 1950, 150 foto di bufale, bufalare, luoghi, ambienti, scene a partire dal 1890, 600 attrezzi, arredi, strumenti, oggetti dal 1840 al 1990”.
La visita parte con la sede principale dell’esposizione, le Bufalare, di cui nella Piana del Sele ce ne sono ancora nove, tra cui proprio le due della Masseria La Morella: sono i luoghi centrali dell’attività narrata e rapiscono lo sguardo già per la grazia architettonica geometrica che le vuole a pianta circolare o quadrata e di dimensioni ragguardevoli.
Era l’area “dedicata alla lavorazione dei formaggi con tutti gli attrezzi che anticamente servivano per la trasformazione del latte”, in un ambiente intatto in cui “si è cercato di ricostruire fedelmente l’arredo, mostrando gli attrezzi allo stato grezzo, così come sono stati ritrovati”.
Il percorso di visita segue un ordine logico e quindi si pone in parallelo con il “processo di produzione della mozzarella, mostrando gli attrezzi utili alle varie fasi: filtraggio del latte, coagulazione, lavorazione della cagliata, filatura, mozzatura e salatura; tutti tassativamente di legno crivelli, tini, secchi, tavoli spersori, frangicagliata, menacaso, compecine, ruotoli, cuocci” e altro ancora.
Ci sono diversi altri ambienti espositivi, da raggiungere durante un tragitto meraviglioso in mezzo ai campi, calpestando l’erba e la nuda terra.
E’ così che si incontrano l’affumicatoio a fianco alla bufalara, situata all’interno di un vecchio manufatto a forma di pozzo, dove nasceva la provola affumicata, ritenuto “il formaggio a pasta filata più antico realizzato nella zona”…
… o l’officina del buttero, termine che per l’Accademia della Crusca nel 1866 definisce il “guardiano per lo più a cavallo di mandrie di bufali e di cavalli”, nel cui spazio troviamo tutto quello che serviva al suo lavoro: “cappello a falde larghe, pastrano, cosciali in pelle ma soprattutto tutti gli attrezzi tipici del ferracavallo e del sellaro”…
… quindi la galleria, una “superficie espositiva articolata in 20 sezioni, fra foto, documenti e antichi attrezzi originali ben conservati con didascalie multilingue che offrono un quadro completo sui diversi aspetti del mondo della bufala e sulle attrezzature per la trasformazione del suo latte”, con “uno sguardo complessivo su tutti gli argomenti, una lettura trasversale che rende possibile la comprensione della ricchezza e della poliedricità di questo affascinante patrimonio a cavallo tra natura, storia ed arte”.
Qui si comprende l’importanza dei Protocolli Notarili dei vari Archivi di Stato, fonti imprescindibili per “ricostruire molti aspetti legati alle bufale, alla loro storia nel nostro territorio ed ai prodotti derivati dal loro latte”, ricavati da “inventari di beni, atti d’acquisto e vendita di masserie di bufale concessioni di terre a censo o in enfiteusi, vendite di prodotti caseari, vendite di mandrie di bufale con i nomi minuziosamente elencati”.
Ancora due passi più in là ci si dirige in una delle vestigia più incantevoli, l’Antica stalla aperta semicircolare “costruita in forma di tettoia, chiusa sul lato esterno da un muro e sorretta sul lato interno da arcate che permettevano il passaggio degli animali”, lungo il cui bordo superiore si osservano i bloccamuso e anelli di ferro forgiato.
Era destinata ai bufali maschi castrati e ammaestrati “utilizzati per il trasporto dei carri ed il traino degli aratri” essendo “più forti e resistenti dei buoi” nonché “molto più utili nei terreni fangosi per la loro particolarità conformazione delle zampe”.
Evocativa la “foto aerea del 1943 effettuata una settimana prima dello sbarco degli alleati dove con la loro invasione distrussero gran parte della struttura”.
Il percorso si conclude nella Cantina di conserva “parte integrante dell’antico fabbricato e protetta dai raggi del sole da due ambienti sovrastanti (primo piano e sottotetto)”, dove “le particolari condizioni di temperatura, umidità e luce” creavano le condizioni ideali per la stagionatura dei formaggi e la lavorazione del burro”.
L’esperienza continua con tante intelligentissime attività pedagogiche per tutte le età, di altissima importanza cognitiva e sociale, poiché consentono di recuperare pratiche a rischio d’oblio che appartengono alle radici della nostra civiltà.
Si tratta di Laboratori didattici con attività “progettate per rendere disponibile a turisti, docenti e studenti un’offerta culturale in linea con le loro esigenze sia ricreative che formative”.
Come il Laboratorio del latte che “consente al partecipante di immergersi nel mondo del casaro, dove i profumi, la manualità, i colori e i sapori, di proiettarsi nel passato e di essere coinvolto, con l’aiuto dell’operatore, in tutte le fasi della lavorazione” e di quello “dei cesti e delle fuscelle” in cui “intrecciando materiale vegetale vengono realizzati attrezzi e contenitori di vario tipo: con la carice, il vimine e il giunco si impaglia le sedie e le damigiane e si costruiscono cesti, sporte, borse, cappelli, scope”.
Si può anche assistere alla Sgranatura del mais con la quale “le donne intrecciavano le bucce per corde e spago e le arrotolavano in contenitori e stuoie”, ma molti altri erano gli impieghi, come la realizzazione di una bambolina “molto utilizzata come bomboniera”.
Una delle immersioni più profonde nella vera identità del nostro Paese e in quel codice genetico agreste da recuperare e mettere in massimo risalto per il reale progresso intellettuale e comunitario di tutti noi, un obiettivo che questo museo raggiunge senza dimenticare l’urgenza di intrattenere ogni tipo di sensibilità, rappresentando un modello tanto per l’aspetto scientifico quanto per lo storytelling più evoluto e realistico.
Che tale realtà abbia colpito nel segno lo dimostrano le tante richieste di visita che stanno giungendo da tutta Italia, a dimostrazione che l’Italia migliore ha bisogno di simili impulsi per ritrovarsi e condividere le gioie della mente.
Foto tratte dalla pagina Facebook https://www.facebook.com/museodellabufalaedellamozzarella, per gentile concessione del Museo della Bufala e della Mozzarella.
Info: https://www.museodellamozzarella.it/