Fiano di Avellino di Felice Meoli, novità dall’Irpinia
Dopo anni passati a vedere svilire l’indole naturalmente robusta del Fiano di Avellino, ingentilito e quindi depotenziato nella sua muscolatura per venderlo al pubblico meno colto e attrezzato, abbiamo avuto un sussulto quando ci siamo ritrovati finalmente davanti alla sua espressione autentica, austera e nerboruta senza rinunciare alla gradevolezza, merito della prima emissione di Felice Meoli che ha dato il proprio nome a un’attiva vitivinicola i cui vigneti si trovano nella zona collinare ad ovest di Lapio, piccolo borgo della provincia di Avellino.
L’azienda nasce dal nonno Felice Meoli, classe 1926, definito uomo “tutto d’un pezzo” ma anche autorevole e lungimirante nel suo attaccamento al proprio territorio che lo ha condotto a puntare tutto sulle sue potenzialità, trattandolo “come buon investimento futuro”.
E’ così che nel 2003 nasce l’azienda che “si estende per circa 4 ettari vitati nella zona ovest di Lapio (AV); i vigneti sono impiantati a 450 metri sul livello del mare ed hanno una struttura particolarmente argillosa”.
Nel frattempo il nipote omonimo dopo “studio e costante formazione pratica” e un diploma all’Istituto Tecnico Agrario Francesco de Santis ha preso in mano le redini dell’azienda, trasformandola di pari passo con la sua crescita formativa, sancita anche dagli insegnamenti della Facoltà di viticoltura ed enologia dell’Università Federico II di Napoli.
L’approdo più significativo avviene quest’anno con le prime 1233 bottiglie prodotte con uve selezionate.
Per firmarlo non soltanto con il suo nome ma anche con il proprio estro, Felice è intervenuto pure sull’estetica della bottiglia, creando una cosiddetta etichetta d’artista del tutto autarchica: “con orgoglio, oggi, posso esibire quello che è diventato il logo della mia azienda”, dice, spiegando che “si tratta di una macchia, informe e asimmetrica, accompagnata da pennellate di ridotte dimensioni; era il novembre del 2018, il mio progetto stava prendendo forma nella mia mente ma mi occorreva un tratto distintivo, una sorta di marchio di fabbrica assolutamente personale: cosa c’è di meglio nel dare sfogo alla propria creatività attraverso la pittura? L’intento era lasciare una mia traccia ed ecco che presi un pennello, lo intinsi in un calice di vino e schizzando con un colpo deciso il liquido sulla tela venne fuori questo strano segno. Un gesto unico ed irripetibile, ecco perché in questi anni non è stato mai modificato affinché non perdesse il suo valore originario. Il suo significato? Nessuno, pura astrazione, libera interpretazione. C’è chi vi scorge una macchia di vino, chi un calice, chi una donna in atto di vendemmiare; infine, i più visionari, persino vi hanno intravisto l’area in cui si estende il mio vigneto”.
Il risultato di tanta passione è un Fiano d’Avellino in purezza minerale e aromatico che si annuncia all’olfatto come intensamente floreale, con una nota di gelsomino, mentre il palato vi riscontra pera Williams, cedro candito, avocado, ananas e yuzu.
Esplosivo, coinvolgente, è un grande vino che si esalta a tavola, dominando la scena sensoriale.
Se questo è l’inizio, c’è da attendere sviluppi di grande personalità.
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