Cascina Gilli, vini piemontesi tra recupero di vitigni storici e valorizzazione degli autoctoni
Quarant’anni esatti a tracciare la migliore via possibile per una produzione vitivinicola autenticamente identitaria basata su elevatissimi valori etici che hanno portato a un’inestimabile opera di recupero di vitigni storici e valorizzazione di quelli autoctoni tale da impreziosire di nuove istanze le antiche tradizioni del buon bere nel Monferrato: sono i meriti più evidenti di un’azienda preziosa come Cascina Gilli con sede in Piemonte a Castelnuovo Don Bosco in provincia di Asti, cui va aggiunto il plauso per una produzione di rara qualità organolettica.
E’ proprio la prima missione espressa dall’azienda quella di “recuperare i vitigni storici come la Freisa e la Malvasia di Schierano e valorizzare la tipicità del territorio con le sue espressioni della Barbera e del Nebbiolo”, un impegno mantenuto nel migliore dei modi, tanto che “oggi all’azienda è riconosciuto il merito di aver messo progressivamente in luce cultivar autoctone e un territorio fuori dalle consuete rotte regionali”, mentre “la fedeltà varietale e la naturalezza espressiva hanno portato le etichette di Cascina Gilli ad essere considerate un riferimento per le rispettive tipologie”.
L’attività produttiva di Cascina Gilli è stata avviata nel 1983 da Gianni Vergnano dando seguito all’intuizione “di investire su questo territorio, credendo nelle potenzialità di un’area come quella di Castelnuovo Don Bosco per la sua unicità di contesto naturalistico e sito architettonico, rispetto non soltanto al Monferrato, ma all’intero panorama vitivinicolo del Piemonte”, portando alle prime bottiglie in commercio nel 1985, già improntate alla valorizzazione delle “potenzialità dei vitigni autoctoni di queste colline, rimanendo coerente con la convinzione che ogni terroir debba esprimere la sua specifica vocazione e ogni viticoltore debba essere custode e innovatore delle tradizioni della sua terra”.
L’azienda si trova “nel cuore dell’astigiano, su una dorsale di terra bianca”, un suolo “composto da marne argillose grigio azzurre, con una matrice calcarea, ideali per la viticultura che danno origine a vini naturalmente ricchi di corpo e profumi, dalla grande identità territoriale”.
La Cascina è avviluppata da vigneti che comprendono vecchie vigne di Freisa risalenti al 1948, mentre il parco vitato conta appezzamenti pure a Schierano nel comune di Passerano Marmorito, oltre al vigneto d’elezione nel comune di Castelnuovo Don Bosco.
Malgrado l’impresa realizzata, Gianni Vergnano professa umiltà e “partendo dal presupposto che il vino non può essere gesto d’autore, né mera intuizione di un singolo” sottolinea come abbia saputo scegliere validi e appassionati collaboratori, a partire dal figlio Paolo…
… oggi alla guida di un team che comprende Giovanni Matteis intento a sovrintendere la produzione delle uve, affiancato in cantina dall’enologo Gianpiero Gerbi, mentre l’artista Alina Vergnano cura il design delle etichette, con la madre Luisa Raffaelli che in quanto architetto ha firmato progettazione della cantina e restauro della tenuta, fino all’accoglienza e commercializzazione affidata a Katia Gazzola.
La cantina è moderna e incentrata sul “rispetto delle esigenze funzionali senza intaccare l’incontaminato paesaggio circostante”, organizzata in un grande ambiente unico in cui sono collocati “l’area di pigiatura delle uve, la diraspatura e la batteria dei vinificatori” studiati e perfezionati nel tempo “avvalendosi della collaborazione di artigiani locali, con soluzioni tecniche in grado di esaltare l’identità stilistica di ogni singolo prodotto”.
Tra gli accorgimenti nelle fasi di lavorazione “per la vinificazione della Freisa si continua a sviluppare la tecnica della svinacciolatura, per ottenere una maggior morbidezza senza compromettere i caratteri tipici di freschezza e longevità, per la Malvasia, le lunghe macerazioni a freddo delle bucce, consentono di ottenere prodotti particolarmente strutturati e profumati, dalle tonalità di colore vive e intense”; l’affinamento pre-bottiglia “oltre che nelle classiche vasche di acciaio, viene condotto in parte negli storici contenitori in cemento, per consentire, in maggior misura alla Freisa, una maggior micro-ossigenazione; negli anni è stata inoltre incrementata l’area dedicata alla maturazione in legno, composta da numerosi carati in rovere, il cui uso attento consente di non sopraffare gli aromi varietali, rispettando l’identità dei vini”.
Alcune annotazioni di Gianni Vergnano sulle uve impiegate, pubblicate sul sito aziendale, diventano utili anche per orientarci nella sua corposa produzione.
Partendo dalla Freisa d’Asti della cui identità Cascina Gilli è da sempre convinta, ravvisandola “quale vitigno nobile e complesso da cui poter ottenere, con la giusta vinificazione ed il dovuto affinamento, un vino importante”, ricordando “lo strettissimo legame di primo grado tra il Freisa ed il Nebbiolo” confermato “negli studi pubblicati nel 2002, annata in cui le uve di alcuni diversi cru della zona castelnovese (tra cui Cornareto di Cascina Gilli) sono state analizzate”, sottolineando “da un lato l’eccezionale concentrazione di polifenoli, indice di vini di gran struttura e longevità, dall’altro la necessità di supportare la produzione con un’adeguata maturazione e accurata vinificazione, per ottenere vini di grande equilibrio ed eleganza”.
La Freisa d’Asti Luna di Maggio Frizzante è la pietra angolare di come debba essere la declinazione mossa di questo formidabile vitigno che profuma di autentico Piemonte contadino oltre che di frutti rossi e sciroppo d’amarena, portando in visibilio le papille gustative con ciliegia, prugna, azzeruolo, pitaya e dulce de membrillo. Secco senza esitazioni eppure amabile da impazzire, sfodera una beva fenomenale frutto di un sorso succoso e carnoso. Eclettico come pochi a tavola.
Nelle versioni ferme, la Freisa d’Asti Il Forno porta al naso il sottobosco e in bocca susina, mora di rovo, lampone e barbabietola, mentre la Freisa d’Asti Superiore Arvelè si sposta su sentori di mirtillo, marasca, ribes rosso e un tocco di noce moscata: due vini importanti nel corpo e nella potenza organolettica, tanto da richiedere abbinamenti con cibi in grado di reggere tanto nerbo.
La Barbera nella zona di Castelnuovo “era coltivata in modo marginale poiché la piovosità sino agli anni ’90 era eccessiva per questo vitigno dalla buccia sottile: la riduzione delle precipitazioni di questi ultimi decenni, ha consentito alle colline di Castelnuovo di trasformarsi in un territorio eccezionale per questo tipo di vite”.
Due le versioni di Barbera d’Asti di Gilli, a partire da quella chiamata Le More che a sentori boschivi all’olfatto associa al palato mora, mirtillo americano, fragola, sambuco e cioccolato fondente.
Il Barbera d’Asti Superiore Dédica esprime maggiore complessità proponendo al naso descrittori più selvatici e al gusto amarena, melagrana, carruba, liquirizia, pepe bianco e frutta secca tostata, stimolando nel degustatore un continuo esaltante inseguimento di sfumature.
La Bonarda Piemontese è “coltivata su questi colli fin dal XIX secolo, era andata via via rarefacendosi a causa della sua elevata sensibilità alle avversità climatiche e fitopatologiche, ma nei ricordi dei produttori locali rimaneva un vino molto amato, particolarmente longevo e ricco di profumi”.
Le uve di Bonarda si possono apprezzare nel Moyé nella sua più classica proposta delicatamente frizzante in eleganti bollicine che veicolano al naso suggestioni speziate e al palato mora, prugna, ciliegia candita e qualche eco di anice stellato.
Per quanto riguarda il Nebbiolo “da pochi anni l’azienda ha deciso di abbracciare una denominazione locale”, la DOC Albugnano nata nel 1997, il cui disciplinare limita la zona di produzione ai comuni astigiani della stessa Albugnano e di Pino d’Asti, Castelnuovo don Bosco e Passerano Marmorito.
Un‘espressione del Nebbiolo differente per effetto dell’altitudine di questi vigneti che arriva a oltre 500 metri sul livello del mare nel lato più alto del Monferrato.
Una sola ma clamorosa l’espressione del Nebbiolo nell’Albugnano Superiore Notturno, al naso intensamente speziato e con un richiamo alle erbe officinali, la cui intrigante impronta zuccherina e aromatica veicola sapori di fragolina di bosco, visciola, melagrana, cotognata e karkadè.
L’imponenza alcolica contribuisce alla sua sontuosità, ammorbidita dalla leggera abboccatura che emerge nel retrogusto.
La Malvasia di Schierano è una varietà autoctona di questo angolo di Piemonte, la cui selezione varietale è tesa a esaltarne il peculiare carattere aromatico.
Cascina Gilli racconta che “negli anni, infatti, è stato portato avanti un importante progetto di collaborazione con la facoltà di Agraria dell’Università di Torino ed in particolare con la Prof.ssa Schneider ed il Prof. Mannini per l’identificazione dei cloni autentici della storica varietà Malvasia di Schierano: altrettanto utili sono stati i confronti con i viticoltori castelnovesi per capire i segreti di questo territorio e di questi vini che solo il tempo e l’esperienza possono svelare; la ricerca ha portato ad impianti di vigneti selezionati in campo atti a produrre uve di qualità, con la cernita non dei cloni più produttivi, ma di quelli tratti da vigneti che nella memoria dei produttori del luogo davano origine ai vini più interessanti”.
Un capolavoro assoluto la Malvasia di Castelnuovo Don Bosco che unisce Malvasia di Schierano e Malvasia Nera Lunga, per noi il migliore vino dolce rosso mosso di tutta Italia: già il suo bouquet floreale sbalordisce per grazia e intensità spaziando dal glicine alla rosa passando per la violetta e il gelsomino, mentre il palato gode con un tripudio di fragola Candonga, susina di Dro, amarena sotto spirito, bacche di Goji e fico dottato.
Ogni sorso è un’emozione infinita come la sua persistenza.
Da uva Malvasia di Schierano ma non riportata in etichetta nascono le bollicine di Rosato Extra Dry Gilli vinificato con metodo Martinotti che trasporta in un fragoleto prima di sedurre con lampone, cedro, litchi, melagrana e infuso di rooibos.
Fantastica la sua cremosità, pari a freschezza, golosa acidità e carattere amabile.
Magnifica la lunga persistenza.
Ancora un rosato con il Chiaretto Monferrato Lirico da uve 85% Freisa e 15% Bonarda, dal bouquet decisamente fruttato che al gusto suggerisce fragola e ciliegia ma anche note di agrumi e pasticceria che lo rendono singolare e di forte personalità.
Gilli si mette alla prova pure con un vitigno internazionale quale lo Chardonnay nel Rafè, bouquet fruttato e gusti di mela, pera, pesca, pompelmo, salvia e tè verde.
Se ne appezza molto la vena minerale.
Una tale densità di valori e sapori merita un approfondimento, affidato alle parole di Katia Gazzola nel video seguente.
Info: https://cascinagilli.it/
Distribuzione: https://www.propostavini.com/produttori/produttore/cascina-gilli/