Evoluzione culturale del concetto di dieta
Oggi quando parliamo solitamente di “dieta” intendiamo alcune cose ben precise: la dieta dimagrante volta a perdere peso, quella giornaliera che si concretizza nei pasti che facciamo e le diete speciali che vengono fatte a seguito di particolari patologie. Sebbene, soprattutto nel primo caso che ho elencato, giochino un ruolo essenziale fattori di carattere culturale e sociale (con tutto ciò che ne deriva), ci dimentichiamo spesso che questi stessi elementi hanno avuto nel corso della storia un ruolo più importante di quello che hanno ora. Il modo di alimentarsi è sempre stato un mezzo di distinzione sociale: la dieta del nobile per molto tempo fu grassa e abbondante, simbolo di salute, disponibilità economiche e prestigio sociale; la presenza della pancia negli uomini e la morbidezza delle carni nelle donne testimoniavano l’alto prestigio sociale. Avere come epiteto “grasso” era molto importante, Bologna soprannominata “la grassa” si vantava di questo appellativo perché sinonimo di opulenza sociale e commerciale; non è un caso se la ricca borghesia fiorentina si definì durante il Medioevo come “popolo grasso”. Tutto ciò aveva ancor più valenza se si considera che gran parte della popolazione aveva come compagna fedele del vivere quotidiano la fame atavica mai saziata, indagata anche dall’arte, dalla letteratura e dai personaggi della Commedia dell’Arte (come non ricordare Arlecchino e Pulcinella?!).
In questo ampio contesto la dieta voleva poter dire anche il controllo delle pulsioni carnali e delle tentazioni mondane che si realizzava nel rifiuto, spesso solo teorico, di cibi raffinati o della carne da parte degli ordini monastici, o quello più rigido praticato dagli eremiti e dai mistici dei primi secoli dell’età cristiana.
Questi aspetti, chiaramente in misura diversa, vennero presi in considerazione fino alle porte dell’Ottocento (e in alcuni casi oltre) nell’elaborazione della cosiddetta “dieta del letterato”, una lista di vivande che erano ammesse al consumo degli intellettuali perché, per loro natura, non sopivano l’estro artistico e la sete di conoscenza.
Voglio infine concludere questo breve viaggio riflettendo anche su come la dieta oggi possa essere sinonimo di contestazione sociale o di disagio. Nel primo caso mi riferisco a scelte di natura ecologica o morale che portano a rifiutare il consumo di determinati alimenti perché ritenuti dannosi alla salute umana o della Terra o perché danneggiano socialmente ed economicamente altre popolazioni; per il secondo caso non bisogna dimenticare le patologie legate al cibo insorte negli ultimi decenni e strettamente collegate a disagi sociali e/o psicologici, che hanno come centro nevralgico disordini di tipo alimentare che possono portare anche a conseguenze molto gravi per la salute umana.
Un panorama ampio e articolato sia dal punto di vista temporale che culturale, riflesso dell’importanza del concetto di dieta nella storia umana.