Gli antichi autoctoni di Breganze (VI): dai Miotti, beni culturali da bere
Hanno ben ragione nella famiglia Miotti a sostenere che la storia del vino di Breganze, in provincia di Vicenza, passa attraverso la loro cantina, azienda a conduzione familiare per la quale la viticoltura “è un mestiere antico, una tradizione tramandata da padre in figlio con scrupolosa fedeltà da più generazioni”.
Se oggi esistono e vengono valorizzate varietà di uve dai nomi sconosciuti come Gruajo, Groppello di Breganze, Pedevendo, Marzemina Bianca, è grazie alla tigna di Firmino “che segue con grande passione la vigna, affiancato dalla moglie Pina, e dall’intraprendente vivacità produttiva di Franca, responsabile di cantina”.
Vignaioli così danno alle viti e ai vini il valore di veri e propri beni storici, quindi sono operatori culturali a tutti gli effetti.
Basti vedere quanti testi sono citati nel sito dell’azienda: passando da una pagina all’altra, ci si erudisce sul serio, tra citazioni e interi stralci di trattati antichi, oltre alle numerose notizie che i Miotti riportano dalla tradizione orale dei contadini delle loro parti.
I vini che producono sono appassionanti come la loro ricerca.
Il Pedevendo è talmente un orgoglio di famiglia da essere stato registrato come marchio. E’ prodotto in purezza da Pedevenda, “uva rarissima del vicentino coltivata quasi esclusivamente dalla nostra azienda da più di un secolo”. E’ un vino frizzante secco non filtrato: la sua natura viva fa emergere sentori ancestrali che rendono il sorso austero. Un vino che pretende rispetto per la sua storia e rarità, quindi da bere con grande concentrazione.
Sampagna è un nome leggero che si porta dietro una sorta di ironia contadina verso i lontani echi delle bollicine francesi: in effetti ha grande beva e piacevolezza, ma questo non distolga dal suo nobile passato.
E’ frutto al 100% di Marzemina Bianca, “una varietà veneta di antica coltivazione le cui notizie storiche certe risalgono al 1679”. All’inizio del secolo scorso ha rischiato di sparire, sopravvivendo in quiescenza, emarginata in vigna e usata soltanto negli assemblaggi. I Miotti gli hanno invece ridato dignità, vinificando la Marzemina Bianca in purezza, con lo stile del “frizzante sur lie”, con una fermentazione in bottiglia che lo rende “un vino naturalmente vivace”.
Il Breganze Doc Vespaiolo 2014 è un vino di remota e documentata storia. All’ingresso al palato sorprende con un’esplosione di mineralità che si trascina dietro una forte personalità aromatica: si esalta anche sulle carni bianche. E’ forse il vino dei Miotti in cui più marcata appare la natura vulcanica dei terreni.
Sempre dal vitigno Vespaiolo nasce la versione che abbiamo provato di Strada Riela, vino “prodotto solo in alcune poche annate” in cui le varietà utilizzate cambiano ogni anno: si sente il vivace apporto dei lieviti che danno spessore organolettico alle sue spensierate bollicine contadine.
Il Gruajo è un altro marchio registrato dei Miotti, oltre che uno dei più grandiosi vini italiani: ancora una volta parliamo di un rarissimo autoctono il cui recupero di deve a questa famiglia di benefattori degli amanti del vino. Il vitigno, qui in purezza, è il Gruaia, da cui nasce un nettare “citato già nel settecento come un vino delicato e gagliardo: sembra che il nome Gruajo o Cruvaio gli sia stato attribuito per il fatto che, raggiunta la completa maturazione, il grappolo presenta chicchi completamente maturi e chicchi verdi”. Ha un colore rubicondo che avrebbe potuto ispirare le sfumature cromatiche di un quadro di Rothko, mentre in bocca si presenta con note selvatiche che rendono unico il suo crogiolo di frutti rossi.
Per il Groppello, non fatevi fuorviare dal nome, perché si tratta di quello di Breganze, tutt’altra cosa rispetto all’omonimo gardesano. Se ne ha notizia in questo territorio dal trecento, mentre testi successivi testimoniano della sua costante presenza in zona: “si pensa che il nome abbia una derivazione veneta dal verbo ingropare, cioè legare le gengive, dovuta al fatto che il vino si presenta con una spiccata tannicità”. La saggezza popolare anche in questo caso ha ragione: in effetti è un vino che si impadronisce prepotentemente di ogni angolo della bocca, conducendo il gioco dei sensi.
Il Cabernet di queste zone è interpretato dai Miotti all’insegna dell’equilibrio e dell’eleganza, oltre che della bevibilità: perfetto in ogni aspetto, conserva una vena di acidità che lo fa scorrere magnificamente a tavola.
Chiudiamo inevitabilmente con il classico dei classici del territorio, il Torcolato, “prodotto in Italia nella sola zona di Breganze”. Parliamo della quintessenza dei vini passiti italiani, un pilastro della nostra tradizione enoica: “è ottenuto da una sapiente scelta e da una estrema cura dei grappoli di uve di Vespaiola che, per appassire, vengono attorcigliati (intorcolà) a degli spaghi in ambiente arieggiato”. Soltanto i grappoli migliori procederanno nel percorso verso la bottiglia, con una produzione limitata “sia per la scarsa resa sia per la cura tipicamente artigianale che questo vino richiede”.
Sulle sensazioni, ognuno si diverta a trovare le proprie, nell’infinito corredo aromatico di questo vino miracoloso che spazia tra frutta secca, disidratata o candita tipica dei dolci secchi tipici di varie parti d’Italia, dal pangiallo romano alla cupeta valtellinese.
La cantina Miotti dà la stessa sensazione di un prestigioso museo, dove al posto dello studio d’artista ci sono i filari delle viti, invece delle stanze espositive ci sono i locali della cantina, mentre quadri e sculture sono sostituiti dalle bottiglie dei vini della famiglia: in entrambi i casi, sempre di opere d’arte si tratta.
Il racconto di questi vini nelle parole di Franca Miotti.
Info: www.firminomiotti.it