I gioielli espositivi del Sistema Museo a Padula nel Vallo di Diano (SA)
Partecipazione, identità, intelligenza, scrupolo, missione: sono tante le istanze emotive e intellettuali che rendono prezioso e singolare il Sistema Museo a Padula in provincia di Salerno, un luminoso esempio di come un Comune possa e debba fare Cultura basandosi sulle proprie radici storiche, sociali e antropologiche, con fierezza e consapevolezza, creando un mirabile ordito di allestimenti capaci di unire severità scientifica e afflato ludico, creando divulgazione moderna e inclusiva.
Già il borgo in sé di questa località del Vallo di Diano meriterebbe il viaggio per l’abbagliante grazia architettonica dei suoi edifici ancora intatti e il fascino irresistibile del dedalo di viuzze che lo attraversa, ma a ciò aggiunge un insieme di esposizioni permanenti capaci di esporre la storia e le storie del posto collegandole con un ideale filo rosso pedagogico e concreti percorsi di visita che consentono di scoprire le vicende fondative del genius loci mentre se ne vive l’antica trama urbana.
Certo che parti avvantaggiato se tra i tuoi beni culturali puoi vantare una meraviglia di fama internazionale come la Certosa di San Lorenzo che è tra i “monasteri più grandi d’Europa con una superficie totale che supera i 50.000 metri quadri”, promossa e finanziata “a partire dal 1306 da Tommaso Sanseverino, conte di Marsico, sul nucleo originario di una grància antica, una struttura con funzione di azienda agricola in genere collegata alle abbazie benedettine”.
Il prestigioso complesso “segue lo schema consolidato dell’ordine fondato nel 1084 da San Brunone di Colonia, in Francia, basato sulla netta distinzione di due grandi aree funzionali”, la casa alta dedicata alla residenza silenziosa dei padri, alla meditazione e alla clausura, mentre un’altra, la cosiddetta casa bassa, comprendeva luoghi di lavoro, depositi, granai, stalle, lavanderie ed era “destinata ai conversi, frati che non hanno ricevuto gli ordini religiosi, preposti ai servizi manuali, alla sussistenza materiale della comunità e ai rapporti con il mondo esterno”.
E’ proprio quest’ultima a essere affidata alla gestione del Comune che l’ha trasformata in un gioiello.
A quest’area della struttura, collocata fuori dal centro storico che la domina con un’incantevole visione dall’alto, si accede dal monumentale ingresso alla Certosa, dove ti aspetta un video didattico sul senso di ciò che ci si appresta a vivere, da seguire in una comoda e attrezzata saletta.
E’ il modo essenziale e necessario con cui vieni introdotto al successivo tragitto di straordinaria suggestione che sembra attingere da pratiche e dispositivi mutuati dall’arte contemporanea più evoluta, mettendo in dialogo immensi ma spogli ambienti in pietra nuda con proiezioni di dimensioni cinematografiche il cui fascio di luce dà vita alla narrazione del luogo in cui ci si trova, adottando un linguaggio che ondeggia tra la teatralità audiovisiva di scuola britannica, il classico sceneggiato letterario italiano e lo storytelling del moderno documentario.
L’atmosfera è mistica come si conviene alla destinazione d’uso d’un tempo della Certosa, così i passi si mettono all’unisono con i sospiri dell’ammirazione, creando un’esperienza di rara profondità che culmina con la vista di reperti archeologici, sineddoche della vita che fu.
E’ il momento di raggiungere la parte alta di Padula, parcheggiare saggiamente l’auto e dare fiducia alle proprie gambe per affrontare imperdibili camminate nella Bellezza, tessendo le traiettorie che uniscono idealmente le altre realtà da conoscere.
Inevitabile punto di (ri)partenza è il Museo Civico Multimediale “ospitato nel palazzo Brando, nei pressi del municipio, realizzato nel 2014 su progetto di Fabrizio Mangoni”, presentato come “un percorso interattivo rigoroso e evocativo attraverso la storia millenaria di Padula e del Vallo di Diano, dalla preistoria all’Ottocento”.
La successione delle stanze già ripaga esteticamente per l’eleganza delle rifiniture e la ricchezza dei complementi d’arredo, creando un contesto d’antan tra velluti e sostegni in legno come fossero lussuose cornici dentro le quali “attraverso supporti multimediali innovativi il museo dà vita a una esplorazione virtuale nel territorio e nella storia, fino all’unità d’Italia: archeologia, risorgimento, brigantaggio, ambiente e identità civili composite, prendono forma, sala dopo sala, interpretati dalle voci e dalle immagini dei protagonisti che si materializzano sugli schermi aprendo cassetti e ante di armadi parlanti”.
Sono proprio le vicende relative alla nascita della nostra nazione a colpire, poiché si inscrivono in un coraggioso filone auspicabilmente revisionista che sta finalmente riscrivendo una scansione ufficiale degli accadimenti finora lacunosa e di parte, ponendo nella giusta luce fenomeni controversi fino a ieri sempre condannati da una storiografia manichea allineata alle sole ragioni del Potere costituito.
In questo modo l’epopea dei briganti non è più la storiella balorda che li voleva come semplici delinquenti, bensì diventa memoria di rivendicazioni sociali, lotta alla povertà, resistenza alla sopraffazione contro i deboli, richiesta di giustizia equa. Un affresco di lotta, dolore e sangue che affiora con vivida potenza da un corredo di foto e filmati d’epoca assemblati con perizia e serietà, senza mancare di raggiungere anche il cuore, oltre al cervello.
Uno sviluppo epistemologico che approda nell’ultima sala del piano superiore a un processo immaginario virtuale, il quale “invita gli ospiti a partecipare e interagire: il protagonista, l’imputato, è Carlo Pisacane, l’eroe della spedizione di Sapri del 1857, naufragata tragicamente tra Padula e Sanza”.
Si prosegue elevandosi fino alle più alte vette della moralità collettiva con la più brillante musealizzazione della lotta alla mafia mai vista da noi fino a oggi, la Casa Museo di Joe Petrosino allestita nella reale abitazione in cui egli ebbe i natali il 30 agosto 1860, prima di diventare una leggenda della lotta alla criminalità negli Stati Uniti dove sarebbe emigrato.
Viene presentato come “unica casa-museo in Italia dedicata a un rappresentante delle forze dell’ordine” la cui vicenda sembra davvero la trama di un poliziesco ed è invece stata la cruda realtà di un integerrimo tutore dell’ordine emigrato da ragazzino negli USA con i genitori a tredici anni, il quale dopo essersi ricoperto di gloria a New York decide di rientrare nel Paese d’origine “ per investigare i legami tra mafia americana e siciliana”: morirà in un agguato a Palermo il 12 marzo 1909.
Da allora gli States lo celebrano come un eroe, mentre in Italia è proprio questo museo a tenerne vivida la figura, mantenendo gli ambienti originali di casa Petrosino “ancora con gli arredi e gli oggetti del tempo”, tanto da potere oggi osservare la camera da letto, la culla, gli oggetti da toilette, la sala da pranzo arredata con mobili liberty, la tavola apparecchiata con le stoviglie di famiglia insieme a fotografie originali d’epoca dei familiari di Joe Petrosino.
Molto forte l’impatto anche con la sezione multimediale del museo al piano superiore che “indaga le trame storiche dell’antimafia, nata anche dall’impulso pionieristico di Petrosino: a partire da filmati originali che fanno rivivere le investigazioni del poliziotto di Padula, proseguendo con documenti visivi tratti dagli archivi di Rai Teche, fino alle cronache dei nostri giorni, ai protagonisti e alle vittime della lotta senza quartiere contro la criminalità mafiosa”. Rabbia, commozione, indignazione, voglia di reagire, sono tante le reazioni stimolate dalla visione di tali materiali, alla base dei quali appare evidente il rigore etico e la passione civile di chi ha voluto questo sacrario della legalità.
L’offerta di questo Sistema Museo si chiude con il Battistero paleocristiano di San Giovanni in Fonte, uno “dei più antichi di tutto l’occidente”, costruito su commissione di Papa Marcello I e distrutto “nel VI secolo forse durante la guerra greco-gotica”.
Nel corso degli anni i restauri “hanno riportato alla luce una struttura articolata intorno a un corpo di fabbrica quadrato e le mura con archi a tutto sesto che in origine probabilmente reggevano una cupola”, mentre la fonte battesimale “era alimentata da una sorgente perenne e un invaso pieno d’acqua”.
Diversi i biglietti che facilitano l’esperienza pure in gruppo, con la possibilità di fruire di visite guidate, laboratori didattici e anche degustazione di prodotti tipici locali, ma soprattutto con l’offerta di un raro senso dell’accoglienza e della puntualissima professionalità degli addetti, pronti perfino a sforare l’orario di lavoro pur soddisfare curiosità e interesse dei visitatori.
Da aggiungere la brillante gestione degli amministratori locali, come l’Assessore Filomena Chiappardo che tanto ha già contribuito a rendere così funzionale il Sistema Museo ma che sembra non volersi fermare nel dotare Padula di altre eccellenze culturali.
Immagini tratte dalla pagina Facebook Padula sistema museo (https://www.facebook.com/padulasistemamuseo/?ref=page_internal) e dal sito Internet di Padula Sistema Museo (http://www.padula.eu/?fbclid=IwAR0IeWg87fxFStS9YDldeWTaqhmELq11TgcFKV39P9DRj_pZhe3BysOjhY8).
Si ringrazia il Comune di Padula per la gentile concessione.
Info: https://www.padula.eu/