Il “Cinema!” per raccontare il Polesine, in una magnifica mostra a Rovigo
La decima musa si rivela reale fonte di ispirazione, se è riuscita a insufflare l’alito del genio creativo nel genius loci, in una mostra che si fa romanzo d’appendice e trattato sociologico, saggio antropologico e diario di viaggio, storia illustrata e fotografia, pittura e biografia, documento e teatro astratto, architettura d’interni e cronaca giornalistica: una wagneriana Gesamtkunstwerk espositiva raccolta sotto il titolo Cinema! Storie, protagonisti, paesaggi, con il dichiarato intento di Raccontare il Polesine.
Un “lembo di terra che ha affascinato, e continua ad affascinare, un gran numero di artisti (poeti, scrittori, registi, pittori, fotografi)”, come spiega il curatore Alberto Barbera nel prezioso catalogo della mostra, confermando la multidisciplinarietà tematica dell’allestimento, prima di trasformarsi in geografo dall’afflato lirico per localizzare “quello spicchio di Paese poco più lungo di cento chilometri (dall’Alto al Basso Polesine), e largo una trentina, nell’estensione compresa fra il Po di Levante e il Po di Goro”.
La sede è talmente congrua da apparire inevitabilmente logica, Palazzo Roverella a Rovigo: edificio rinascimentale eretto a imperitura memoria dello splendore estense, giganteggia in piazza Vittorio Emanuele II, cuore anche simbolico della città che del Polesine si accredita come capitale, forse più politica che morale.
Le linee interrotte disegnate dai mattoni delle pareti del palazzo, evocando tanto linguaggi cifrati quanto le cancellature di Isgrò, si prestano alla perfezione a offrirsi come vivida quinta alla tempestosa intelligenza carica di buon gusto dell’esposizione, dalla rara attenzione per i particolari.
Fin dall’esterno gioca con la prospettiva (gli striscioni promozionali che si allungano come lingue che precipitano sul visitatore, srotolandosi dai piani alti dell’edificio perpendicolarmente verso il basso)…
… e gli scorci urbani (l’imbuto umbratile dell’ingresso che dalla penombra del corridoio sfocia nella piena luce del volto di Sophia Loren nel film La donna del fiume di Mario Soldati, immagine simbolo della mostra).
All’interno, l’apparente semplicità pedagogica dell’impostazione delle stanze consente di catturare l’attenzione di ogni genere di pubblico, indipendentemente dal grado di istruzione e di specifica conoscenza della settima arte…
… ma basta mollare gli ormeggi della propria sensibilità per essere irretiti da una mostra unica per capacità di emozionare e coinvolgere.
Già con la Mappa delle location nel Polesine viene chiarito l’intento dell’operazione, evidenziando quanta attrazione tale territorio abbia esercitato su tanti maestri del Cinema, talmente estesa da non potere essere casuale: un pannello che è insieme sineddoche progettuale ma anche invito al viaggio, come fosse una riedizione grafica di un rinato Grand Tour, le cui suggestioni non sono lontane dalle pagine goethiane.
Il primo tra i Personaggi del Polesine che incontriamo è Leo Catozzo, “tra i più importanti montatori del cinema italiano”, onorato da tutto il mondo per l’invenzione dell’incollatrice per pellicole (presente tra le teche) che tanto ha alleggerito e accelerato il lavoro dei suoi omologhi: nato ad Adria (provincia di Rovigo), rimarrà nella storia per il sodalizio con Fellini (Le notti di Cabiria, La dolce vita, 8½), il quale lo raffigurerà in affettuosi ritratti che si possono qui ammirare.
L’amore di Barbera per la critica cinematografica, esercitata dallo stesso già circa quarant’anni fa e celebrata da un originale festival che ha co-diretto ad Alessandria, si evince dalle memorie cartacee proposte ora in originale ora riprodotte, con testate di settore fondamentali aperte sulle pagine che narrano cronache di celluloide dal Polesine.
Laddove il cinefilo perde contezza di sé e si abbandona al Sogno sono gli spazi in cui è incastonato un grande schermo che proietta opere di ogni genere, dal film al documentario, al cinegiornale.
Non si poteva che prendere le mosse da Michelangelo Antonioni, nato nella confinante Ferrara in cui si completa il Delta del Po che parte dal rodigino, omaggiato con i riferimenti al suo esordio Gente del Po e al capolavoro Deserto Rosso.
Le variazioni cromatiche dei pannelli segnano il passaggio tra le discipline espressive, come quando il cinema di Luchino Visconti confluisce nel talento letterario di Riccardo Bacchelli…
… non prima di avere fissato in queste terre il luogo di nascita del Neorealismo italiano, con il capolavoro viscontiano Ossessione (1943), ribadito poco dopo dal sesto episodio di Paisà di Roberto Rossellini (1946).
Nobilitato anche il linguaggio televisivo, attraverso Sandro Bolchi, tra i più stimati registi di quegli sceneggiati che hanno codificato le vette di uno stile Rai ormai perduto.
Le sezioni sono anche tematiche, come quella sulla Guerra! che contempla opere fondamentali come Caccia tragica di Giuseppe De Santis e L’Agnese va a morire di Giuliano Montaldo, scelti per ricordare “la resistenza nel Delta”.
Tocca a un altro personaggio del polesine portarci finalmente nell’area più selvaggia del Polesine, il Delta del Po, con il suo fascino struggente: è Gian Antonio Cibotto che a Rovigo ha iniziato e concluso la sua vita, scrittore di vaglia autore di “numerosi romanzi sulla terra veneta”, ma soprattutto cantore di Scano Boa, mitico estremo angolo lagunare di terra e sabbia trasformato dall’Uomo in borgo di pescatori galleggiante, nella cui omonima opera ambienta “la storia cruda e disperata degli ultimi pescatori di storioni”, da cui è stato tratto l’ormai introvabile film di Renato Dall’Ara del 1961.
Inevitabile ma raffinato il tributo al citato La donna del Fiume diretto da Soldati nel 1954…
… mentre si ha sempre un sussulto ogni volta che si incontra uno schermo pronto a offrire scampoli di sguardi onirici o empirici con cui registi di varia impronta hanno catturato scorci di meraviglia del Polesine, un incanto che non svanisce nemmeno quando il soggetto parla di povertà e sofferenze, perché ogni lacrima versata in questo angolo di mondo è destinata a congiungersi anch’essa con l’eterno scorrere delle acque che segnano questi panorami dell’anima.
Con lo stesso impeto scorrono i nomi più apprezzati del cinema italiano, dal troppo presto scomparso Carlo Mazzacurati…
… a due autori nei loro periodi meno noti impegnati nel tratteggiare “la provincia occulta”, come il Pupi Avati dedito all’horror (La casa dalle finestre che ridono, 1976) e il Tinto Brass ancora più autorale che erotomane quando firmò La vacanza, nel 1971.
Ma sfilano anche i nomi di Luigi Comencini, Salvatore Samperi, Daniele Luchetti, Giuseppe Bertolucci, Sergio Martino, Francesco Rosi, Ermanno Olmi, Marco Tullio Giordana e perfino King Vidor…
… fino alla terza prova registica di Luciano Ligabue, Made in Italy.
La sezione del documentario sceglie con oculatezza rappresentanti esemplari.
Lo stimatissimo storico del cinema Giampiero Brunetta individua la figura classica per eccellenza di tale genere espressivo in Florestano Vancini, “forse il regista che con maggiore continuità e coinvolgimento ha cercato di raccontare le condizioni di disperazione e la circolarità del tempo delle genti del Polesine”.
Bastano i titoli a dimostrarlo, da Alluvione (1950) a Delta padano (1951), da Uomini della palude (1953) a Tre canne un soldo (1954), visti come “le testimonianze più alte di indagini appassionate, capaci di coniugare impegno civile, qualità estetica e approfondita conoscenza del territorio”, nel quale la Bellezza può nascere anche dal dolore.
Il documentario contemporaneo è efficacemente rappresentato invece da Elisabetta Sgarbi, la cui nascita a Ferrara spiega l’innata empatia per le terre fluviali e i reticoli del delta padano tracimati nelle sue opere che ondeggiano tra il filtraggio colto della realtà oggettiva e la sua erudita trasfigurazione creativa.
Tra un rapimento e un’estasi fuggente, ci si impietrisce davanti al dramma delle vicende umane ancora di due “personaggi del Polesine”, entrambi saliti sull’ottovolante del successo per poi esserne sbalzati rovinosamente.
La prima è nata proprio a Rovigo, Pietra Giovanna Matilde Adele Pitteo, figlia del proprietario dello storico Caffè Borsa in piazza Garibaldi, la quale in arte prese il nome di Dria Paola per diventare una diva del cinema a cavallo del passaggio dal muto al sonoro. Proprio di tale epocale innovazione tecnica sarà il simbolo, in quanto protagonista nel 1930 del primo film sonoro italiano, La canzone dell’amore di Gennaro Righelli, tratto dalla novella intitolata, ironia della sorte, In silenzio, opera di Luigi Pirandello che collaborò anche alla sceneggiatura.
Malgrado i cinquanta film interpretati, nel 1942 si ritirò dalle scene, fatta eccezione per qualche apparizione in teatro e in televisione.
Sprofonderà nel bisogno estremo e nella povertà assoluta, tanto da accedere ai benefici della legge Bacchelli in favore degli artisti in stato di indigenza. Morì nel 1993 pochi giorni prima del compimento degli ottantaquattro anni d’età, totalmente dimenticata.
A lasciare esterrefatti oggi, a venticinque anni dalla morte, è la sorta di damnatio memoriae da cui è colpita nella sua città natale. Sembra incredibile, ma ci hanno riferito che a Rovigo non vi è nulla che ricordi questa protagonista della storia del cinema italiano.
Una dimenticanza istituzionale che amareggia i cittadini rodigini più sensibili che ci è capitato di incontrare, i quali si chiedono come sia possibile che nessuna amministrazione comunale di Rovigo fino a oggi abbia avuto lo scrupolo civile di celebrare la memoria della più significativa stella del cinema classico nata in città. Non parliamo di un’oscura figurante, bensì di colei che il quotidiano La Repubblica, in un articolo del 1993 uscito per dare notizia della sua morte, definisce la “prima attrice del sonoro”: possibile che nessuno di coloro che hanno governato la città nell’ultimo quarto di secolo abbia sentito il dovere morale di intitolarle una strada o un luogo ancora più significativo? Per alcuni abitanti del posto si tratta di una disattenzione inspiegabile, per noi di una mancanza imbarazzante in una città per altri versi invece sensibile alla cultura come quella di Rovigo.
Non meno sconcertante che nemmeno all’interno del Caffè Borsa di Rovigo appartenuto alla famiglia dell’attrice vi sia nulla che la ricordi.
Meritoria dunque la finestra sulla memoria di Dria Paola aperta da questa mostra.
Analogo il destino di un altro attore locale di evanescente fortuna, Rik Battaglia, nato col nome di Caterino Bertaglia a Corbola, nel Delta del Po, stesso luogo dove morirà nel 2015 a ottantotto anni compiuti da un mese.
La sua vita è stata una favola, ma senza lieto fine, iniziata quando, facendo il barista a Milano, è stato notato da Mario Soldati che lo ha fatto esordire nel citatissimo La donna del fiume.
Seguono “un centinaio di film, in Italia, negli Stati Uniti e in Germania, frequentando tutti i generi”. Ha lavorato con registi del calibro di Bolognini, Walsh, Siodmak, Aldrich, Patroni Griffi, Matarazzo, Bragaglia, Bava, Lenzi, Corbucci, Leone, Squitieri.
Lapidaria la frase che conclude il suo ritratto nell’apposito pannello della mostra: “tornato a vivere nel suo paese natale, finisce i suoi giorni dimenticato da tutti, compresi i suoi concittadini”.
Anche in questo caso dall’esterno non si hanno notizie di tributo imperituro alla sua memoria nel territorio, fatta eccezione per il suo inserimento tra le glorie locali in un murale realizzato in via Pampanini nella natia Corbola ad opera degli alunni della scuola secondaria Ferruccio Viola.
Intanto si passa a una saletta di proiezione in cui viene proiettato un eccellente lavoro di montaggio che racconta una delle disastrose alluvioni del Polesine, facendo raggelare il sangue dello spettatore davanti alla rivelazione dell’eterna lotta ingaggiata in questi luoghi dall’Uomo contro la cieca virulenza dei corsi d’acqua, al contempo portatori di vita e di morte.
La commozione è palpabile, creando dentro ogni visitatore solidale vicinanza con le genti del Polesine,nonché ammirazione per il loro manifestare fiera resistenza alle avversità e orgoglioso senso di appartenenza al proprio territorio.
Siamo intanto arrivati in fondo, con le pupille piene di splendide immagini accuratamente selezionate: ogni foto è un racconto (della natura come di un set, di una disgrazia come di una vetta creativa), i manifesti si pongono come reliquie originali dai fastosi cromatismi, mentre occhieggiano perle di grazia figurativa in forma di delicati dipinti.
Mai vista mostra più efficace nel mediare attraverso il cinema la narrazione di un territorio, così come non sovvengono paragoni possibili con un’esposizione di pari eleganza nell’incastonare le immagini in movimento tra mille rivoli tematici ed espressivi che vanno a sfociare nel mare magnum della divulgazione intelligente.
Barbera conferma quella vocazione a creare prodigiose osmosi tra spettacolo popolare e intrattenimento intellettuale che ha reso esemplari le sue molteplici direzioni della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e ancora prima la felicissima stagione alla guida del Torino Film Festival.
C’è tempo fino al 1° luglio per vedere questa meravigliosa mostra a Palazzo Roverella in via Laurenti 8/10 a Rovigo, la quale, nel corso delle settimane, ha affiancato all’esposizione anche interessanti attività parallele per andare alla scoperta del territorio, tra laboratori ed escursioni.
Una mostra del genere però non dovrebbe essere temporanea, bensì permanente: prima di realizzare il nostro reportage nel Polesine, abbiamo letto tantissimi materiali, tra giornali, libri e guide, nonché diversi testi on line, ma nulla è stato più istruttivo e stimolante di questa mostra, capace di farci capire perfettamente cosa sia il Polesine e di infonderci la voglia di fermarci più a lungo del previsto nel suo splendido territorio.
Per questo istituzionalizzare la mostra, anche in forma più sintetica, potrebbe rappresentare il migliore volano per la divulgazione della conoscenza del territorio e per la sua valorizzazione anche turistica.
Troppo intensa e significativa una simile esperienza culturale, per non essere vissuta da tutti in qualsiasi momento, anche in futuro.
Info: http://cinema.palazzoroverella.com/
Realizzato con il sostegno di C.I.F.I.R. – Consorzio Industriale Formazione e Innovazione Rovigo S.c.a.r.l.