La cucina peruviana raccontata da Diego Muzzi
Se il primo ingrediente che incontri è la quinoa, nell’anno dedicato a questo pseudocereale andino che potrebbe contribuire a sfamare il mondo, ti rendi conto che non di solo stomaco si tratta.
Ha parlato a cuore e cervello Mixtura, il ristorante peruviano rimasto aperto fino ad agosto all’interno del Festival Latinoamericando al Forum di Assago. Lo ha fatto mettendoti subito sotto il naso un’insalata di questa pianta sacra venerata dagli Inca che ti racconta la sua millenaria storia di biodiversità: fresca, sana, per godere senza sensi di colpa.
Lo chef Diego Muzzi si è preso una pausa dal suo Don Juanito per mettere in tavola i sei, sette piatti che mangeremmo se ci trovassimo in Perù. A partire da uno identitario come il ceviche, pesce crudo esaltato da spezie autoctone, tra cui spicca la più diffusa cultivar edibile di capsicum (peperoni o peperoncini) del Perù, l’Ají amarillo: Muzzi ce lo ha fatto provare a fine pasto anche in eccitante forma alcolica fatta in casa, introvabile sul mercato.
Altri classici, la causa rellena, millefoglie di purè di patate con pollo o gamberi, o la peccaminosa yuca frita, manioca sfrigolata in olio caldo.
Per i carnivori, il Perù offre il lomo saltado (manzo, tipico ma di ispirazione cinese) e l’anticucho (spiedino di cuore marinato).
Su quasi ogni piatto si spargono aromi e profumi regalati da limone, zenzero e maracuja.
Per le bevande, siamo usciti dall’ordinario: abbiamo fatto come un vero peruviano, sorseggiando a tutto pasto il pisco sour, cocktail a base di un’acquavite molto aromatica, con aggiunta di lime, zucchero, chiara d’uovo e un pizzico di angostura.
In alternativa, in un pasto peruviano, vanno benissimo anche la chicha morada, tratta da un mais viola, o l’agrumata Inca Kola anti-imperialista alla Hierba Luisa (verbena odorosa).
Muzzi è argentino, quindi anche per lui è stata una scoperta la cucina peruviana, prima che decidesse di portarla in tavola ai milanesi.