Corte dell’Abate (Castelbuono, PA), chef Bonadonna tra orto e ristorante
Il sapere dei monaci benedettini di Santa Anastasia, fra l’EcoParco delle Madonie, Castelbuono e il mare, arriva ai nostri giorni grazie a uno chef della tradizione e al suo ristorante La Corte dell’Abate, al centro dell’Abbazia fondata nel XII secolo da Ruggero d’Altavilla, oggi azienda agricola, cantina, relais e ristorazione di charme. Vini biologici e biodinamici, filosofia da agriturismo ma con lo chef Antonio Bonadonna a declinare profumi, tradizione e stagioni.
Antipasti ammazza pranzo sontuosi, dove si sfida la perfezione domestica delle donne siciliane, dalle polpette antiche ai fiori di zucca ripieni, norcineria di confine coi Nebrodi, la mortadella d’asino e la ricotta affumicata dell’Etna messinese, due sfincioni sublimi.
Poi l’apoteosi dell’umiltà, la minestra di tenerume, “le foglie più tenere della zucchina trombetta, prese dal nostro orto, nella loro (poca) acqua di cottura con ditalini fatti in casa e farina di tumminia Filippo Drago (Castelvetrano)”.
L’acqua di cottura vegetale, ma può essere anche di frutta in infusione, è alla base dell’economia domestica del Sud, Campania, Puglia e Sicilia: qui della pianta non si butta nulla, neanche i principi attivi persi in cottura, e si usano anche le erbe spontanee che crescono nei campi. “Con la borraggine si fanno minestra e pasta ripiena, con la loro acqua si cuoce la pasta; usiamo i giri selvatici, i cardi selvatici onopordum di alta montagna, che si sradicano col piccone, con la pasta, infarinati e fritti. I cavuliceddi, le foglie tenere del cavolo. Gli asparagi di rizzogna crescono lunghi sotto gli ulivi e sono buonissimi in frittata: si spadellano le punte e si rifiniscono sempre in padella con spaghetti al dente e brodosi”.
Cucina povera con “il nostro secondo taglio (siciliano), la pancia arrotolata che sta sotto la punta, lunga cottura a bassa temperatura, brasato con Nero Avola in riduzione (e amido di mais), nostre patate di montagna e aroma di cipolla (alla fine io la tolgo)”.
Testa di turco, dolce post arabo con latte intero, zucchero, amido, uova, farina di grano duro per la sfoglia sottile e fritta (cannella). Oltre il bianco mangiare. Sorbetto al mandarino di Finale di Pollina (“qui vicino”).
Vini della cantina con 65 ettari vitati in collina, due cru, Montenero e Litra, affinamento in acciaio, cemento vetrificato e legno. Culture biologiche e biodinamiche (possibile enoturismo). Potete degustare autoctoni bio come Grillo e Nero d’Avola, anche rosato, il Sauvignon Blanc Sinestesia, Merlot, Cabernet Sauvignon e Syrah nel Montenero (taglio secondo l’annata).
Lo Chardonnay. Il Cabernet in purezza di Litra, Le bollicine Pinot Noir metodo classico blanc de noir di Q1.000.
L’azienda produce anche l’Olio di Passomaggio con blend di Nocellara del Belice, Biancolilla e Crasta. Il Grillo ha caratteristiche particolari e ricorda quello del taglio alcamese, per l’amaro gradevole (da aperitivo). Anche il Nero d’Avola si distingue con una leggera carbonica.
Info: www.abbaziasantanastasia.com
Tratto dal quotidiano Il Giorno del 30 luglio 2016