Craco in Basilicata, da città fantasma a Parco Museale Scenografico
Mutare una tragedia in risorsa, la morte urbanistica in vita civile, la solitudine spettrale in aggregazione di massa, un disastro della malapolitica in esempio di buona amministrazione: Craco è un insieme di ossimori che ne fanno un caso di studio unico e affascinante.
Il piccolo centro della provincia di Matera è ormai una star internazionale: deve la fama planetaria alla sua natura di città fantasma, inserita “nella top ten delle più affascinanti ghost town mondiali”, una notorietà alimentata dai tanti film che l’hanno eletta a set cinematografico e alla continua serie di servizi giornalistici, reportage televisivi e documentari che con sempre maggiore intensità lo rendono protagonista.
Sotto la sfavillante superficie del successo mediatico e turistico c’è una solida organizzazione che sta consentendo di capitalizzare l’interesse verso la località con rara efficacia.
Craco infatti ha indubbio fascino, ma, conoscendo altri luoghi omologhi, vedi Pentedattilo in Calabria o altre ghost town lucane, ci si chiede la ragione per cui non c’è paragone tra l’interesse destato da questa località rispetto a tutte le altre. Ragioni che risiedono tanto nei pregi paesaggistici quanto nell’organizzazione culturale e materiale di chi gestisce il luogo.
Sotto l’aspetto estetico, incanta quella sua collocazione che la vede svettare su un’ascensione rupestre, come fosse uno slancio metafisico verso l’Alto che le consente un’osservazione panoramica proiettata verso un Infinito lastricato dell’incommensurabile bellezza agreste dei calanchi. Da ogni punto di Craco partono fughe che trascinano lo sguardo oltre i limiti del visibile, togliendo il fiato al visitatore e mettendolo a nudo contatto con i suoi pensieri più reconditi.
Volgendosi invece ai reperti abitativi, l’insieme di case sventrate e di sedi stradali prolassate è l’imperitura memoria di quanto possa essere ferale la cattiva amministrazione geologica (e non soltanto), quella che avrebbe determinato la compromissione del sottosuolo di Craco, indicato da più parti quale causa di una frana negli anni ’60 che ha portato all’inizio dell’evacuazione della sua popolazione, fenomeno aggravato da successivi eventi alluvionali e tellurici.
Fin qui gli aspetti nefasti. Proprio da qui la rinascita, clamorosa.
Lo smottamento del terreno ha portato alla distruzione della parte nuova del borgo, lasciando in piedi il centro storico con la sua radice più antica, quella medievale. Questo ha contribuito a creare una sorta di illusione ottica e concettuale, ovvero che Craco sia stata abbandonata magari da secoli e non da qualche decennio, ammantando il luogo di un fascino ancestrale che ne accresce smisuratamente la capacità di attrazione.
Forse è proprio questo l’aspetto che maggiormente ha convinto tanti registi a venire a girare qui scene significative delle loro opere: quale scenario avrebbe potuto rendere più struggente lo spaesamento di Gian Maria Volontè mandato al confino in Cristo si è fermato a Eboli, capolavoro di Francesco Rosi?
Proprio questa fascinazione delle sue scene sull’immaginario della celluloide ha fatto germogliare le attività che oggi muovono l’economia del posto e il suo prestigio. Come Craco Art Movie Production (http://www.comune.craco.mt.it/attivita/craco-production.html), l’organizzazione che ha messo a regime la gestione pratica ed economica “per la realizzazione di produzioni cinematografiche, fotografiche ed audiovisive nel territorio del Comune di Craco”: tutte le società che operano nella comunicazione e nell’audiovisivo sono tenute a versare delle somme secondo un preciso tariffario, al fine di finanziare interventi a favore delle strutture gestite e di garantire lo svolgimento delle visite creando lavoro in loco.
Visite disciplinate dalla Craco Card (http://www.comune.craco.mt.it/attivita/craco-card-2.html), sorta di contributo in forma di biglietto che dà diritto alla “visita guidata nel percorso in sicurezza” della durata di un’ora, effettuabile “tutti i giorni dell’anno compreso i festivi dalle ore 09:30 all’imbrunire”: con 10 Euro a persona si possono visitare le antiche rovine della città con l’accompagnamento della guida, indispensabile visto che vigono obblighi di cautela dovuti alla sicurezza da garantire ai visitatori, i quali infatti vengono dotati di caschetti di protezione.
Nel regolamento del Comune è specificato che si tratta di “regolamentazione dei flussi di visitatori nel vecchio centro storico e nelle aree limitrofe ai fini dell’obiettivo generale di tutelare e valorizzare i beni storico monumentali, archeologici e paesaggistici del territorio comunale”, intendendo il pagamento della visita come forma di “adesione e sostegno volontario” a questo progetto. Il percorso di visita si snoda lungo “le aree del centro storico messe in sicurezza, la Mediateca, l’Atelier dell’Arte e del Cinema, il Monastero dei Frati Minori e il Palazzo della Cultura”.
Con l’aggiunta di altri 5 Euro si può passare alla visita completa, la quale contempla “l’ex Monastero di S. Pietro con terrazze panoramiche, mostre fotografiche permanenti e fruizione del M.E.C. (Museo Emozionale di Craco) e relative sezioni sulla memoria storica, sulla frana e sul cinema a Craco”, portando la durata della visita a circa due ore.
In entrambi i casi, per accedere al servizio “occorre raggiungere il vecchio borgo e seguire la cartellonistica turistico direzionale che facilmente conduce alla reception (mediateca comunale) sita in via Sant’Angelo”.
Il tutto sotto la regia della società Craco Ricerche (http://www.cracoricerche.net/), in accordo con il Comune.
La visita alle rovine, condotta da guide preparate ed empatiche, è una passeggiata nell’ordito urbanistico della città vecchia, tra slarghi monumentali e viottoli sinuosi, con edifici di imponenza nobiliare che si alternano a dimore contadine, creando un intreccio lirico e antropologico lungo sedi viarie di litica seduzione.
Il racconto orale della guida si fa tutt’uno con l’emozione visiva, creando un’asciutta rappresentazione dagli echi peripatetici di matrice aristotelica, farcita di considerazioni storiche e sociologiche.
Vivamente caldeggiato è però accedere alla visita completa, se si vuole comprendere a fondo l’essenza di Craco.
Basta percorrere pochi metri dal centro storico per raggiungere l’antico monastero di San Pietro, struttura seicentesca di notevole interesse architettonico grazie a soluzioni murarie ardite e curiose maschere apotropaiche, depositaria della memoria di remote vicende che permettono di capire il contesto storico del borgo in tutto il suo divenire.
Qui ha sede il MEC, il Museo Emozionale di Craco grazie al quale “il visitatore potrà conoscere attraverso gli strumenti della tecnologia le emozioni, i racconti, i colori di un luogo unico in cui il tempo sembra essersi fermato” (http://www.cracoemotion.org/).
La missione dichiarata del museo è fornire approfondimenti di “temi legati a Craco, alle sue vicissitudini storiche e ai suoi protagonisti”, mostrando “il cambiamento che il processo franoso e l’incuria umana hanno prodotto nel tempo”, affiancato dagli esiti del “lungo e laborioso lavoro di valorizzazione e promozione intrapreso negli ultimi anni”. Il primo effetto di ciò si materializza nell’esposizione dei progetti realizzati da studenti universitari di architettura che da un lato hanno mappato l’esistente e dall’altro hanno avanzato ipotesi di recupero strutturale degli ambienti abbandonati del paese, con soluzioni che impressionano per intelligenza e visione del futuro, oltre che per l’ottima perizia tecnica della realizzazione.
Segue un passaggio da una sala di proiezione in cui scorrono immagini che lasciano il segno. In primo luogo quelle che evidenziano gli effetti concreti della frana. Si tratta di un confronto tra spaccati del borgo fotografati prima del disastro e dopo: è a questo punto che si chiarisce appieno il senso di quanto accaduto, una vera illuminazione che fa riflettere, tanto che si consiglierebbe di rendere obbligatorio questo passaggio prima della visita guidata alle rovine, perché la arricchirebbe di senso e la renderebbe più intellegibile per i visitatori.
Importante anche la visione di foto e filmati degli audiovisivi realizzati sul posto, da celebrate pellicole a sconosciuti ma interessanti spot pubblicitari, un florilegio di interpretazioni e utilizzo del genius loci che palesa in che modo Craco venga vista e vissuta dai creativi.
Da non perdere le mostre temporanee allestite nella medesima struttura, anche per scoprire gli altri ambienti del monastero, compresa la ricostruzione dell’alloggio di un religioso.
A ciò si aggiunga che Il MEC “è spesso sede di eventi culturali e formativi”, come masterclass, laboratori, concerti, presentazioni, conferenze.
L’insieme di quanto descritto rientra nel Parco Museale Scenografico di Craco, uno dei più evoluti progetti culturali del Paese, il quale ha colto perfettamente la nuova tendenza alla musealizzazione panica, in cui tutto può mutare in esposizione, anche ciò che in principio prevede altre destinazioni d’uso. Il lemma “parco” già è estremamente congruo, perché permette di tenere insieme sotto un unico cappello semantico delle realtà non omogenee, ma rese compatibili: qui infatti il museo classico si ritrova al fianco del moderno eco-museo, l’area archeologica è contigua all’esperienza digitale, echi di land art si affiancano all’evocazione di usi e costumi.
Un caleidoscopio di istanze culturali e, va detto con plauso, di scaltrezza gestionale, di tale complessità da rappresentare una ragione ancora più valida per visitare Craco, ben maggiore della semplice curiosità stimolata dalla città fantasma.
Nel video che segue, abbiamo raccolto appunti visivi di questa esperienza.
Solitamente non ci occupiamo della politica, nel senso delle dinamiche amministrative immanenti, ma ciò che sta accadendo a Craco non si potrebbe spiegare senza attingere alla memoria e alla visione dell’attuale sindaco Giuseppe Lacicerchia, (pro)motore della rinascita del borgo.
Nessun giudizio di merito sulla figura politica: si tratta di attingere al suo bagaglio di esperienza, in quanto abbiamo riscontrato che anche nel paese gli viene riconosciuto un ruolo decisivo nella nuova vita di Craco.
Per questo lo abbiamo intervistato.
L’Italia è piena di ghost town (ce ne sono anche in Basilicata), ma nessuna sembra avere l’eco mediatica di Craco: come lo spiega?
“Merito principale è la bellezza struggente e l’unicità di Craco che noi stiamo facendo conoscere in Italia e nel mondo in modo efficace. Molto importante sono stati gli investimenti per renderlo visitabile, fruibile con ragazzi che raccontano la storia di Craco con passione. Diciamo che in fondo è stata la passione per Craco a renderlo così popolare e conosciuto: prima la nostra passione come amministratori e cittadini di Craco e poi la passione di chi è venuto a Craco e lo ama e in modo virale questa passione e questo amore cresce e si diffonde. La storia antica e recente di Craco è affascinante, partiamo dall’età del ferro ai giorni nostri in cui, come in altre fasi della storia di Craco, vive una nuova vita: una ghost town che respira, vive, si offre ai turisti, agli artisti, ai ricercatori. Queste sono secondo me le motivazioni principali. In questo certamente c’è il grande contributo di giornalisti, dei media e del cinema che a Craco sempre più vengono da tutto il mondo”.
Avete reagito a una catastrofe trasformandola in una possibilità di rinascita: quando è scattata la molla che ha condotto all’attuale “sistema Craco” e in che modo avete creato l’attuale assetto virtuoso?
“Quando feci il sindaco nel 1995 sino al 1999 lanciai questa iniziativa con una scarsa convinzione da parte dei cittadini che ritenevano la mia quasi una fantasia, una chimera, una utopia. Oggi non troviamo nessuno o quasi che non si sia ricreduto almeno parzialmente. Dopo 10 anni di totale indifferenza e di abbandono del centro storico decisi di ricandidarmi e misi al centro questo progetto: mettere in sicurezza, recuperare, restaurare e creare un sistema di servizi, regolamento fondato su un principio base dell’economia circolare: accumulare sulle risorse locali, trasformate in capitale di base, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, fino a creare i primi posti di lavoro per i giovani di Craco e per tanti professionisti che vengono da altre realtà della Basilicata e di altre regioni italiane. Creati servizi stabili e posti di lavoro stabili abbiamo investito sulla qualità dei servizi e dei progetti di attività artistiche e culturali, di ricerca e innovazione. Voglio ricordare che il Parco Museale Scenografico di Craco offre i suoi servizi tutti i giorni dell’anno, anche quando piove, nevica o c’è un caldo asfissiante come la scorsa estate. Regole semplici ma che facciamo rispettare rigorosamente a tutti. L’offerta turistico culturale e museale è cresciuta moltissimo e sempre più il turista , il visitatore , rimane per alcune ore a Craco e quindi si sono create ora le condizioni per uno sviluppo di servizi aggiuntivi quali la ristorazione , un hostel di qualità e servizi di merchandising e commerciali di prodotti tipici e dell’artigianato. Una modalità assolutamente innovativa infine sono state le residenze artistiche culturali, masterclass, workshop, eventi e scambi giovanili internazionali con i programmi Erasmus avviati dal 2013 che consentono di vivere il luogo giorno e notte e vivere momenti di grande emozione. Immagini musicisti italiani e stranieri, giovani e men giovani che vengono e suonano nel centro storico abbandonato, nel Monastero di San Pietro con acustiche assolutamente uniche, eccezionali . Tutto questo è la nostra vera forza”.
So che avete in animo l’ampliamento delle relazioni con le università e nuovi progetti: ce ne può accennare?
“Abbiamo già dal 2014 avviato esperienze con Università e Politecnici, italiani e stranieri, europei e statunitensi. Ora faremo un salto di qualità poiché con una call internazionale e insieme a nuovi partner internazionali avvieremo una fase più avanzata: selezioneremo giovani studenti, artisti e ricercatori tramite le istituzioni accademiche e i poli museali, fondazioni e associazioni culturali e di artisti e centri di ricerca che presenteranno idee e ipotesi progettuali per attività da svolgere a Craco mettendo a disposizione i nostri servizi, le nostre infrastrutture e anche alcune piccole risorse finanziarie di supporto per avviare un circuito innovativo di produzioni culturali, artistiche e scientifiche interdisciplinari con l’uso delle nuove tecnologie promuovendo una grande community internazionale. Nonostante la quasi indifferenza delle istituzioni pubbliche governative regionali e nazionali andiamo avanti, anzi a volte penso che proprio perché sappiamo stare lontani da queste istituzioni riusciamo ad essere liberi e creativi, senza vincoli burocratici un luogo come Craco può crescere sicuramente meglio”.
Nel nostro colloquio telefonico, mi è sembrato di capire che avete una posizione autarchica e distaccata rispetto agli altri enti che si occupano di Beni Culturali nella regione: perché?
“La ragione sta in un mio purismo e direi quasi fondamentalismo: fare il sindaco senza appartenere a filiere politico clientelari ci rende liberi e sovrani nelle nostre decisioni. Questa è anche la reazione nata in me e in noi di dimostrare ai politici regionali e nazionali che anche in un piccolo, sperduto e povero paesino del sud si può fare sviluppo, crescere, creare lavoro e opportunità di imprese senza doversi genuflettere ai nuovi baroni del territorio, alle pressioni di un sistema opaco e non trasparente dove è la relazione con il politico di turno che ti fa avere i finanziamenti a dominare la cultura anche di molti miei colleghi sindaci. Sono innumerevoli in Basilicata e in altre regioni realtà di centri storici che hanno ottenuto una mole ingente di finanziamenti ma hanno le loro strutture perennemente chiuse e non esiste neanche una reception e un itinerario di visita, musei locali sempre chiusi. In questo troviamo molta forza e siamo orgogliosi che Craco anche in altri settori stia ottenendo grandi risultati: è il caso dei rilevanti risultati nella sostenibilità energetica e ambientale, nel cambiamento climatico Craco è molto impegnata a livello europeo con il Patto dei sindaci per il clima e l’energia e nel campo della raccolta differenziata dove in poco più di un anno abbiamo superato l’80% di differenziata con la raccolta rifiuti. Diciamo che siamo molto tenaci, testardi che se crediamo in quello che facciamo riusciamo ad essere veramente molto forti: invincibili, come Craco che resiste alle tragedie, calamità naturali e sfida il tempo e la storia”.