Frumento ad Acireale (CT), la pizza in purezza tra natura e golosità
E’ un buon segno per tutto il Paese che un locale di ristorazione estremamente rigoroso abbia successo popolare e mediatico: testimonia un cambiamento di cui è perfetta interprete la pizzeria Frumento ad Acireale, progetto dotto e intransigente in cui ogni singolo dettaglio deve esprimere congruità etica e culturale, senza mai mettere in secondo piano il piacere.
Avviluppata dal barocco catanese, la sede in piazza Mazzini 8 “sulla seicentesca basilica collegiata San Sebastiano” riflette la medesima armonia presente nella filosofia del gestore Emanuele Serpa: semplicità dell’assunto, solidità delle fondamenta, grazia creativa. Ciò che si ritrova nelle pietanze di Frumento, contrassegnate da pochi ingredienti capaci però di esprimere grande ampiezza dello spettro sensoriale, con abbinamenti mai capziosi.
Serpa non ha paura di prendersi responsabilità importanti e di creare aspettative elevate, come dimostra il claim che nel logo sottolinea il nome del locale, dichiarando senza tema “pizza in purezza”.
Una purezza che parte dagli intenti, in testa quello di esaltare la pizza per ciò che è: una pietanza iconica in grado di accogliere sul proprio impasto qualsiasi ingrediente, a patto che esso abbia un’urgenza espressiva. Gli accostamenti di Frumento infatti, anche i più estremi, hanno sempre una logica, organolettica, ideale o territoriale che sia.
La purezza è anche quella delle materie prime, dalle farine di prima qualità ai condimenti più ricercati, perché qui si garantisce l’uso soltanto degli “ingredienti più puri, lavorati con delicatezza, a tutela dei sapori e profumi originari”.
Purezza che risiede pure nell’approccio trasparente e senza fronzoli di Serpa e della sua squadra, nell’incontestabile opinione secondo la quale le ragioni dell’eccellenza risiedono nelle cose buone che arrivano senza fretta, “per noi sinonimo di una cucina da gustare con lentezza, assaporando ogni singolo sapore e rispettando i ritmi ed i cicli della natura”, da cui “la semplice bontà di una pizza preparata con pazienza certosina e arricchita da ingredienti freschissimi”.
La missione dichiarata da Frumento a questo punto è apodittica, quando si legge che “nelle nostre pizze e in tutti i piatti e le bevande, miriamo all’eccellenza culinaria: operiamo un’approfondita ricerca sugli impasti (napoletani, siciliani e khorasan) e selezioniamo i migliori ingredienti della tradizione siciliana (presidi Slow Food)”.
Un reticolo di istanze, principi e applicazioni che abbiamo voluto approfondire proprio con Emanuele Serpa, nel video che segue.
Malgrado la lettura della lista delle pizze possa alimentare impazienza, è bene concedersi prima un passaggio dagli antipasti, non dei meri appetizer bensì parte integrante del disegno culinario del posto.
Ne sono dimostrazione le imperdibili fritture, a partire dalle magnificamente croccanti Patatine ruspanti all’arancia, con patate fresche sfrigolate con la propria buccia sulle quali, a caldo, vengono grattugiate delle zeste d’arancia siciliana, le quali funzionano da detonatore aromatico, rendendole una ghiottoneria molto originale.
Altrettanto inevitabile la prova dell’Arancinu, declinazione semantica ecumenica utilizzata per risolvere il sanguinoso e irrisolto conflitto etimologico tra la fazione palermitana che lo definisce “arancina” e gli intransigenti catanesi sostenitori del lemma “arancino”. Singolar tenzone con armi glottologiche su cui il locale ironizza causticamente chiamando la sua versione della pietanza con una battuta: “Arancino o Arancina? Arancinu!”.
Al di là del calembour, c’è la sostanza di una specialità già identitaria di suo che però Frumento ha voluto ancora di più legare al proprio territorio, inserendo nel ripieno il “trunzo di Jaci”, espressione dialettale per indicare il tipicissimo ortaggio locale Cavolo trunzu di Aci, così prezioso da ricevere la tutela e valorizzazione di un Presidio Slow Food (https://www.fondazioneslowfood.com/it/presidi-slow-food/cavolo-trunzo-di-aci/). Croccante e ricco di note linfatiche che lo rendono goloso, è avvolto in pregiato riso Acquerello, da cultivar Carnaroli invecchiata per anni, la quale viene coltivata e lavorata con tantissimi accurati passaggi in Piemonte dalla Tenuta Colombara di Livorno Ferraris, nella vocata provincia di Vercelli (https://acquerello.it/).
Da sottolineare la capacità del cuoco di trasporre tanta nobiltà primaria in un esito di perfetto equilibrio.
Il passaggio alla pizza, come ci si può attendere, è tutt’altro che banale.
Lo dimostra la presenza di ben sette versioni della Margherita, variazioni sul tema con millimetriche ma sostanziali differenze nelle tipologie e provenienze dei latticini o dei pomodori, o in piccole sensate aggiunte.
Si passa quindi alle Pizze Mare, categoria rischiosa che richiede massima perizia nell’esecuzione, per la difficoltà di armonizzare la delicatezza ittica con il tumulto della lievitazione.
Le nostre due prove sanciscono il superamento dell’esame a pieni voti.
La pizza chiamata Acciuga celebra il frutto del lavoro commovente di quella che era arrivata a essere per importanza la seconda flotta di pescherecci siciliani impegnata nella cattura del pesce azzurro, di stanza a Sciacca. I filetti a crudo di acciuga di Sciacca sott’olio sono adagiati tra mozzarella di Bufala di Paestum, quindi fedele alla scuola salernitana che la vuole più cremosa e ricca di siero all’interno rispetto alla cugina aversana, insieme a pomodoro datterino infornato, olive nere e foglie di basilico fresco: è un trionfo di sapori del Mediterraneo, con prodigiosa osmosi di salato, acido e fresco.
Siamo addirittura al capolavoro di alta cucina con la Mazara, il cui nome richiama ovviamente il sublime Gambero Rosso, il cui umami si intreccia con la dolcezza casearia della stracciatella, la sapidità della polpa di riccio, l’erbaceo amaricante delle cime di rapa e la croccantezza del pane: un tripudio di complessità che richiede però la complicità del degustatore e la sua disponibilità a farsi trascinare in un’esperienza estrema.
La preparazione infatti non prevede mezzi toni, bensì punta all’apogeo della gola spingendo al massimo tutti i sapori fino a un inebriante parossismo, una prelibatezza così irriverente che al suo acme può anche risultare spiazzante, da godere pertanto in totale abbandono ludico.
La sezione delle Pizze Campagna offre tante opzioni seducenti, tra le quali abbiamo scelto la Broccoli, in cui questi sono saltati e sposati con la rara e fenomenale Vastedda della valle del Belice, formaggio che si rivela clamoroso anche in tale contesto con le sue nette evocazioni di pascolo e buon latte ovino, cui si aggiunge il suadente Caciovallo ragusano fresco grattugiato: il peperoncino fresco incendia una ricetta davvero buonissima che sublima il concetto di Sicilia da mangiare.
Per le pizze c’è da sbizzarrirsi anche con altri attraenti capitoli, quali I Salumi, La Tradizione e il bucolico Pane e Companatico.
L’assaggio va esteso anche ai vari impasti tra cui si può scegliere. Ottimo l’impasto napoletano, spumoso, con grandi alveoli e rigogliosa fragranza. Un’autentica sinfonia agreste quello che utilizza il Russello, ritenuto tra le qualità di grano duro autoctono più antiche della Sicilia, capace di riportare alla memoria il sapore del pane di casa di una volta, facendo sognare l’olfatto con una netta impronta di frumento (non a caso il nome del locale…), veicolata da alveoli piccoli e fitti che creano una consistenza carnosa irrorata da perfetta umidità.
Tra le tante altre chicche, nota di merito per l’olio extravergine di oliva della varietà Nocellara Etnea, prodotto in regime biologico dall’azienda Grottafumata nel territorio di Randazzo, intenso e stimolante al palato (http://www.oliogrottafumata.it/).
Naturalmente grandissima l’attenzione anche per le bevande.
Da applauso la scelta delle creazioni sincere della modicana Sabadì, le fruttate Bibite Madre “gassate, naturali, biologiche, fatte al momento” con agrumi siciliani (https://www.sabadi.it/categoria-prodotto/bibitemadre/).
Sia l’Aranciata Madre che la Limonata Madre sono fatte con la spremuta dell’agrume e la sola aggiunta di zucchero di canna.
Chi vuole tentare una strada inedita però si lasci avvincere dalle invenzioni di un bancone che eleva la tendenza del mixology a ricerca intellettuale.
Come definire altrimenti lo strepitoso Bloody Mary in cui la vodka Stolichnaya Premium Gold (distillato di grano puro, ancora una volta protagonista, non a caso…) infonde piglio alcolico a una masticabile miscelazione di succo di pomodoro datterino, sciroppo home-made di rosmarino, Bitter Truth all’olio d’oliva, tabasco e salsa Worchestershire: senti la natura farsi nettare, con la mente che vola all’ambrosia del Mito.
E’ l’ennesima traduzione della Natura in essenza gastronomica, leitmotiv della proposta di Frumento, ode lucreziana agli Elementi tradotti in cibo, un’essenzialità foriera di un diletto diretto tanto ai sensi epidermici quanto al senso del buon vivere.
Un’esperienza significativa per la quale dobbiamo ringraziare la segnalazione di CityMap Sicilia (https://www.citymapsicilia.it/catania/mangiare/), portale che guida nei percorsi culturali ed enogastronomici i visitatori di quest’area dell’Isola.
Info: https://frumentoacireale.it/