Come si degusta una birra? Regole e segreti di Kuaska
Kuaska avverte: “se non sentite la liquirizia nella Guinness o la banana matura in una weizen, è arrivato il momento di consultare un buon otorino-laringoiatra!”, ma per diventare degustatori “toglietevi dalla testa che la questione sia avere il naso assoluto”.
Lo afferma nel suo volume La birra non esiste (Altreconomia, 2015), in cui, scherzandoci su, dichiara di fare di professione il degustatore perché “sono ligure e per questo molti anni fa ho trovato questo sistema per non pagare le birre”.
Se la Windsor Ale è stata la sua gataway beer, l’avvio alla professione si ha quando scopre “una birra molto diversa da quelle del supermercato, tanto che decisi di proporne una recensione alla rivista letteraria inglese anarcoide con cui collaboravo, parlando di poesia: la cosa piacque molto e fu replicata”.
Il resto è storia. Anzi, leggenda.
Per comprendere il senso della sua missione è invece illuminante un altro passaggio del volume: “Se ci pensate un attimo l’avrete fatto anche voi. Siete entrati in un locale e avete chiesto “una media” (che per default è una media “chiara”). E’ un po’ come entrare in un negozio di vestiti e chiedere “una XL” o in salumeria e chiedere “un etto e mezzo”. Oppure, in un ristorante, “un piatto”. Da quasi 40 anni mi batto proprio per questo, per diffondere una corretta cultura della bevanda più socializzante del Pianeta: è un compito arduo nel Paese del vino, dove la birra è sempre stata vista come una bevanda culturalmente inferiore”.
Bisogna allora imparare a operare una valutazione oggettiva delle birre, come ha spiegato qualche settimana fa al Baladin di Milano.
Info: www.altreconomia.it