I vini di Quartomoro, espressione identitaria più autentica e sapiente della cultura enoica della Sardegna
L’azienda vitivinicola Quartomoro di Sardegna fin dalla sua fondazione ha sublimato l’idea di mera cantina, assumendo impegni pedagogici, sociali ed etici tali da configurarla come un’autentica impresa culturale, così precisa e rigorosa nell’azione epistemologica da farle assumere il valore di istituzione alla stregua di un istituto storico se non di natura enciclopedica, considerata la vastità della propria ricerca: poiché tutte le forme di indagine intellettuale si evolvono e producono esiti in continuo aggiornamento, si è reso necessario anche per noi narratori del vino di tornare a occuparci di questa incommensurabile struttura ormai decisiva nell’opera di definizione dell’identità sarda.
Quartomoro non si nasconde e fin dal claim che campeggia nella home page del suo sito ufficiale dichiara di vedere “la vite tra Intrecci e Memorie” e se stessa quale “laboratorio di Idee” nella forma di una “cantina didattica” in grado di rappresentare un “substrato sperimentale e di ricerca dell’enologo” basato su “esperienze sulla viticoltura e l’enologia sarda”.
Un piccolo segno realizzato nel 2009 da Piero Cella e la moglie Luciana Baso, oggi affiancati dai due figli Alberto e Violante, ispirato dai “ricordi di infanzia, i legami affettivi, le passeggiate tra i filari, le degustazioni in compagnia” e approdato a un lavoro di rara serietà scientifica che ha prodotto una mappatura precisa delle aree vitivinicole dell’Isola e una ricognizione tra le “perle viticole di Sardegna” tale da condurre a una ricostruzione della biodiversità locale ma anche alla produzione di vini di incomparabile originalità organolettica.
Nella sede di Quartomoro in località Is Bangius nel comune di Marrubiu in provincia di Oristano, nel centro-ovest della Sardegna, si concentrano, non a caso, tutte le vocazioni per motivare la nascita e crescita di un progetto così nobile e complesso, tra reminiscenze preistoriche e la presenza di un sito romano ritenuto unico nell’Isola collocati in un’area da secoli dedicata all’agricoltura, considerata infatti una delle più fertili della regione.
Tanto lavoro non può che produrre tanta produzione, una quantità elevatissima pari a una qualità straordinaria.
Per le bacche bianche ci piace partire dalla sigla SMD che indica il Semidano di Sardegna “conosciuto anche con similitudine di Migiu e Mizu” della cui presenza nel sassarese si parlava già alla fine del Settecento.
Scarsissime diffusione e produzione ma larghissimo lo spettro sensoriale che muove da profumi di alloro e frutta a polpa gialla per approdare a sapori di ananas, avocado, nettarina e tè verde.
Di intense mineralità e acidità, presenta corpo elegante e sorso originale, conquistando con un finale dominato da agrumi e sapidità.
In crescita giustamente la notorietà del Nuragus che è tra “i più antichi in Sardegna, citato nel 1700 come Muscadeddu de nuragus e in seguito indicato con sinonimi come Axina de margiani, Axina de popurus, Abbondosa”, proposto sotto l’acronimo NRG dove si distingue per il bouquet erbaceo e il suggerimento al palato di albicocca, lime, cedro candito e alchechengi.
Spiccano in esso tanto la vivacità zuccherina quanto quella minerale, fino a un seducente finale agrumato.
Encomiabile il lavoro sulla Vernaccia Valle del Tirso forse introdotta in Sardegna “dai Fenici, fondatori della città portuale di Tharros, nella Penisola del Sinis: simbolo della storia e della cultura oristanese grazie alla manifestazione della Sartiglia, negli anni ’70 la Vernaccia di Oristano si estese fino ai 1500 ettari, ridottisi agli attuali 400 in seguito agli abbandoni e espianti”.
Oggi la cantina lo propone nella versione sulle Bucce con un Macerato che porta al naso frutta appassita e in bocca limone verde, olivello spinoso, pitaya e mandarino.
Levigato, elegante, di giusta acidità e grande complessità aromatica, regge magnificamente ogni abbinamento a tavola.
Intrigante il bel finale con una nota di asprezza agrumata.
Naturalmente Quartomoro lavora anche il Vermentino, principale vitigno bianco della Sardegna, originario della penisola iberica, proposto in due declinazioni. Il Veòr nella sua nudità dovuta a una maturazione tra acciaio e bottiglia propone profumi fruttati con innesto di spezie e fa seguire al palato pesca, caco e mela, mentre il Vermentino di Sardegna Un Anno Dopo con tempi di affinamento raddoppiati porta i profumi a virare sulle erbe officinali e le sensazioni organolettiche in direzione di bergamotto, salvia, nespola e una punta di anice, lasciando il segno con una profonda attitudine amaricante.
I vini a bacca nera presentano un vino da uva meritevole di maggiore fama come il Cagnulari che “proviene dalla Spagna, ma qualcuno lo ritiene francese: è conosciuto anche come Bastardo Nero, Caldareddu, Cagliunari e Cagnonale”. Nel CGN Isola dei Nuraghi porta al naso atmosfere silvestri e al palato mora di rovo, gelso nero, rabarbaro, liquirizia, cardamomo e cioccolato bianco.
Corposo ma anche carezzevole, incanta con il suo corredo sensoriale cangiante, un sorso intrigante e una grande beva.
Arrivano dal Sulcis le uve di Carignano “noto sia in Francia come Carignan che in Spagna come Cariñena”, presente da molti secoli in Sardegna dove “potrebbe essere stato importato dai Fenici o dagli Spagnoli”. Il CRG Isola dei Nuraghi fa esplodere all’olfatto i frutti rossi che riporta al gusto come lampone e ribes, affiancando radicchio ed erbe amare.
Irretisce immediatamente con il suo esplosivo approccio zuccherino sul quale si innesta una fantastica nota amaricante.
Denso, quasi masticabile, ma dalla beva scorrevole e appagante.
Il Bovale Grande è un “vitigno a bacca nera importato dagli Spagnoli” la cui “diffusione in Sardegna è limitata a circa 27 ettari presenti soprattutto nel Terralbese”.
Nel BVL scatena una vorticosa piacevole complessità tra frutta esotica e zagara, mentre in bocca porge mirtillo, mirto e caramella di carruba.
Decisamente tannico, intreccia dolce e amaro nel retrogusto, aggiungendo una screziatura sapida nel finale.
Meraviglioso.
Il Monica di Sardegna contenuto in MNC è frutto di uve proveniente da vecchie vigne, le quali portano in dono un bouquet di frutta a polpa gialla e gusti di prugna, azzeruolo e melagrana.
Bell’approccio zuccherino subito equilibrato da sprazzi di amaricante, con un finale liquoroso di sottobosco.
Chiusura con un grande classico, il Cannonau, omaggiato con due versioni.
Il Caòr insuffla al naso il verde boschivo con qualche spezia, evocando al palato gelso, dulce de membrillo, sorbo e liquirizia. Fortemente tannico, materico, caldo, vicino a una consistenza liquorosa, ha un nerbo tale da renderlo consigliabile su piatti altrettanto importanti.
Il CNS da uve di vecchie vigne conferma un bouquet composto da bosco e spezie, suggerendo al gusto mora, corbezzolo e ruta. Sontuoso ma irrorato di una certa mineralità che lo alleggerisce, strabilia il palato con rara potenza aromatica.
Una vicenda così importante e ricca di istanze merita un approfondimento, affidato a Luciana Baso che possiamo seguire nel video sottostante.
Info: https://www.quartomoro.it/
Distribuzione: https://www.propostavini.com/produttori/produttore/quartomoro-di-sardegna/