Dolmen Li Scusi, mistero salentino pietrificato a Minervino di Lecce
Il Dolmen è un genere di reperto di cui si sa poco ma che riesce a trasmettere tanto: le sue origini storiche e funzioni socio-antropologiche sono ancora in parte avvolte nel mistero, ma è lampante l’emozione che si prova quando se ne visita uno.
Individuato da alcuni come il genere di monumento più antico tra quelli esistenti, il suo utilizzo sarebbe stato quello di tomba megalitica.
Dall’Enciclopedia Treccani veniamo a sapere che “dolmen di forma semplice si trovano nella Penisola Iberica, nella Francia, nell’Islanda, nell’Inghilterra, nella Scozia, nella Scandinavia meridionale, nella Danimarca, nella Germania del Nord sino all’Oder, nell’Olanda, in Corsica, nell’Africa settentrionale, dal Marocco alla Tripolitania, nell’alto Egitto, Siria, Palestina, Bulgaria, Crimea, Caucaso, nella Persia del Nord, nell’India, specie nel Malabar e nei Nilgiri, e sino in Corea”, mentre “per l’Italia si ricordano alcune tombe a tipo di dolmen, ma di piccole dimensioni, in Etruria e in Sicilia (Monteracello), ma veri dolmen si hanno nella Puglia, che conserva molti monumenti megalitici” (http://www.treccani.it/enciclopedia/dolmen_%28Enciclopedia-Italiana%29/).
Ed è proprio in Puglia che si trova il Dolmen Li Scusi, nel territorio di Minervino di Lecce, ritenuto uno dei più significativi e affascinanti tra le omologhe testimonianze in terra salentina.
Un pannello posto all’ingresso del sito spiega genericamente che il dolmen è “una costruzione preistorica, costituita da più lastre o blocchi in pietra calcaneritica locale non tagliata (denominate megaliti) poggiate o conficcate nel terreno a sostenere una grande lastra che, posta orizzontalmente, funge da tetto”.
La sua presenza non è casuale, visto che “in Puglia si contano almeno ventitré dolmen”. Infatti arriva la conferma che la Puglia è “l’unica regione dell’Italia peninsulare in cui i dolmen siano diffusi e numerosi”, localizzati soprattutto nella fascia costiera del barese, in un’area a nord di Taranto e nel Salento.
Le informazioni più ricche e attendibili sul Dolmen Li Scusi le troviamo grazie all’ammirevole progetto Dolmenhir. Le sacre pietre del Salento, guida on line che mira a fornire, “constatato l’accresciuto e diffuso interesse per queste colpevolmente trascurate fondamenta della memoria, oltre a un catalogo documentato, un manuale con tutti i suggerimenti possibili per agevolare l’approccio ai nostri megaliti”, ricco di itinerari, suggerimenti, approfondimenti, ma soprattutto di ricchissime descrizioni storiche di queste strutture archeologiche (http://www.dolmenhir.it/).
E’ sul sito di Dolmenhir.it che possiamo quindi apprendere che fu “scoperto da Luigi Maggiulli nel 1867, in un terreno gremito di affioramenti rocciosi, nel territorio di Minervino”, mentre “fu esaminato e descritto accuratamente da Cosimo De Giorgi nel 1879”.
Scopriamo così che “il dolmen poggia su un banco di roccia affiorante”, mentre “il lastrone di copertura di forma quadrangolare irregolare, spesso da 34 a 43 centimetri, è attraversato da un foro del diametro di circa 20 centimetri ed è sostenuto da otto ortostati, uno monolitico e gli altri di pietre omogenee impilate”.
Per raggiungerlo, sappiate che “si trova sulla via provinciale Minervino-Uggiano la Chiesa, in un oliveto a metà strada sulla destra, ben indicato da apposita segnaletica” (http://www.dolmenhir.it/minervino-di-lecce/dolmen-li-scusi.html).
Wikipedia aggiunge che si tratta del “primo dolmen rinvenuto e catalogato in Puglia” e che “per le grandi dimensioni può essere considerato il più grande dolmen della Puglia dopo quello di Bisceglie”, mentre “l’intera area dolmenica è stata recentemente recuperata con la realizzazione del Parco culturale del Dolmen Li Scusi” (https://it.wikipedia.org/wiki/Minervino_di_Lecce#Dolmen_Li_Scusi).
La sua collocazione in un angolo di natura rigogliosa induce il visitatore alla meditazione, interiorizzando il mistero che alligna lungo queste memorie pietrificate che parleranno sì di morte ma al tempo stesso si sono consegnate all’eternità, portandosi addosso tracce dell’anelito trascendente dell’Uomo.
Se poi si ha la fortuna di visitarlo in solitaria, senza nessuno intorno, come accaduto a noi, si potrà vivere la sensazione di ascoltare un silenzio di origine remota, come se il Passato ci parlasse direttamente, magari dicendoci ciò che abitualmente non vogliamo ascoltare.
Nel video che segue, la nostra memoria visiva della visita al Dolmen Li Scusi.
Intorno al Dolmen Li Scusi, ci sono anche altre tracce litiche di antropizzazione, più o meno recente, le quali meritano comunque il prolungamento della visita.
In questo caso l’assenza di spiegazioni non rende immediatamente intellegibile la natura dei reperti…
… ma trasferisce al visitatore la percezione di un lembo di territorio dove gli abitanti di un tempo sentivano l’esigenza primaria di scolpire nei macigni della Storia il proprio presente, quasi avessero voluto parlare con noi futuri viventi di un effimero e sfuggente presente, per insegnarci il valore del Tempo insieme a quello della Memoria condivisa.