I vini della cantina La Source, sorgente di viticoltura eroica di montagna della Valle d’Aosta
Una profonda identificazione con il genius loci, al punto da affrontare con determinazione e sapienza le ostilità dell’aspra terra di montagna che richiede tanta manualità quanto senso del sacrificio, ben sapendo che tale abnegazione sarà ricompensata da sapori celestiali: nasce da una precisa scelta di orgoglio identitario il monumentale lavoro della cantina La Source capace di creare un enciclopedico catalogo da bere delle più esaltanti espressioni organolettiche dei vini della Val d’Aosta.
La genesi dell’Azienda Agricola La Source ha decisi connotati culturali, poiché determinata da discendenti di famiglie valdostane dedite all’agricoltura da generazioni che hanno confermato anche in questi tempi moderni di volere adottare la missione di fare vino in condizioni difficili: una forte motivazione che ha condotto nel 2003 alla nascita della cantina, partorita dall’esperienza e dalla passione di questi giovani agricoltori già esperti in campo vitivinicolo.
Lo stesso nome aziendale riflette l’amore per il territorio, poiché mutuato “dalla piccola sorgente che è stata trovata quando abbiamo costruito la cantina” in località Bussan Dessous a Saint Pierre (AO) “a pochi passi dal Castello omonimo e non lontano dal castello Sarriod de la Tour”: la source in francese significa proprio sorgente.
Oggi l’azienda “è di proprietà della famiglia Celi-Cuc e Stefano Celi ne è l’anima, discendente di una famiglia che da generazioni si dedica all’agricoltura in Valle d’Aosta”. Stefano “è sempre stato un agricoltore prima part time e poi a tempo pieno dal 2005 dedicando tutte le sue forze alle attività agricole e in particolare vitivinicole”.
In un contesto composto da 9,5 ettari vitati ad altezze tra i 650 e 900 metri, coltivati sia con vitigni internazionali che autoctoni, l’obiettivo di Stefano è di valorizzare soprattutto i secondi per “far scoprire questi gioielli territoriali a più persone possibili”.
I vigneti “si trovano tutti nelle vicinanze della cantina, in una delle zone più vocate della Valle d’Aosta, principalmente nella zona del monte Torrette, zona d’origine del Petit Rouge, autoctono principe valdostano che in questa zona si ben adatta al freddo e alla siccità”.
Il sistema di allevamento maggiormente impiegato è invece il cordone speronato che ha quasi in buona parte soppiantato l’antico uso dell’alberello.
Fare vino in tale zona vuol dire praticare la viticoltura di montagna, definita anche eroica a causa delle asperità del terreno e della fatica che comporta coltivarlo per trarne dei frutti: dalla cantina confermano “lo sforzo che da generazioni portiamo avanti quotidianamente, dove tutte le operazioni agronomiche vengono eseguite manualmente, senza l’ausilio di mezzi meccanici in quanto il territorio impervio terrazzato non lo permette”.
Terrazzamenti che a loro volta sono diventati peculiarità dell’area, per la meraviglia estetica espressa, capace di interagire con la natura circostante senza invasività per lo sguardo.
La produzione della cantina è così estesa da rappresentare un compendio della civiltà enoica della Valle d’Aosta, malgrado i vigneti della regione siano “poco meno di 500 ettari, di cui oltre 300 sono gli ettari destinati alla produzione di vini a Denominazione di Origine Controllata, per un totale di 1,8-2 milioni di bottiglie certificate”.
Non a caso “un tratto distintivo della viticoltura della nostra Valle è l’elevata frammentazione del territorio che viene coltivato in piccoli appezzamenti”, la cui area in media è di 400 m2.
Per questo “la viticoltura in Valle d’Aosta è un atto d’amore profondo, una sfida quotidiana con le montagne: l’ambiente è pieno di difficoltà e i vigneti devono adattarsi ad un territorio difficile e poco generoso”.
Attualmente la DOC Valle d’Aosta è una Denominazione di Origine che “con il suo disciplinare riconosce 31 sottodenominazioni legate a specifiche aree di coltivazione, vitigni specifici o tipologie di vinificazione”.
Nella degustazione siamo partiti da un simbolo della Valle d’Aosta, il Torrette, proposto in questo caso in due declinazioni.
Nella versione base è composto da due meravigliose uve autoctone come il Petit Rouge al 90% e il Vien de Nus al 10%: al naso porta l’intensità erbacea del muschio fresco, mentre al palato dona amarena, prugna essiccata, bacche di goji, barbabietola e carruba. Incanta per il bell’approccio zuccherino e l’elegante tannicità.
Il Torrette Superiore al consueto 90% di Petit Rouge questa volta affianca il 10% di un altro grande vitigno autoctono valdostano, il Fumin, sviluppando profumi di sottobosco che si precisano in bocca in lampone, mora di rovo, fragola caramellata, con spunti di prugna disidratata e ciliegia.
Altra tipicità del territorio ma questa volta vinificata in purezza è il Cornalin dal bouquet che mette insieme frutti rossi e spezie, mentre il gusto coglie marasca, fragolina di bosco, susina nera e mirtillo, riempiendo il sorso di splendide sfumature fruttate.
Proseguendo con i rossi incontriamo il Gamay in purezza che ingentilisce la potenza del frutto con un tocco di violetta, suggerendo al palato ribes rosso, visciola, lampone e pepe nero.
Succoso e suadente, brilla per golosità e facilità di beva.
E’ un capolavoro di complessità il Syrah con il suo caleidoscopio olfattivo che va dalle spezie orientali al pepe del Sichuan, passando per alloro e accenni balsamici. In bocca sceglie invece la via di una rara eleganza, distribuendo con delicatezza ed equilibrio mirtillo, fragola, ciliegia e una nota di frutta secca tostata.
I bianchi confermano il livello altissimo dei precedenti vini con un fantastico Chardonnay dal bouquet floreale in cui spicca il gelsomino: tra i sapori poi lascia individuare susina gialla, limone sfusato, nespola e mandarino verde.
Irretisce il suo cenno erbaceo amaricante sospeso tra ruta e aneto.
E’ un entusiasmante blend il quasi onomatopeico Ensemblo Traminer al quale concorrono uve di Gewurztraminer al 50%, Moscato per il 40% e un 10% di Müller-Thurgau, creando un paradiso tropicale all’olfatto che al palato si puntualizza in ananas, litchi, maracuja, insieme a pesca e arancia candita.
Beva entusiasmante e autentica ghiottoneria da sorseggiare.
Chiusura con il Rosé, formidabile assemblaggio di Petit Rouge 70%, Cornalin 20% e Gamay10% che profuma di fragolina e sa di lampone, melagrana, papaya, olivello spinoso e arancia sanguinella.
Il suo elegante magnifico cromatismo tra ambrato e aranciato alimenta il fascino di una delizia che lascia il segno.
C’è ancora altro da dire su tale mondo, per questo abbiamo intervistato Alberto Lanza nel video seguente.
Info: https://lasource.it/
Distribuzione: https://www.propostavini.com/produttori/produttore/la-source/