Cantina I Borboni, dedizione della famiglia Numeroso all’Asprinio
In un comparto enologico in cui si piantano scriteriatamente vitigni internazionali soltanto per fare soldi, non può che commuovere la simbiosi secolare tra una famiglia e il vitigno autoctono simbolo del suo territorio, come accade nel casertano con il rapporto virtuoso ed esclusivo tra i Numeroso e l’Asprinio.
A testimoniare l’importanza di tale vitigno per l’area di appartenenza è perfino il sito ufficiale del comune di riferimento, Aversa, dove si magnifica, condivisibilmente, ogni peculiarità di queste “viti che si arrampicano, maritate al pioppo, verso il cielo fino a raggiungere i 25 metri di altezza, fornendo delle imponenti barriere verdi, cariche di grappoli” (http://www.comune.aversa.ce.it/la-citta/sapori/prodotti-tipici/il-vino-asprino/).
E’ la cosiddetta Alberata Aversana, elogiata anche da Slow Food in quanto “sistema di coltivazione della vite che ha caratterizzato il paesaggio della zona tra Napoli e Caserta, l’agro aversano, per centinaia di anni”, un sostrato storico con aspetti simbolici, dato che la disposizione “spesso segue la centuriazione romana (il sistema con cui organizzavano il territorio agricolo)”, mentre “la tradizione di maritare le viti con i pioppi risale addirittura agli Etruschi” (https://www.fondazioneslowfood.com/it/presidi-slow-food/alberata-aversana/).
Un sistema ingegnoso nato dalla necessità di occupare meno spazio possibile con le viti, per potere sviluppare anche altre produzioni agricole.
Un’imponenza pure visiva che segna fortemente il paesaggio, conferendogli un fascino unico, la quale però richiede al vignaiolo fatica e perizia, poiché “la raccolta si fa esclusivamente con lo scalillo, una scala a pioli lunga, stretta e leggerissima che permette di essere trasportata da un solo uomo (tipicamente si appoggia all’orecchio)”.
Arriva quindi l’ulteriore certificazione che l’Asprinio è l’unico vitigno coltivato in alberata.
E’ lo stesso sistema utilizzato dai Numeroso, un’intera famiglia che da generazioni si dedica alla coltivazione di queste miracolose uve capaci di dare vita a straordinari vini di una rara personalità brillante, un’attività iniziata e proseguita per puro amore di un elemento identitario del proprio territorio.
Il sito web della cantina infatti si apre proprio con una dichiarazione sentimentale: “amo questo asprinio figlio della terra”, vi si legge, aggiungendo la “fatica degli uomini della mia famiglia” e la scelta di ospitare le cantine nella “casa dove sono nato, dove ho imparato a conoscere, a vivere e infine selezionare il gruppo dei migliori”.
Casa di famiglia “edificata su una grotta di tufo nelle viscere del centro storico di Lusciano, pazientemente recuperata secondo gli standard tecnici”, tornata a essere la cantina della famiglia Numeroso che aveva avuto origine già nei primi del Novecento, ovviamente sempre all’insegna dell’Asprinio allevato con il tradizionale sistema ad alberata.
La vicenda di tale azienda familiare vede circa a metà secolo scorso una significativa fase come conferitore della Buton per realizzare vino base dei brandy dell’impresa bolognese, per poi passare a incoraggianti sperimentazioni nella spumantizzazione e alla creazione nel 1982 del marchio I Borboni.
Sono passaggi che hanno rappresentato la salvezza per il vitigno, ad opera soprattutto di Nicola Numeroso che si è impegnato tenacemente nel recupero dell’Asprinio “altrimenti condannato all’estinzione”, portandolo fino al riconoscimento della DOC.
Un’operazione culturale che sfocia pure nel recupero della “vinificazione dell’asprinio nelle grotte, scavate a 13 mt di profondità sotto le dimore padronali”, per “tutelare i legami con la tradizione che l’asprinio esige e che la famiglia non intende negare nonostante la innegabile praticità che gli ampi spazi della campagna consentono ma che modificherebbe i cicli e quindi la tipicità del prodotto”.
L’Asprinio si esalta con le bollicine, da quelle basiche alle più elaborate.
Nella produzione I Borboni, si parte dall’Asprinio Frizzante, con la sua caratteristica chiusura con lo spago: si presenta con profumi di pasticceria e di mandorla, mentre in bocca un’acidità controllata assiste allo sviluppo di pesca nettarina, maracujà, carruba e mango. Beva provocante che cattura.
Il Brut Asprinio I Borboni 8 mesi con metodo Martinotti ha un bouquet che richiama gli alberi in fiore della primavera: al palato l’approccio è sapido, con sentori di ananas e cedro. Bollicina spessa di elevato protagonismo, tale da stimolare la beva. Vino scorrevole ma intenso.
L’Extra Brut Asprinio 15 mesi Millesimato al naso propone purea di frutta a polpa bianca e un tocco di gelsomino, con un sorso denso e molto materico che lascia avvertire bergamotto, yuzu, frutta tropicale, insieme a una nota speziata amaricante. Beva di spessore per uno spumante imponente che afferma con sicurezza la propria importanza.
Imprescindibile però testare le versioni ferme di Asprinio d’Aversa, come il Vite Maritata dagli zampillanti profumi floreali e dalla schioppettante acidità aromatica che suggerisce pesca, limone e mandarino tardivo, vino che seduce a ogni sorso, valorizzando tutte le caratteristiche varietali dell’uva.
Più impostato e meditato il Santa Patena che pur sottolineando i descrittori dell’Asprinio d’Aversa va a ispessire il sorso, traducendo le sensazioni della frutta matura in composte che rivelano maggiormente il sostrato zuccherino dell’uva.
Tra le altre produzioni della cantina, da segnalare il Coda di Volpe Lunajanca che profuma di mela annurca, la quale si ritrova anche nel gusto insieme a pera Williams e una nota di avocado.
E’ fresco e aromatico, dalla personalità netta e con una beva dritta e sicura.
Magnifico a tavola per il suo eclettismo negli abbinamenti.
Abbiamo approfondito il racconto dell’Asprinio e della cantina I Borboni con Nicola Numeroso, nel video sottostante.
Info: http://www.iborboni.it/it2/index.html