I vini dei Colli Piacentini di Camorali, da una Riserva geologica naturale studiata da Leonardo
Se un territorio è così interessante che perfino Leonardo da Vinci ha sentito il bisogno di studiarlo, potete immaginare allora quanto possa arricchire di fascino una produzione vitivinicola, soprattutto se questa affonda letteralmente le radici in un’area protetta modellata nell’arco di milioni anni, dando vita oggi a uve strettamente identitarie: ce ne sono abbastanza di valide ragioni per comprendere la passione della famiglia Camorali nel fare vino da oltre settant’anni in località Dametti a Chiavenna Rocchetta, frazione di Lugagnano Val d’Arda in provincia di Piacenza, nel cuore della Val Chiavenna.
L’azienda è “avvolta dai vigneti della Riserva geologica naturale del Piacenziano” e qui dà vita a vini della Doc Colli Piacentini “vinificati interamente da uve provenienti da vigneti di proprietà”.
Tiziano e Matteo, attuali gestori, rappresentano la terza generazione di vignaioli alla guida dell’azienda, nata nel 1952 “grazie a papà Giovanni che si occupa dell’azienda agricola, della stalla e cura le viti che producono uva da tavola, affiancato dalla moglie Maria”.
L’eredità professionale passa poi ai figli Pierluigi e Giorgio e a metà degli anni Novanta il primo provvede alla ristrutturazione dell’azienda trasformandola in cantina vitivinicola. Nel corso degli anni Pierluigi è stato affiancato dalla moglie Lorella e dai figli, Matteo e Tiziano.
A dare il loro prezioso contributo alla produzione vitivinicola di Camorali sono le colline della Val Chiavenna che prende il nome dal fiume che l’attraversa, le quali sono “modellate sugli strati depositati in un periodo di tempo che va da cinque a circa un milione e mezzo di anni fa in un braccio di mare che comunicava con l’odierno Adriatico”, parte oggi della Riserva.
A nobilitare il territorio è la circostanza che “nei secoli passati la Riserva e i suoi fossili sono stati oggetto di studio da parte di Leonardo da Vinci che ne ha lasciato segno nel 1482 nel Codice Leicester”.
I gestori condensano la propria idea di vino nella frase “non si possono lasciare bottiglie a metà sul tavolo”, la quale sottende la filosofia di vinificare soltanto uve di proprietà coltivate direttamente, seguendo un’idea di agricoltura sostenibile diventata ormai imprescindibile.
Qui il concetto di terroir contempla anche l’insieme delle tradizioni e della cultura del territorio in cui vengono coltivate: “dietro a ogni bottiglia ci sono le nostre mani, il nostro sudore e la nostra faccia, c’è la passione che mettiamo nel lavoro che abbiamo scelto di fare, con tutte le sue difficoltà e soddisfazioni, quando questo viene capito non c’è gioia più grande”.
Tra i principali protagonisti della produzione enologica aziendale “ci sono sicuramente i vini bianchi che grazie a un terreno calcareo particolarmente favorevole alla coltivazione di uve a bacca bianca riescono a esprimere al meglio le caratteristiche varietali, a cui si abbina sempre un’importante sapidità e mineralità; l’acidità è sempre generalmente equilibrata e mai troppo invadente”.
Perfetta rappresentazione di tale filosofia produttiva è la Malvasia di Candia Aromatica in purezza nella versione frizzante del Mozzafiato, con le uve rigorosamente vendemmiate a mano e vinificate tramite pressatura soffice senza macerazione sulle bucce: “il mosto viene quindi posto in autoclave, in modo da proteggerlo dall’ossidazione; segue fermentazione a temperatura controllata, al termine della quale si procede con frequenti battonage per diversi mesi, in modo da avere una maggiore struttura e complessità del vino”, lasciato con il residuo zuccherino necessario alla seconda fermentazione in bottiglia “dove viene messo dopo un periodo di affinamento in vasca di diversi mesi, di solito nel periodo di Pasqua, a seguito di una leggera filtrazione”.
Ne deriva un bouquet floreale che lascia il posto in bocca a sentori di bergamotto, pitaya, nespola e salvia.
L’intensità amaricante comprime l’aromaticità trasformandola in rigorosa complessità.
Ancora 100% di Malvasia di Candia aromatica ma questa volta in versione ferma nel Terramara le cui uve provengono da una vigna di oltre 50 anni e sono “raccolte in leggera sovramaturazione per avere una maggiore concentrazione di profumi e un grado alcolico più alto”.
Una lavorazione che ne alimenta molto la complessità portando all’olfatto zagare e fiori primaverili, riservando al gusto il piacere di ravvisare nettarina, mela verde, azzeruolo, cedro candito e cenni di santoreggia.
Il rosso della casa non può che essere un Gutturnio, qui in una favolosa versione Frizzante derivata da 70% Barbera e 30% Bonarda, frutto di una vinificazione “con macerazione sulle bucce e contemporanea fermentazione fino all’ottenimento del grado zuccherino necessario per la presa di spuma, la quale viene effettuata a temperatura controllata in autoclave”.
Il naso registra composta di lamponi, il palato invece individua gelso nero, mirtillo, amarena sotto spirito e caramella di carruba.
Dal brio coinvolgente, mantiene comunque un ammirevole bilanciamento dell’impronta abboccata con quella erbacea, presentando un corpo snello e una beva formidabile.
La casa propone anche le bollicine di un Extra Brut Rosato a metodo classico da uve Barbera che si chiama Iria e prevede un periodo di affinamento sui lieviti di almeno 24 mesi per creare un lieve bouquet di fragolina di bosco e un trionfo fruttato al palato che mette insieme lampone, melagrana, olivello spinoso e karkadè.
Dal perlage rarefatto ma sensibile, il suo stuzzicante retrogusto amaricante lo rende magnifico a tavola con ogni pietanza.
Tutti i dettagli di questa produzione ce li ha forniti Tiziano Camorali nel video che trovate qui sotto.
Info: http://www.aziendacamoralipierluigi.it/index.html
Distribuzione: https://www.propostavini.com/produttori/produttore/camorali/