Cantrina, vini artigianali bio del Garda come libero esercizio di stile
Totale libertà intellettuale, strettissimo legame con la propria terra: nella sintesi di un potenziale ossimoro si dipana l’esperienza di Cantrina
Il nome della cantina è mutuato da “un minuscolo borgo rurale della Valtènesi situato nel comune di Bedizzole, nell’entroterra bresciano del lago di Garda in Lombardia”.
E’ infatti proprio a Cantrina che vivono e operano Cristina Inganni e Diego Lavo, fautori di questa piccola azienda a conduzione strettamente familiare con a disposizione poco meno di 8 ettari di terra da coltivate “sulle colline di origine morenica in tre diversi appezzamenti per un totale di 45mila ceppi di vigne”.
Dall’uscita delle prime bottiglie nel 1999 perseguono l’affermazione di “un proprio stile con caratteristiche uniche legate sia alla personale filosofia produttiva sia alle proprietà che il suolo riesce a conferire alle varie tipologie di uve”.
Per questo affermano che gli “piace interpretare il lavoro di vigna e di cantina come un libero esercizio di stile, quindi scevro da preconcetti e condizionamenti, ma nel massimo rispetto delle peculiarità che la natura, dona ai frutti delle nostre vigne: i vini trasmettono il carattere del territorio d’origine e delle persone che lo realizzano”.
A ciò si aggiunga la formazione artistica di Cristina dalla quale scaturisce una pronunciata “impronta assolutamente creativa e di conseguenza unica”.
L’impronta caratterizzante al progetto la dà però anche un territorio che nel corso tempo si è guadagnato una meritata fama tra gli appassionati, la Valtènesi, tra quei pochi che soltanto a sentirne pronunciare il nome già evocano profumi, sapori, cromatismi e riferimenti ambientali estremamente tipici.
Un territorio divenuto denominazione d’origine per i vini nel 2011 e che rappresenta “l’ultimo avamposto di Mediterraneo nel cuore del nord-Europa, contraddistinto da un microclima unico, influenzato dal più grande lago italiano, il luogo più a nord del mondo dove crescono ancor oggi gli ulivi, i capperi e gli agrumi: le condizioni ideali di coltivazione della vite sono state storicamente determinate anche dai terreni, risalenti a differenti formazioni geologiche, ma prevalentemente occupati da depositi morenici e alluvionali, adagiati su un suolo di origine sostanzialmente calcarea”.
I suoli fanno dunque la propria parte grazie al loro essere “estremamente diversificati dove i ghiacciai e il fiume hanno lasciato un’evidente traccia di movimenti millenari”, consentendo la formazione di “terreni di medio impasto, tendenzialmente argillosi che danno origine a vini di notevole struttura e insieme anche di considerevole freschezza, due caratteristiche che garantiscono longevità alle nostre bottiglie”.
Bottiglie tra le quali brilla la gloria locale, il Groppello, così denominato “perché caratterizzato dagli acini serrati raccolti a groppo”, un vitigno “delicato, prezioso e anche particolarmente raro: ne resistono infatti circa 400 ettari, coltivati proprio in quest’area della riviera bresciana del lago di Garda”. Presente nelle due varietà Gentile e di Mocasina “che si adattano a particolari condizioni di terreno e microclima, è oggi l’elemento caratterizzante della doc Valtènesi”, anche perché soltanto “coniugato al suo terroir elettivo sa esprimere pienamente le sue caratteristiche di eleganza e serbevolezza”.
Le due varietà citate, il Groppello Gentile nella misura del 90% e il Groppello di Mocasina per il rimanente 10%, danno vita al Groppello Riviera del Garda Classico Bio 2018 che si presenta con un sublime bouquet di ciliegia e una schiera di sentori al palato che vanno della melagrana al ribes rosso, passando per barbabietola e fragola caramellata. Allegro, invitante, amichevole, si fissa nella memoria per l’intrigante acidità e il bel piglio zuccherino, prima che emerga il suo caratteristico aroma di pepe nero.
Nella versione rosata il Groppello diventa un’autentica leggenda enologica, il Chiaretto Valtenesi che oggi spopola sempre più ma che ha conquistato la sua doverosa credibilità ben prima di inserirsi nella tendenza enoica dei rosé: al suo incantevole colore aranciato corrispondono al naso fragoline di bosco e in bocca susina rossa, alchechengi, corbezzolo e karkadè.
In rosato anche il Pinot Nero del Rosanoire, un roseto profumato che al gusto evoca ribes rosso, sorbo, papaya e bacche di Goji.
Le referenze da uve a bacca rossa contemplano pure il Benaco Bresciano Rosso Zerdì, dal vitigno Rebo, annunciato da un bouquet di amarena sotto spirito che volge al palato in suggestioni di marasca, gelso nero e cardamomo.
E il Nepomuceno Benaco Bresciano Rosso, blend con 70% Merlot, 15% Rebo e 15% Marzemino, dai profumi di visciola e con sapori di corniolo, mirtillo rosso americano (cranberry) e paprika.
Il Rinè Benaco Bresciano Bianco, assemblaggio di 65% Riesling, 30% Chardonnay e 5% Incrocio Manzoni, conquista già con il suo bouquet di infuso di erbe e frutta essiccata, confermando il fascino in deglutizione con echi di albicocca, cedro candito, ananas e genziana. Freschissimo, molto minerale, decisamente goloso.
Chiusura di degustazione con il Sole di Dario Passito da uve Sauvignon 40%, Semillon 40% e Riesling 20%.
Aurea l’identità visiva, densamente compatta quella olfattiva che riporta al fico disidratato e alla mandorla tostata, profondamente ghiotto il sorso tra pomelo candito, abbamele, nespola e cannella.
Tutti vini che dal 2014 vengono prodotti in regime biologico.
Cristina Inganni ci ha illustrato tutti gli aspetti di quest’esperienza, nel video sottostante.
Info: https://www.cantrina.it/
Distribuzione: https://www.propostavini.com/produttori/produttore/cantrina