Cibo e cinema: un connubio perfetto
Sono tantissimi i casi in cui il cibo è presente nei film. Esso assume differenti significati e coinvolge epoche assai diverse.
In questo breve articolo mi limiterò ad accennarne solo alcune, per fornire degli esempi su quanto appena affermato.
Il cibo può essere uno strumento per evidenziare decadenza sociale, mancanza di valori e desiderio di congedarsi dalla vita, è proprio quello che accade ne’ “La grande abbuffata” di Marco Ferreri (1973) in cui quattro uomini di successo e appartenenti al ricco ceto borghese decidono di uccidersi mangiando; una denuncia della disfatta dei costumi non priva di richiami interessanti dal punto di vista gastronomico ad un tipo di cucina classico di stampo francese.
A volte un film può documentare anche le abitudini alimentari di un’epoca, le mode gastronomiche e il ruolo della donna in cucina; è quello che accade nel “Pranzo di Babette” di Gabriel Axel (1987), conosciutissimo, che rientra proprio in quanto appena descritto. Non solo, nel film il cibo è anche un modo per abbattere le barriere ideologiche e culturali legate alla religione che spesso attanagliano le persone rendendole sorde ai sentimenti. Similmente, ma in forma più marcata, un altro film molto conosciuto affronta queste tematiche: “Chocolat” (2001) di Lasse Hallström, in cui l’arrivo della protagonista in un bigotto paesino della Francia sconvolge i precari, o per meglio dire fasulli, equilibri che regolano il borgo, generando lotte e opposizioni che poi non potranno far altro che lasciare spazio ad un autentico e consapevole cambiamento del cuore, tutto avvolto dalle mille declinazioni del sensuale, peccaminoso ma goloso cioccolato.
Il cibo legato al cinema è anche utilizzato sapientemente per fornire allo spettatore l’immagine di un’epoca intera, delle sue contraddizioni e dei suoi sfarzi gastronomici, “Vatel” (2000) di Roland Joffé ne è un esempio. Un documento straordinario, tratto dalla storia vera di François Vatel, cerimoniere di un nobile francese all’epoca del Re Sole, morto suicida per non aver potuto compiere fino in fondo il proprio dovere di allestitore e organizzatore di cerimonie, a causa di un ritardo nella fornitura del pesce.
In ultima analisi ne’ “Il pranzo della domenica” (2003) di Carlo Vanzina il cibo, o meglio, il momento conviviale per eccellenza che riunisce la famiglia italiana, ovvero il pranzo della domenica, diventa occasione di indagine sociale, descrivendo aspetti e tematiche scottanti e attuali legati al rapporto con i figli, col coniuge, al lavoro e, in sostanza, all’analisi di una società variegata nelle caratteristiche, unita in ogni suo componente da un bigottismo mal celato, che sfocia in comportamenti quasi paradossali, incarnati anche dai riti che costituiscono il momento di incontro gastronomico.
Modi diversi per analizzare attraverso i film i molteplici aspetti della vita umana.