Cantine Monfort, passione, dinamicità e storicità dei vini trentini
Spesse e profonde radici generazionali come giganteggiante archè al principio di una filiera vitivinicola completa in ogni suo aspetto, i cui “valori aggiunti alla produzione” sono monitoraggio del terreno, ricerca scientifica, innovazione tecnologica e produttiva, passione e dedizione, investimenti marketing e sguardo rivolto al futuro: prodigi dell’infografica riuscire a restituire tutti questi concetti in un solo colpo d’occhio, con un’immagine discorsiva presente sul sito aziendale alla quale le Cantine Monfort hanno affidato il compito di sintetizzare la grande complessità intellettuale e la ricchezza materiale nel produrre vino in quel di Lavis, in provincia di Trento.
Il distributore Proposta Vini presenta questa realtà come “la storia della famiglia Simoni, dal 1945”, nella quale “ognuna delle 4 generazioni porta in sé le radici di quella precedente, i valori trasmessi, le esperienze vissute, i progetti condivisi, lo sguardo rivolto al futuro, la capacità di sognare e la voglia di scrivere una nuova pagina della storia di questa azienda fatta di persone dinamiche e motivate, uomini e donne che, nel passato e nel presente, hanno condiviso obiettivi, speranze e risultati”.
In tale contesto nel 1985 Lorenzo Simoni ha creato la linea Casata Monfort, il “marchio dei vini di maggior prestigio” e i Trentodoc ottenuti da una selezione speciale di uve “frutto del profondo legame che ci unisce alla nostra terra”, i quali “esprimono grande personalità, eleganza e carattere” dovuti alla lungimirante attenzione “alle peculiarità del territorio e delle sue varietà”.
La Dinamicità rientra tra i principi fondanti delle Cantine Monfort, in quanto caratteristica insita nelle persone che condividono “obiettivi, speranze e risultati” dell’azienda, insieme alla Passione profusa nell’offrire accoglienza e ospitalità oltre a promuovere iniziative culturali, quindi la Storicità capace di plasmare la tradizione all’insegna dell’attaccamento al Trentino.
A ciò va aggiunta la Varietà, in quanto alla Monfort sono “fortemente convinti che ogni terreno sia unico e peculiare e che la scelta di quale varietà piantare su di esso, sia essa stata fatta in tempi remoti dal contadino o di intesa tra lui e i nostri tecnici, non può che maturare da un’attenta analisi del terroir”, senza forzature commerciali “ma nella piena consapevolezza e conoscenza del suolo e del microclima”.
Un’ulteriore attenzione, massima, è quella rivolta alla salvaguardia dell’ambiente e quindi della nostra salute, attraverso l’impegno “ad eliminare i prodotti di sintesi per la difesa fitosanitaria del vigneto”, cui si associa la sensibilità verso la biodiversità concretizzata nel dare “valore a piccole varietà locali coltivate in Trentino da tempi immemorabili, ormai arrivate a ricoprire solo pochi ettari: obiettivi raggiunti solo grazie alla comunione d’intenti condivisa con i contadini che in quelle terre ci sono nati e che tenacemente difendono i loro campi dall’avanzare del bosco”.
E’ quindi quasi una naturale conseguenza che i vini delle Cantine Monfort abbiano pure rilevanza culturale, come dimostra il loro inserimento in tanti dei progetti creati dal distributore Proposta Vini per puntare l’attenzione sui valori intellettuali, storici, antropologici e identitari dei prodotti vinicoli.
Uno di questi progetti vede due vini della linea Casata Monfort come soli protagonisti, un’iniziativa così densa di significato da meritare di essere narrata in un eccellente libretto tanto breve quanto ben redatto: è così che scopriamo le peculiarità di Blanc De Sers che agisce per ottenere “recupero e vinificazione delle uve tradizionali presenti nel territorio trentino fino alla Prima guerra mondiale”, in particolare nella zona della costa che “da Serso (Sers in dialetto) arriva al Croz del Cius, tra il torrente Fersina e i boschi della Predolcia: un territorio in forte pendenza, esposto tutto il giorno al sole e riparato dai venti del nord”, rientrante nel territorio del comune di Pergine Valsugana in provincia di Trento…
… le cui uve storiche sono “Valderbara (esclusiva della zona), Veltliner Rosso, Nosiola e Vernaza”, le quali “vengono gradualmente reintrodotte in sostituzione delle varietà internazionali piantate negli ultimi decenni”.
(Vernaza) (Veltliner Rosso, Roter Veltliner)
Il simbolo della zona, la Chiesetta di S. Giorgio, è diventato anche quello del progetto: circondata “da vigneti fu edificata nel XIII secolo come luogo di culto dalle comunità cristiane di Serso e dei paesi limitrofi”.
Si tratta di “una terra storicamente vocata alla viticoltura” attraverso “un legame ancestrale che nelle comunità alpine, tra le valli che portano alle vette dolomitiche, ha radici antiche”, con numerose testimonianze “che attestano la vocazione vinicola della zona di Serso, Viarago, Portolo e Canezza che pare sia stata iniziata dai romani”.
Cantine Monfort ha coinvolto nel progetto “una piccola schiera di viticoltori decisi a salvaguardare i valori ancora sedimentati nella microcomunità rurale di Serso e di questa singolare enclave della Valsugana”, dove per curare la vite occorre affrontare “pendii a prova d’equilibrio, filari piantati in terreni sorretti da muri a secco disegnati dalla fatica”, in cui “di mano in mano, di pietra in pietra, sono impegnati a recuperare i tratti caratteristici del paesaggio fatto di appezzamenti terrazzati edificati con mirabili muretti a secco e scale in sasso”.
(costume di Viarago di inizio ‘800, acquarello di Carl von Luterotti)
Due le declinazioni per “un vino insolito nel nome e nella sua stessa composizione che recupera valori viticoli scaturiti da generazioni di sagaci vignaioli: Blanc de Sers – il bianco di Serso – giocoso incrocio franco-dialettale, è il nome nato per burla, quando due vignaioli della zona di Serso usarono il francese per ordinare il loro bianco ad un pomposo sommelier al tavolo di un ristorante di livello; una vicenda che dà avvio ad una storia di recupero dei vigneti che a Serso, piccolo borgo collinare della Valsugana, le Dolomiti come scenografie protettive, diventano archetipi di cultura contadina del Trentino”.
Il Blanc de Sers in versione ferma utilizza uve di Valderbara, Veltliner, Nosiola, Vernaza e altre varietà tradizionali dando vita a un trionfale bouquet floreale che in bocca evoca nespola, bergamotto, yuzu e cirmolo: di intensa acidità, entusiasma con una beva oltremodo golosa.
Il Blanc de Sers Brut Nature spumantizzato con metodo classico da uve Valderbara 40%, Vernaccia 40% e Nosiola 20% vede invece prevalere al naso toni balsamici di zagara e al palato sentori di pera Madernassa, mela renetta, mandarino e alloro.
Ha un bel piglio zuccherino che si accende nel confronto con quello agrumato, mentre l’acidità esplosiva esalta la scorrevole voracità della beva.
Da sogno il finale lunghissimo e ricco di profumi.
La medesima definizione territoriale appare anche su un altro gioiello assoluto della casa, il Rosè de Sers, spumante metodo classico extra brut inserito nel progetto Bollicine da uve italiane che celebra uno dei più commoventi vitigni italiani, l’antica varietà autoctona a bacca rossa chiamata Pavana, ampiamente “diffusa nel passato lungo tutta la Valsugana fino ai Colli Euganei fino agli anni Sessanta ed ora quasi a rischio di estinzione: le uve sono coltivate sulla collina di Tenna, a ridosso dei laghi di Levico e Caldonazzo e in alcuni vigneti a Serso”.
Quest’uva viene raccolta a mano agli inizi di ottobre e vinificata con cura in purezza, offrendo all’olfatto la fragolina di bosco prima di incantare il gusto con un abbrivio abboccato e un petillant lieve quanto seducente che trasmette melagrana, kumquat e karkadè.
Ottima l’acidità, vibrante la mineralità.
Finale esteso e indimenticabile.
Altro vino di elevatissimo valore culturale è il San Lorenzo, dal nome del vitigno St. Laurent, il quale “ha probabilmente la sua origine in Francia dove però per ora non è più coltivata” che “arrivò in Trentino dalla vicina Austria nella prima metà dell’Ottocento”: per questo rientra “nel progetto di recupero e valorizzazione dei vitigni autoctoni trentini contraddistinto dal marchio Vini dell’Angelo e, nello specifico in quello inerente uve la cui precocissima maturazione permette un’anticipata uscita dei vini (Primi Vini)”.
Infatti “a quei tempi, come adesso, in montagna non sempre l’uva a bacca rossa maturava completamente; il San Lorenzo, a maturazione precocissima, risolveva egregiamente questa esigenza: ad altitudini modeste si vendemmiava (e si vendemmia) entro agosto, in altura poco dopo”. Non a caso “il suo nome deriva dal Santo del 10 agosto, notte delle stelle cadenti, alla cui data i chicchi sono già scuri: era coltivato soprattutto nei Comuni di Civezzano, Pergine Valsugana, Levico, Albiano, Meano e nelle zone più elevate della Val di Cembra”. I vigneti di Cantine Monfort che lo riguardano si trovano in Valsugana, a Civezzano.
Il vino che ne scaturisce dona all’olfatto tutto un roveto con le sue more, mentre in bocca si propone setoso e vivacemente zuccherino nel suggerire gelso nero, mirtillo, prugna, sorbo e liquirizia.
Il finale lungo e persistente consente di fissarlo più vividamente nella memoria.
Progetto monovitigno quello in cui rientra invece L’eclettica Nosiola “coltivata solo in Trentino e… sorprendente nelle sue varie espressioni”: quella di Monfort è collocata “in un territorio particolarmente vocato, alle pendici del monte Calisio, a più di 500 metri di altitudine, rivolto verso sud-ovest” dove si trova il Vigneto Mas Pomar, nelle zone collinari di Meano (Trento) a 400 m. di altitudine.
Il vino che se ne trae si chiama Corylus ed è depositario di un bouquet fruttato di gelsomino insieme a sensazioni del palato che richiamano limone, nespola, ananas e alloro: corpo snello ed elegante, beva formidabile, seduce con la sua sapidità.
Corposa la sezione del Trento Doc, la cui prima cuvée di bottiglie di spumante Monfort è del 1985, oggi suddivisa nelle versioni Brut, Rosè e Riserva.
Il Trento Doc Brut è un metodo classico da uve Chardonnay al 100% con 24 mesi di maturazione sui lieviti che si presenta con la freschezza dei fiori primaverili al naso, mentre al palato si succedono pesca, pera e mandarino tardivo.
Il Trento Doc Brut Riserva Monfort nasce da uve Chardonnay 80% e Pinot Nero 20% che ne aumentano la complessità, dal naso che percepisce panificazione e frutta secca al palato che riconosce mela, pompia candita e coriandolo.
Trento Doc Rosé Brut Monfort arriva dal blend di Pinot Nero e Chardonnay alla pari che conduce al naso pompelmo rosa e alla bocca crosta di pane, cedro, fragolina di bosco.
Tra le altre referenze si annovera un Pinot Grigio Ramato Rosé la cui onomatopea fa riferimento al suo suggestivo dato cromatico che anticipa profumi ondeggianti tra cotogna e sorbo, mentre il gusto ritrova susina, papaya, bergamotto e fragola essiccata.
Il Gewürztraminer passa dal profumo di mela verde e gelsomino all’esprimere in bocca pera, albicocca, clementina e tè verde, manifestando sapidità e beva irresistibile.
L’identitario Teroldego parte dal dato olfattivo di fogliame di bosco e muschio, passando in bocca da mora, ribes rosso, corniolo, prugna e barbabietola: l’impronta zuccherina è intensa ma rivaleggia con l’acidità, dando vita a una beva ghiotta e formidabile.
Il vino dolce della casa è il Moscato Giallo che rapisce con i suoi classici descrittori aromatici cui aggiunge screziature mielate, portando al palato tè verde, litchi, melone e genziana.
Tanta ricchezza merita un approfondimento con Federico Simoni, nel video che trovate subito dopo.
Info: https://www.cantinemonfort.it/
Distribuzione: https://www.propostavini.com/produttori/produttore/casata-monfort