Cantine Marisa Cuomo, vini di eroico Furore in Costa d’Amalfi
Gli Eroici Furori nel ’500 erano quelli che animavamo un’omonima opera di Giordano Bruno in cui il filosofo rifletteva sull’Amore e sulla ricerca della conoscenza, sulla contemplazione e sul desiderio, riconducendo tutto alla supremazia della Natura. Mezzo millennio dopo, gli stessi concetti si possono ritrovare in un bicchiere, basta versarvi dentro un vino delle Cantine Marisa Cuomo.
E non soltanto per la fin troppo immediata assonanza semantica con quel Furore inteso come borgo tra i più belli d’Italia incastonato nella Costa d’Amalfi, ma anche per la filosofia dei vitivinicoltori di questa cantina che mettono insieme l’amore per una terra ostica da coltivare con la profonda conoscenza del suo terroir, creando vini da contemplare nel loro fulgore che al tempo stesso scatenano il desiderio di possederli, mentre la Natura troneggia imponendo i suoi ritmi ancestrali.
Le coincidenze letterarie proseguono ancora con il Furore inteso come titolo italiano di un romanzo di John Steinbeck: sbalordisce che il titolo originale dell’opera sia The Grapes of Wrath, il cui significato letterale è I grappoli della furia… ed è ridondante rimembrare agli appassionati che con il termine grape si indica proprio l’uva…
Che ci si appelli dunque alla filosofia, alla poesia, alla letteratura o a qualsiasi altra forma di nobile espressione del Pensiero, il concetto di furore sembra ricondurci ogni volta al vino e al lavoro di Marisa Cuomo e Andrea Ferraioli, il cui eroismo non è stato meno eretico di quello espresso dal citato Giordano Bruno, perché soltanto una lucida visione controcorrente poteva condurre a fare vino in condizioni ambientali difficilissime.
Di viticoltura eroica si deve infatti tecnicamente parlare, visto che la coltivazione delle uve avviene su “fazzoletti di terra miracolosamente strappati alla roccia e coltivati con amore antico, quasi con ostinazione”, magari collocati “sui fianchi della montagna a strapiombo sul mare”, tra “vigne e giardini, terrazzi e pergolati, poggi e tornanti che dirupano a mare”, come descritto dai versi sinuosi di Raffaele Ferraioli, cui Gino Veronelli aggiunge la vertigine precisando che ci troviamo “sulle balze impietose che salgono dal mare splendido della Costiera, su su nell’orrido roccioso detto Gran Furor”.
Dopo tanto incanto, potrebbe apparire quasi una postilla che stiamo parlando della produzione di alcuni dei più grandi vini del mondo. Certamente del più celebrato vino bianco d’Italia, Il Fiorduva. Un vino che ormai scatena il delirio come un tempo accadeva per il nuovo disco di una rockstar e oggi succede ormai soltanto per l’uscita del nuovo iPhone. Blasfemie volute per rendere la metafora dell’attesa spasmodica di ogni nuova edizione di questo vino: nell’ambiente si dice che se si fissa l’inizio della sua vendita il 1° maggio, certamente il 2 maggio sarà già tutto esaurito. Mentre alle fiere i colleghi, in un misto di invidia e ammirazione, quando vedono Ferraioli tirare fuori le sue bottiglie, commentano sorridenti “tanto fra un quarto d’ora te l’avranno finito tutto”.
Ciò rende l’idea del culto conquistato dalla cantina, con vini tratti rigorosamente da vitigni autoctoni, in parte recuperati proprio dalla Marisa Cuomo, senza dimenticare la forte responsabilità sociale dell’azienda, nota per il trattamento equo riservato ai contadini che collaborano con essa.
L’eroismo a cui abbiamo associato il furore risiede nelle accennate difficoltà della coltivazione, ben spiegate dal coltissimo Gianpaolo Girardi che questi nettari li distribuisce con la sua Proposta Vini: “i vini estremi sono vini eroici, figli della fatica, del sudore, della laboriosità dell’uomo; sono prodotti in zone spesso sconosciute, geograficamente impervie, talvolta impossibili e coltivati in minuscoli fazzoletti di terra strappati alla montagna, alle rocce, al mare”, spiega, aggiungendo che il nostro Paese “vanta una miriade di vitigni che sono sopravvissuti alle guerre, alle pestilenze, al flagello della fillossera, vitigni che, grazie alla tenacia e alla passione di alcuni piccoli grandi vignaiuoli, sono stati strappati all’oblio e che ancor oggi sono in grado di regalare ai cultori di Bacco dei vini straordinari”.
Vini come il menzionato Fiorduva, un Furore Bianco da vitigni davvero sconosciuti come Fenile (30%), Ginestra (30%) e Ripoli (40%): al naso è un’osmosi di frutti paradisiaci e fiori di campo, i quali allietano un ingresso al palato ricco di acidità e freschezza aromatica, con intensa mineralità; il sorso è corposo, denso, materico, quasi cremoso, impreziosito da sentori di agrumi canditi e da note balsamiche.
Il lemma Furore denomina anche altri vini.
Il Furore Bianco mette insieme Falanghina (60%) e Biancolella (40%) per esprimere sapidità insieme a nuance amaricanti, mentre sugli aromi di agrumi verdi si poggia un tocco minerale.
Il Furore Rosso, da “Piedirosso (localmente detto pere e’ palummo) 50% e Aglianico 50%”, è una Riserva contrassegnata da un trionfale bouquet di fiori e spezie, mentre al palato si avverte ribes nero: freschezza misurata, acidità soffusa ed elegante.
Anche il toponimo Ravello identifica due vini della cantina.
Il Ravello Bianco, da Falanghina (60%) e Biancolella (40%), a un bouquet intensamente fiorito associa una pari forza in mineralità e acidità, da cui emergono frutta essiccata e grande pulizia del sorso, ben sostenuti da un carattere deciso.
Il Ravello Rosso Riserva, da Piedirosso (70%) e Aglianico (30%), profuma di serenità classica, rivelandosi intenso ed equilibratamente complesso: si annuncia in bocca con note di liquirizia e tannini leggeri ma evidenti, mentre nel finale emerge il fruttato.
Infinite suggestioni che abbiamo chiesto ad Andrea Ferraioli di esprimere davanti alla nostra telecamera: guardate come, durante la video-intervista, serra i pugni quando racconta la sua realtà, testimonianza di fierezza, motivato orgoglio, tigna, volontà, forza, insomma, Passione.
Info: www.marisacuomo.com
Distribuzione: www.propostavini.com