I vini campani La Sibilla, cinque generazioni di viticoltura eroica nei Campi Flegrei
Un luogo di sfrenata meraviglia che attinge splendore dalla più profonda e tumultuosa energia della terra, portando in superficie il torrido mistero del cuore del pianeta per lasciarlo esplodere in evocazioni fumiganti e lirici paesaggi capaci di incantare nei secoli gli animi sensibili così come di ispirare poeti e incisori, scrittori e artisti figurativi, viaggiatori, registi e fotografi: sono i Campi Flegrei, un patrimonio emotivo unico al mondo che la famiglia Di Meo è riuscito a tradurre perfino in una stratosferica produzione vitivinicola con la cantina La Sibilla, la quale dispensa gioia nei bicchieri dalla sede di Bacoli, località vulcanica in provincia di Napoli.
Un posto che ha fatto innamorare di sé interi popoli e civiltà millenarie, trattandosi della prima perla posta a nord ovest della penisola flegrea quale annuncio di una schiera di bellezze sconvolgenti come il golfo di Pozzuoli, Baia, Miseno, Cuma e lo specchio lacustre salato di Fusaro, componendo una terra talmente suggestiva da avere alimentato miti e leggende vividi ancora oggi.
Tra queste narrazioni epiche va inserita anche l’entusiasmante vicenda familiare dei Di Meo giunta alla quinta generazione, tesa sempre al rispetto sacro “delle tradizioni enologiche e gastronomiche di abbinabilità e bevibilità, ereditate dai nonni, gli eroi del vino” come recitano le parole scolpite dal distributore Proposta Vini.
Siamo su terreni vulcanici costituiti da cenere e lapilli che “donano grande espressività ai nostri vini, i quali ritrovano nuova vita nelle nuove generazioni di viticoltori, custodi di vigne antiche tra rovine in opus reticulatum e famelici mostri di cemento”.
(resti di opus reticolatum)
Per questo “la nostra filosofia si basa sul rispetto delle tradizioni enologiche e gastronomiche di abbinabilità e bevibilità ereditate dai nostri nonni”…
… “sapori semplici, bilanciati, piacevoli, di carattere ma mai invasivi, in una continua ricerca delle potenzialità dei nostri vitigni e delle bottiglie che sfidano il tempo”.
La Sibilla è il regno della Falanghina e infatti è declinata in tutte le quattro linee della casa, accomunate prima di tutto da una sublime mineralità.
In quella dedicata alla Tradizione che comprende “vini che rispecchiano l’idea tradizionale di bevibilità e abbinabilità ai piatti tipici della cucina napoletana” c’è la versione apodittica della Falanghina dei Campi Flegrei, un vitigno “di origine greca, ancora oggi coltivato a piede franco grazie alla natura vulcanica del terreno, costituito da cenere, lapilli e sabbia e da un ecosistema favorevole”. Le uve provengono dal vitigno Phalange in cui “il palo di legno a sostegno della vite offre grappoli spargoli e affusolati”.
Ne deriva al naso la seduzione della zagara tradotta al palato in un tripudio agrumato che contempla limone di Amalfi, arancia, pompelmo e clementine, con tocchi di miele e pesca.
La Selezione di Falanghina Campi Flegrei è intitolata come la vigna di provenienza, La Cruna DeLago, tra “le più antiche coltivate dalla famiglia, in origine di forma ellittica come la cruna di un ago e grande poco più di un ettaro piantata circa 65 anni fa” allevata a un’altitudine di circa 30 metri s.l.m. con sistema a Guyolt bilaterale chiamato anche Spalliera puteolana.
Qui si conferma l’impronta agrumata del precedente tra zagara, limone e arancia, ma il gusto individua pure mela annurca, pera Pennata, albicocca Pellecchiella e nettarina.
La Falanghina Domus Giulii fa parte della sezione Ricerca e infatti si tratta di un vino Macerato che costituisce “un nuovo progetto aziendale di sperimentazione volto al lungo invecchiamento su uve di Falanghina Campi Flegrei provenienti da un antico vigneto situato a ridosso dei resti dell’antica villa di Cesare Augusto sulla parte più alta della collina flegrea, una vinificazione diversa dal solito che riprende i principi di tecniche territoriali antiche ‘mbuttare, rivisitate secondo i canoni moderni dei vini macerati”.
L’accenno floreale del bouquet acquista maggior nerbo al palato dove lascia esplodere subito la sapidità creando una sfrenata golosità, prima di lasciare riconoscere mandarino tardivo, limone di Sorrento, mandorla, alloro e caramella di carruba.
Beva formidabile per un vino entusiasmante.
Infine quale unico Special Wine troviamo il Passio, passito di Falanghina Campi Flegrei ritenuto qui uno dei vini del cuore, nato dalla voglia di scoprire tutte le possibili declinazioni del vitigno, infatti è “frutto di una tecnica raffinata nel tempo di appassimento su graticci per ventilazione”, nascendo come vino dolce “evoluto in un vino che mantiene freschezza e sapidità e che sfida il tempo”.
Qui gli agrumi permangono al naso ma in forma candita, mentre i sapori evocano uva passa, prugna essiccata, scorze di melangolo glassate, albicocca sotto spirito e datteri, producendo una dolcezza ghiotta ma per niente stucchevole.
Altra gloria ampelografica locale è il Piedirosso Campi Flegrei detto anche Per’è palummo “per la forma e il colore dei raspi maturi che ricordano le zampe del colombo”, altro vitigno autoctono coltivato a piede franco.
Al naso offre complessità erbacea con in evidenza fogliame verde e fiori freschi, mentre il palato riceve susina, gelso nero, amarena in sciroppo e carruba.
Corpo setoso ingentilito da suadente acidità e preziosa sapidità, sfodera un sorso fruttato emozionante impreziosito da un fantastico retrogusto amaricante, sfumature che lo rendono un vino per degustatori attenti.
L’altro Piedirosso Campi Flegrei porta il nome della Vigna Madre certificata come storica ed “ereditata dai nostri nonni e piantata circa 85 anni fa” sulla collina dei Pozzolani a circa 50 mt s.l.m..
Se al naso si inserisce il sottobosco con accenni di tabacco, al palato giungono invece ciliegia, lampone, rabarbaro e cioccolato fondente.
Chiudiamo la disamina delle referenze con un commovente capolavoro, il Marsiliano, blend di “varietà autoctone dimenticate, recuperate e ripiantate per scoprirne le potenzialità” come Marsigliese, Olivella, Annarella, Calabrese e Piedirosso Campi Flegrei, nella cui lavorazione si assiste a “un ritorno all’uso della botte che tradizione vuole di castagno, troppo aggressivo, ma che si preferisce in rovere da usare con parsimonia per ammorbidire il tannino tagliente della Marsigliese da cui il vino prende il nome”.
Il naso è inebriato da intensa selva boschiva associata a bacche e composta di lamponi, mentre in bocca si susseguono fragola Sabrina, marasca, olivello spinoso, prugna, barbabietola, fino a un intenso spunto amaricante che annuncia un lunghissimo ammaliante finale.
Ci fornisce maggiori dettagli Vincenzo Di Meo, soprattutto sul territorio e le lavorazioni: possiamo ascoltarne le parole nel video seguente.
Info: https://www.sibillavini.com/
Distribuzione: https://www.propostavini.com/produttori/produttore/la-sibilla/