I pregiati sake Junmai distribuiti da Proposta Vini: storia, fascino e peculiarità
Avvicinarsi al sake vuol dire addentrarsi in una cultura del bere antica e ricca di scoperte sotto ogni aspetto, da quello agricolo e botanico fino alle raffinate tecniche di produzione che lo creano: tutto questo a patto di berlo con la mente attiva pronta a recepire la narrazione che sta dietro a ogni sorso di questo fermentato di riso, la quale si annida necessariamente nelle sue declinazioni di eccelsa qualità, come le referenze distribuite da Proposta Vini in collaborazione con l’importatore Firenze Sake, connubio di eccellenze che operano tanto per la gioia del palato quanto per la soddisfazione dell’intelletto.
Entrambe le strutture infatti nei propri ambiti applicano un sano e prodigioso intento divulgativo, dettato dalla consapevolezza che per proporre sempre maggiore qualità del bere bisogna anche svolgere un’azione educativa, aiutando tutti i possibili referenti ad affinare il gusto e comprendere il valore intrinseco di ogni singola produzione.
Un intento destinato ad amplificarsi per il distributore trentino con l’ingresso nello staff di un’autorità di rilievo internazionale in materia di distillati e dintorni come Antonio Beneforti, il quale ha assunto la responsabilità del settore Spirits e sta già svolgendo un alacre lavoro che annuncia notevoli sviluppi sia sulla strada della ricerca del gusto sia su quella dell’azione culturale.
(https://www.facebook.com/photo.php?fbid=618876283616981&set=pb.100064838432564.-2207520000&type=3)
Perché è con un approccio curioso e appassionato nonché adeguatamente informato che per esempio si possono gustare al meglio i sake nella versione Junmai, denominazione che indica la mancanza di aggiunta di alcol etilico al prodotto.
E’ proprio il sito di Firenzesake a istruirci in merito a partire dalla più corretta definizione del sake che sarebbe nihonshu: “ciò che fa la differenza è la presenza o meno della parola Junmai: in sua assenza avremo un nihonshu con una ulteriore integrazione di alcol etilico; sul valore di questa aggiunta di alcol rispetto agli altri ingredienti si è aperto un vero e proprio dibattito tra i cultori del nihonshu, ma basti, qui, dire che le ragioni che portano a scegliere l’uno o l’altra sono anche legate all’area di gusto e agli aromi che il produttore vuole creare con il proprio nihonshu: l’alcol viene infatti aggiunto a fine fermentazione per preservarne aromi che altrimenti sarebbero volatili, quindi, per il consumatore, Junmai o non Junmai questo è il dilemma” (https://firenzesakeblog.com/2015/07/27/sake-diversi-le-classificazioni-parte-prima/).
(https://www.facebook.com/amabuki/photos/pb.100064838432564.-2207520000/4407427112637739/?type=3)
Provando l’estrema bontà del Junmai Ginjo il dilemma è per noi risolto, essendo davvero imperdibile. Il segreto è nell’aggiunta del lemma Ginjo che testimonia la pregiata presenza di spiccate peculiarità aromatiche che si ritrovano a ogni sorso.
Prodotto da Mikunihare shuzo co. Ltd e tratto dalla cultivar di riso Oyamanishiki, viene presentato come “un Junmai Ginjo limpido che esprime un ottimo equilibrio tra l’umami e l’acidità: porta in sé leggere sfumature fruttate di lychee e pesca con un finale minerale leggero e medio persistente che ricorda la vicinanza della cantina al mare del Giappone”. Per gli abbinamenti “si consiglia di servirlo fresco in abbinamento con sashimi, tartare, formaggi freschi, verdure di stagione o come dessert”.
Noi siamo stati rapiti dal bouquet inebriante in armonia con una delicatezza di rara eleganza in cui abbiamo ravvisato anche qualche richiamo alla raffinatezza del tè bianco.
Altra declinazione è il Junmai Yamahai con quest’ultimo termine che indica a sua volta un metodo tradizionale a lunga fermentazione “per estrarne un gusto leggermente lattico e mantenere il fascino dei lieviti nei sentori di cereali e riso che gli fanno da cornice”.
Prodotto da Amabuki Shuzo, qui la varietà di riso impiegata è Omachi.
Viene illustrato come “un sake che nasce dai lieviti di un fiore, la Calendula, aroma gradevole e delicato, un gusto corposo e una freschezza croccante che sono i tratti caratteristici della calendula; il metodo di fermentazione Yamahai amplifica con moderazione i sapori di frutta a guscio e cereali tostati: maturato un anno in tank di acciaio per aumentarne la profondità, consigliato con risotti ai funghi, salmone teriyaki, carne alla griglia; da servire a temperatura ambiente o caldo per aumentarne la sapidità, aroma e umami”.
Qui ci hanno irretiti i sentori di lievito e panificazione che ghermiscono amabilmente l’olfatto, mentre il palato è vellicato da una sensibile mineralità impreziosita da una nota erbacea amaricante.
Scorgendo le note di presentazione dei prodotti citati, veniamo introdotti all’importante concetto di seimaibuai, il cui significato è spiegato ancora una volta da Firenzesake come il “grado di raffinazione del chicco di riso”, un riferimento così significativo che “deve essere citato sull’etichetta della bottiglia di nihonshu”, importante “perché individua il grado di riduzione della massa a cui è stato portato il riso nella prima lavorazione, nel seimaiki, ed indica altresì la parte di riso che viene utilizzato: d’altro canto, un seimaibuai del 60% significa anche che il 40% del singolo chicco di riso non verrà usato per produrre il nihonshu” (https://firenzesakeblog.com/2015/02/13/seimaibuai/).
Nel caso dei prodotti qui citati, il primo ha un seimaibuai del 50%, il secondo del 65%.
Ma i dettagli nel caso di questi meravigliosi nettari sono così importanti che ne abbiamo chiesti altri a uno dei massimi esperti mondiali del settore, Giovanni Baldini, coltissimo docente della materia nonché responsabile proprio dell’importazione di tali gemme liquide: possiamo ascoltarlo nel video seguente.
Info e distribuzione: https://www.propostavini.com/produttori/produttore/firenze-sake/